«Ora e sempre resistenza». Questo il coro che è partito spontaneo ed è stato ripetuto da una parte delle persone nella piazza della stazione di Bologna, poco prima dei tre fischi del locomotore che danno il via, alle 10.25, al minuto di silenzio in onore delle vittime della strage del 2 agosto 1980. Silenzio rispettato poi da tutta la piazza, gremita. Alla fine è partito un lungo applauso. La prima parte della commemorazione delle 85 vittime della strage del 2 agosto 1980 si è tenuta a Palazzo D'Accursio sede del Comune, con gli interventi del sindaco di Bologna Virginio Merola, del presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime Paolo Bolognesi e del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
«I processi giudiziari sono giunti fino alle condanne degli esecutori, delineando la matrice neofascista dell'attentato. Le sentenze hanno anche individuato complicità e gravissimi depistaggi. Ancora restano zone d'ombra da illuminare. L'impegno e la dedizione di magistrati e servitori dello Stato hanno consentito di ottenere risultati che non esauriscono ma incoraggiano l'incalzante domanda di verità e giustizia». Lo dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio per il 38mo anniversario della strage di Bologna. «Sono trascorsi trentotto anni dalla tremenda strage di Bologna - scrive il presidente - che straziò 85 vite innocenti, con indicibili sofferenze in tante famiglie, ferendo in profondità la coscienza del nostro popolo. Il tempo non offusca la memoria di quell'attentato, disumano ed eversivo, che rappresentò il culmine di una strategia terroristica volta a destabilizzare la convivenza civile e, con essa, l'ordinamento democratico fondato sulla Costituzione. L'orologio della stazione, fissato sulle 10 e 25, è divenuto simbolo di questa memoria viva, di un dovere morale di vigilanza che è parte del nostro essere cittadini, di una incessante ricerca della verità che non si fermerà davanti alle opacità rimaste. I processi giudiziari sono giunti fino alle condanne degli esecutori, delineando la matrice neofascista dell'attentato. Le sentenze hanno anche individuato complicità e gravissimi depistaggi. Ancora restano zone d'ombra da illuminare. L'impegno e la dedizione di magistrati e servitori dello Stato hanno consentito di ottenere risultati che non esauriscono ma incoraggiano l'incalzante domanda di verità e giustizia. L'azione generosa che l'Associazione tra i Familiari delle Vittime della Strage ha svolto negli anni, e continua a svolgere, costituisce una preziosa energia che riesce a propagarsi nella società e nelle istituzioni».
«C'è un obbligo morale prima ancora che politico che ci guida: giungere a una verità certa, libera da zone grigie e sospetti. Questo è l'unico vero modo di onorare le vittime e realizzare le legittime e sacrosante richieste dei loro familiari». Sono le parole pronunciate da Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia, nell'incontro coi familiari delle vittime della strage di Bologna. «C'è uno Stato che per 38 anni è rimasto in silenzio, negligente e non ha voluto fare luce su verità inconfessabili su cui bisogna accendere un faro». «Vogliamo che possiate credere nello Stato non con le parole ma con i fatti concreti. Il tempo delle parole è finito: abbiamo siglato un protocollo triennale tra ministero della Giustizia, dei Beni culturali e Cdm per la digitalizzazione degli atti così che siano accessibili a tutti" il ministro ha sottolineato che questa attività di digitalizzazione della documentazione relativa alle stragi che hanno insanguinato l'Italia negli negli scorsi decenni, verrà portata avanti anche con il coinvolgimento "dei detenuti" in un'ottica di finalità rieducativa della pena. La digitalizzazione, ha concluso, riguarderà la cosiddetta "Rete degli archivi per non dimenticare».
Sulla richiesta di verità tornano anche i presidente del Senato Elisabetta Casellati e della Camera Roberto Fico. «Se alla stazione di Bologna tuttora c'è l'orologio, fermo per sempre a quel drammatico momento, a ricordarci fin dove possono arrivare l'odio e l'orrore, le Istituzioni hanno il dovere di fare in modo che il tempo non sia passato invano», ha detto Casellati in apertura di seduta al Senato». «Uno Stato che non cerca la verità fino in fondo non si può dire Stato. Un'Italia che non cerca la verità sulle stragi del nostro Paese non è compiuta. Si può costruire fino in fondo solo quando sono raggiunte le verità sostanziali. Lo Stato che non cerca la verità non mi rappresenta, non lo voglio», ha ribadito Fico a Bologna.
