Stop ai decreti legge modificati nel loro iter parlamentare con maxi-emendamenti che ampliano il testo originariamente elaborato dal Governo, soprattutto perché tolgono al capo dello Stato la possibilità di svolgere il suo ruolo di controllo. È questo il richiamo al centro di una lettera che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, ai presidenti del Senato, Renato Schifani, e della Camera, Gianfranco Fini il 9 aprile scorso. Una missiva spedita all’indomani dell’approvazione del cosiddetto 'decreto incentivi', ampiamente modificato dal Parlamento inglobando anche le 'quote latte'. Un cambiamento che ha portato a un aumento delle norme con notevoli ricadute anche sul piano economico- finanziario. Il tutto a poche ore dalla scadenza del termine utile per la conversione in legge. Di qui il disappunto di Napolitano, che avrebbe quindi deciso di mettere nero su bianco i suoi rilievi, sottolineando anche il ruolo di garanzia che la Costituzione gli assegna. Viste le indiscrezioni sulla lettera il Quirinale diffonde anche con una nota le sue precisazioni. Si sottolinea che «la lettera riprendeva osservazioni già sottoposte fin dalla scorsa legislatura all’attenzione dei Presidenti delle Camere e del Governo sulla necessità che la emendabilità dei decreti-legge nel corso dell’iter di conversione si mantenga rigorosamente nei limiti imposti dalla natu- ra straordinaria della fonte prevista dall’articolo 77 della Costituzione». Inoltre si puntualizza che «sottoporre al Presidente della Repubblica per la promulgazione, in prossimità della scadenza del termine costituzionalmente previsto, una legge che converte un decreto-legge notevolmente diverso da quello a suo tempo emanato, non gli consente l’ulteriore, pieno esercizio dei poteri di garanzia che la Costituzione gli affida». Comunque il Governo avrebbe registrato con sollievo la decisione di Napolitano di firmare il decreto e quindi accolto come utili i suggerimenti della missiva, pur sottolineando come il ricorso alla decretazione d’urgenza, nell’attuale sistema istituzionale, rappresenti uno strumento indispensabile. Finora però non è stata inviata nessuna lettera di risposta. «Non si è mai visto che chi riceve una lettera, la interpreti», risponde Gianfranco Fini ai giornalisti che gli chiedono una valutazione. «È datata 9 aprile e oggi è il 17 aprile: se non ne ho parlato finora, perché dovrei parlarne adesso?», insiste il presidente della Camera. Massimo Donadi dell’Idv si dice «d’accordo» con il contenuto della lettera: «Il governo ed il centrodestra ascoltino il richiamo di Napolitano e rispettino il ruolo e le prerogative del Parlamento e del Capo dello Stato». Marina Sereni del Pd ritiene la lettera «molto importante», mentre parla di un richiamo «quantomai opportuno» Anna Finocchiaro. E l’Udc, dice Michele Vietti, «si augura che il monito del presidente sia accolto da tutti con spirito di collaborazione istituzionale per il miglior rispetto dell’equilibrio tra i poteri». Replica indirettamente Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera: «La via maestra per dare una risposta costruttiva ai problemi posti dal presidente della Repubblica è quella della riforma dei regolamenti delle due Camere perchè, in caso diverso, ci si trova davanti ad una lentocrazia che viene inevitabilmente affrontata, da qualunque governo, con i decreti e i voti di fiducia».