venerdì 5 luglio 2024
Nel secondo giorno di lavori l'appello a «dare voce a chi non ha voce» e mettere al centro gli «invisibili». Sullo sfondo il tema dell’impegno politico: oggi incontro tra associazioni e amministrator
Un momento della plenaria di ieri a Trieste

Un momento della plenaria di ieri a Trieste - Siciliani

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Si rischia di perder tempo a parlare di democrazia in modo astratto. Lo si è capito già mercoledì, con gli interventi di Mattarella e Zuppi in apertura della Settimana sociale. Giocare di fino, andare sul sottile, mentre un pezzo largo del Paese, dell’Europa, dell’Occidente democratico reclama l’essenziale. È da ritrovare la strada della «democrazia sostanziale», della piena realizzazione dei «diritti sociali», altrimenti le insidie populistiche avranno gioco facile a produrre, per recuperare ancora le parole del capo dello Stato, «analfabeti di democrazia». La strada e l’agenda dei diritti, dunque, per «amare - e far amare - la democrazia». È la necessità, l’urgenza, che emerge dal primo giorno di lavoro “pieno” a Trieste.

«Una persona senza cibo, senza casa, senza lavoro, senza accesso all’istruzione e alle cure sanitarie, di quale libertà può godere?», si chiede Michele Nicoletti, filosofo e ordinario presso l’università di Trento, nella relazione che introduce i lavori del giorno. Poco dopo prende la parola Annalisa Caputo, docente all’università di Bari: «Se la democrazia è una trama, ogni filo che manca è un buco del tessuto. Per questo, ogni autentica giustizia e ogni autentico impegno non può non ripartire proprio da chi non ha voce, ma che, con la sua presenza, reclama la sua parte: che non significa solo la sua parte di beni, ma la possibilità di partecipazione alla costruzione della casa comune. Non uno scarto da scartare. E nemmeno solo un oggetto da accudire, ma una persona che possa prendersi cura di sé, degli altri, delle istituzioni».

Sono chiavi di lettura che portano dritto allo scopo dell’impegno sociale e politico. «Pensate che l’Italia - ricorda Nicoletti -, unica tra i Paesi europei, non ha un’autorità indipendente a difesa dei diritti umani». Ma non c’è bisogno di partire dal macro per capire quanto sia arduo il cammino verso la «democrazia sostanziale». Nicoletti ricorda la necessità antropologica e spirituale di ricostruire il «soggetto democratico», partendo dall’esperienza di «un diffuso senso di insicurezza, legata a un sentimento di spossessamento di sé, di essere nelle mani di altri». Perciò è così importante, prosegue Nicoletti, prima di dedicarsi ai “massimi sistemi”, tornare ad «animare la democrazia locale», la dimensione in cui politica e istituzioni possono farsi davvero prossimi.

Ma inutile girarci intorno: la domanda nel centro congressi e tra i 900 delegati è se l’attuale offerta politica e partitica sia in grado di farsi carico di un’agenda così esigente. Il tema e il nodo dell’impegno diretto dei cattolici resta sullo sfondo di ogni discorso, con il suo carico di dubbi e speranze, aspettative e realismo. Di “ricette” ce ne sono poche, e divergenti. Il peso della “diaspora” si avverte in modo maggiore in questa fase storica, la consapevolezza di non poter inseguire nostalgie è ben presente. Ma a Trieste una novità c’è: una trentina di amministratori locali sono stati invitati a partecipare ai lavori da delegati. In realtà ce ne sono di più, perché anche tra gli iscritti dalle diocesi ci sono persone con esperienze politiche e amministrative. Un’apertura che non passa inosservata.

Oggi questi amministratori si ritroveranno per un confronto informale sui temi della Settimana sociale. E all’incontro è annunciata la presenza anche dei presidenti e responsabili di alcune delle principali aggregazioni laicali, tra cui Azione cattolica, Acli, Agesci, Movimento politico per l’unità. Si tratta, in realtà, di un “secondo tempo”. Già il 3-4 maggio, proprio a Trieste, i leader di 8 associazioni (oltre a quelle già citate, anche Comunione e liberazione, Comunità di Sant’Egidio, Rinnovamento nello spirito e Mcl) incontrarono amministratori locali formatisi nel servizio ecclesiale. L’obiettivo: rafforzare relazioni, immaginare reti sui temi concreti, dare significato a quella parola, “accompagnamento”, più volte evocata quando si parla dell’impegno dei credenti in politica. Proprio il doppio registro dei diritti sociali e delle riforme realmente condivise può aiutare il dialogo.

Rispetto all’incontro di maggio, per quello previsto oggi si prevede un allargamento dei partecipanti. Due mesi fa a Trieste si ritrovarono, coordinati dall’ex senatore Francesco Russo, non solo singoli amministratori di diversa sensibilità politica, ma anche i rappresentanti di reti più ampie, che fanno riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa, come Argomenti 2000, Insieme, Basilicata casa comune, Persone e comunità. Proprio la disponibilità del Comitato per le Settimane sociali ad ascoltare l’esperienza di chi è già “in campo” consentirà oggi di avere un quadro più chiaro delle esperienze di impegno attive sui territori.

Già nell’incontro di maggio emerse la necessità di convergere su quella che Nicoletti ieri ha chiamato «democrazia riparativa» verso l’ambiente. Così come di prendere molto più sul serio la connessione, ancora evocata da Nicoletti ieri, tra l’impegno locale e la consapevolezza dei grandi scenari europei e internazionali. Ma il problema non sono solo i temi e i contenuti. Il vero nodo resta il rapporto tra il desiderio di impegno - che sembra essere in crescita nel mondo cattolico - e lo spazio reale nei partiti. E la specificità di un impegno da credenti, dunque tendente a unire, a ricucire, in un contesto sempre più polarizzato e radicalizzato. Non a caso, nella sua relazione, Nicoletti chiede, tra gli impegni concreti, quello di «battersi per una riforma dei partiti» come luogo in cui i cittadini possano «determinare» le politiche, come dice il dettato costituzionale. In un sistema dei partiti in cui il cittadino è ridotto a “tifoso occasionale”, cresce quella frustrazione per sentirsi poi distanti dalle decisioni. Anche di questi temi discuteranno oggi i 900 delegati alla Settimana sociale. La sessione plenaria chiederà il passaggio a una «democrazia del noi» e «trasformativa». I laboratori dovranno entrare nel concreto di processi possibili. Anche politici, e non potrebbe essere diversamente.

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