«Attendiamo un segnale concreto di cambiamento che, da oggi in poi, dimostri nei fatti che c'è un una classe dirigente che non ha paura della verità su stragi e terrorismo e che rispetti chi sta ancora pagando il prezzo troppo alto di quella grave omissione». È l'appello alle istituzioni rivolto dal palco della stazione di Bologna da Paolo Bolognesi, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime della strage del 2 agosto. «Una classe dirigente seria ha il dovere di mantenere le promesse fatte e assumersi la responsabilità di fare finalmente chiarezza sui fatti oscuri che hanno insanguinato la storia recente del nostro Paese. Dimostrare nei fatti, di avere paura della verità su stragi e terrorismo è proprio di una classe dirigente non all'altezza di governare il nostro Paese».
Bagarre in aula alla Camera dopo la commemorazione della strage di Bologna, avvenuta il 2 agosto del 1980. La vicepresidente di turno, Maria Edera Spadoni, dopo aver letto un messaggio di cordoglio per le vittime, ha invitato i deputati a rispettare un minuto di silenzio. A seguire la parlamentare di Fdi, Paola Frassineti, è intervenuta sul tema attaccando il Partito democratico: «Bisognerebbe avere il coraggio di dire che i veri colpevoli non sono ancora stati condannati», perché i giudici di Bologna hanno avuto «lo scopo non di ricercare la verità, ma di riuscire a tutti i costi ad arrivare alla conclusione che la matrice fosse nera per ragion di Stato». Secondo Frassineti infatti «bisognerebbe avere lo stesso coraggio che ha avuto il presidente Cossiga quando nel '91 ammise che si era sbagliato e che la strage non era addebitabile ad ambienti di estrema destra». Parole accompagnate da un coro di proteste da parte dei banchi occupati da Pd e Leu. Dopo di lei è intervenuto Pierluigi Bersani, che, rivolgendosi a Frassinetti, le ha ricordato la piazza di Bologna «tesa rabbiosa» e la capacità di Zangheri e Pertini di usare parole ferme a «difesa della democrazia e delle istituzioni». «Attorno a noi c'erano solo bombe - conclude tra gli applausi - ma quegli attentati non riuscirono a portarci dove volevano». Intervento che ha accentuato il clima di bagarre, stavolta dai banchi di Fratelli d'Italia. Giovanni Donzelli (Fdi) ha preso la parola chiedendo un chiarimento all'ex segretario Pd. «Vorrei sapere se creda sul serio che una forza democraticamente eletta sia responsabile di quelle bombe. Vuol dire che noi potremmo dire che la sinistra è responsabile delle Br». A quel punto, dai banchi della sinistra si è levato un coro di proteste, tenuto a bada, con difficoltà, dalla vicepresidente di turno, Maria Edera Spadoni. «Se ci sono delle incomprensioni tra voi e Bersani - ha detto Spadoni a un
certo punto, rivolta ai banchi di FdI - parlatene tra di voi». Parole che hanno fatto infuriare Emanuele Fiano (Pd): «Presidente, qui siamo nell'aula di Montecitorio. E quando si parla di democrazia e antifascismo non si chiariscono questi punti privatamente, come lei ha invitato a fare».
La strage di Bologna è «la ferita più profonda nella storia recente della città», una ferita che «chiede giustizia e ci aiuta a essere sensibili, attenti e vicini alle vittime delle tante stragi che ancora provocano tanta sofferenza e morte in diverse parti del mondo». Lo dice al Sir l'arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Zuppi, nel giorno del 38esimo anniversario dell'attentato nella stazione della città emiliana in cui persero la vita 85 persone. «La reazione di solidarietà è continuata anche in questi anni, perché non è
soltanto un ricordo del passato ma anche una memoria viva», ha ribadito il presule. I mandanti della strage, 38 anni dopo, non sono stati ancora individuati. Un fatto che, secondo l'arcivescovo, comporta nei familiari delle vittime «un senso di disillusione e di rabbia». «I ritardi, le opacità, le incomprensibili lentezze fanno sentire che non c'è stata la giustizia auspicata». L'auspicio di Zuppi è che «gli impegni dei governi, succeduti nel tempo, possano dare risposte a questa domanda di giustizia».