martedì 25 marzo 2025
Confermato il no alla revisione del processo. I difensori: valutiamo ricorso alla Corte europea
Olindo Romano e Rosa Bazzi in una foto d'archivio

Olindo Romano e Rosa Bazzi in una foto d'archivio - ANSA

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Fine. È la parola che la corte di cassazione ha scritto sulla vicenda giudiziaria di Rosa Bazzi e Olindo Romano, durata 19 anni.
O forse no. Perché la difesa dei coniugi di Erba ha annunciato l’intenzione di ricorrere alla corte europea dei diritti umani: «Valuteremo se ricorrere alla Cedu - dice l’avvocato Fabio Schembri-. Resta poi ferma la possibilità di chiedere altre revisioni se ci fossero delle nuove prove».

La suprema corte ha respinto il loro ricorso, contro la decisione della Corte d’appello di Brescia, che aveva già respinto l’istanza di revisione del processo il 10 luglio scorso, giudicandolo inammissibile. In mattinata il sostituto pg di Cassazione Giulio Monferini ha chiesto la conferma della decisione della Corte di appello di Brescia e di dichiarare inammissibile il ricorso della difesa. Quelle che secondo i difensori sarebbero le «prove nuove», per il sostituto pg sono invece «mere e astratte congetture», che «non possono in alcun modo smontare i pilastri delle motivazioni che hanno portato alla condanna di Rosa e Olindo, e cioè le dichiarazioni del sopravvissuto, le confessioni e le tracce ematiche», ha detto durante la requisitoria.

L'11 dicembre del 2006, furono uccisi Raffaella Castagna, 30 anni, suo figlio Youssef Marzouk, 2 anni, la madre Paola Galli, 56, e la vicina di casa Valeria Cherubini, 55 anni. Il marito di quest'ultima, Mario Frigerio, 73 anni, rimase ferito. Rosa Bazzi e Olindo Romano sono stati condannati all’ergastolo per la strage di Erba, condanna confermata in tutti i gradi di giudizio. Un centinaio le pagine del ricorso in cui i legali hanno sostenuto l’esistenza di nuove prove, mettendo in dubbio quelle su cui si basavano le precedenti condanne. Veniva contestata la testimonianza dell’unico sopravvissuto all’eccidio (Mario Frigerio, che la difesa riteneva viziate da un falso ricordo conseguente al trauma). Le confessioni di Olindo e Rosa, poi ritrattate, secondo i loro avvocati, furono quindi «ispirate» dai carabinieri. Infine la difesa aveva provato a contestare la prova della traccia ematica con il profilo genetico di Valeria Cherubini, sul battitacco dell’auto di Olindo Romano, sostenendo che fosse contaminata.

Ma - in attesa delle motivazioni della Cassazione - la Corte d’appello di Brescia si era espressa su tutti questi punti sostenendo «l’assenza di novità e inconcludenza delle prove», che «si concentrano su dati di contorno o ambivalenti che, anche sommati e valutati unitamente alle prove già acquisite, non sono in grado d’incrinare il compendio probatorio su cui si fonda il giudizio di condanna». L’ipotetico movente legato a un regolamento di conti nell’ambito del traffico di sostanze stupefacenti poi non avrebbe trovato «alcun riscontro». Escluso infine un «complotto» che avrebbe portato «alla fabbricazione di falsità di prove, o meglio della loro formazione» ai danni di Olindo e Rosa e che le loro confessioni fossero state in qualche modo non genuine.

«Siamo sollevati, è finita. Credo che sarà davvero difficile per la difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi riprovare la strada della revisione - ha detto Massimo Campa, legale della famiglia Castagna -. Contro Olindo Romano e Rosa Bazzi non ci sono tre pilastri (il testimone oculare, le confessioni e la prova scientifica), ma un intero colonato. Ora la famiglia Castagna, i fratelli Pietro e Giuseppe, merita pace e di non essere costretta a tornare di continuo su ricordi dolorosi», ha concluso.

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