sabato 7 maggio 2011
Con il varo delle linee guida nazionali per l’assistenza dei pazienti in condizioni di «minima coscienza», vengono recepite tutte le novità della ricerca e si rivolge l’attenzione su pazienti e famiglie riconoscendo la grande importanza dell’associazionismo. Il sottosegretario Roccella: e ora si cambi anche la definizione ufficiale. VAI AL DOSSIER
- Intervista ad Angelo Carboni, malato di Sla (Video di Tv2000)
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Dopo l’approvazione lo scorso anno della legge sulle cure palliative e la terapia del dolore, e con il varo avvenuto giovedì sera delle linee guida per le Regioni sugli stati vegetativi, si viene a creare la situazione migliore perché la proposta di legge sul fine vita, che deve essere licenziata dalla Camera dopo le elezioni amministrative, sia applicata al meglio. «L’accusa pretestuosa rivolta al governo – sottolinea il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella – secondo cui vorrebbe far vivere i malati ma non assisterli si mostra del tutto infondata. Le linee guida dimostrano quanto ci stia a cuore l’assistenza dei pazienti e per farle arrivare in porto l’esecutivo si è impegnato al massimo». Le linee guida recepiscono sia il "Libro bianco" elaborato con le associazioni dei familiari guardando in particolare alle «buone pratiche», sia i risultati della commissione di esperti sullo stato vegetativo e di minima coscienza presieduta dalla Roccella (prosecuzione di quella già guidata da Domenico Di Virgilio). Questo organismo, dopo aver esaminato tutte le novità scientifiche nel campo ed aver delineato anche un ampio quadro epidemiologico, ha dato precise indicazioni sui percorsi appropriati. «Il problema principale degli stati vegetativi – spiega il sottosegretario – non sono infatti i costi, ma l’adozione di percorsi appropriati. Anche dalle segnalazioni delle famiglie, risulta che oggi c’è un’eccessiva permanenza in rianimazione, molto costosa, e non utile per il malato, che invece deve intraprendere quanto prima un percorso di riabilitazione». Mancano – e a questo le linee guida pongono rimedio – strutture che seguono il paziente in un percorso gradualmente riabilitativo. L’assistenza ai pazienti con gravi cerebrolesioni acquisite, è scritto nella introduzione alle linee di indirizzo, «si concentra soprattutto nelle fasi precoci dell’assistenza» mentre le fasi in cui si dovrebbe realizzare un’efficace integrazione ospedale-territorio «appaiono proporzionalmente meno ricche di provvedimenti». Inoltre si evidenzia che la percentuale di "morti evitabili" e delle disabilità gravi è più elevata «in assenza di strutture deputate al trattamento delle gravi cerebrolesioni acquisite e quando l’assenza di competenze specifiche comporta un’inadeguata gestione» Superate infatti le fasi «acuta», e «post-acuta», nella cosiddetta «fase di stato», evidenziano le linee guida, «è indispensabile prevedere sia una soluzione di assistenza domiciliare integrata, sia una di assistenza residenziale in strutture extra-ospedaliere». Si prescrive, perciò, un cambiamento di prospettiva, regolando meglio il flusso dei pazienti con la riqualificazione dei percorsi assistenziali, e passando alla organizzazione di «un "sistema esperto" integrato a rete». La scelta della soluzione più adeguata in funzione delle condizioni della persona in stato vegetativo o di minima coscienza e dei suoi cari, inoltre, «deve essere prospettata dai servizi e condivisa dalle famiglie». Le linee guida raccomandano comunque «particolare attenzione» nelle modalità di passaggio da una fase all’altra. Ogni Regione o Provincia autonoma dovrà definire «con un atto formale lo specifico percorso» da seguire per le persone in tali condizioni, partendo dalle "buone pratiche" già realizzate nel territorio. «Tali percorsi dovranno essere trasferiti nella carte dei servizi e comunicati con chiarezza alle famiglie». «Ci sono anche le risorse economiche necessarie – rimarca la Roccella – perché il Ministero da due anni sta vincolando dei fondi adeguati negli obiettivi di piano, in modo da impegnare le regioni a utilizzare quelle risorse per quella destinazione», un compito dettato anche ovviamente dal complesso delle linee guida approvate giovedì. Un altro elemento caratterizzante di esse è il fatto che promuovono «a livello nazionale e regionale adeguate forme di consultazione con le associazioni di familiari». Esse, quindi da questo possono far leva su quanto affermato negli indirizzi approvati dalla conferenza unificata, per ottenere modi adeguati di interloquire con le Regioni. «Comunque ogni anno – garantisce il sottosegretario alla Salute – l’occasione per fare il punto della situazione sarà offerto dalla giornata degli stati vegetativi, a partire da quanto elaborato dalla task force internazionale a questo proposito». Questo organismo è un coordinamento di esperti di livello internazionale, che si muovono verso obiettivi comuni: il primo è quello di cambiare la denominazione "stati vegetativi". «Si vuole adottare la denominazione "sindrome non responsiva" – chiarisce la Roccella – si vuole evitare di parlare del livello di coscienza, sulla quale la ricerca sa ancora poco, cercando invece di verificare la responsività». La giornata degli Stati vegetativi sarà anche un modo di verificare l’applicazione delle linee guida, dando la parola alle associazioni per vedere praticamente quali percorsi di assistenza e di riabilitazione siano stati adottati dalle singole regioni.
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