La nave Ong Geo Barents di Medici senza frontiere - Ansa
Il fermo amministrativo della nave Ong Geo Barents, dal 27 agosto in banchina a Salerno perché sottoposta a fermo amministrativo per aver violato il decreto Piantedosi, é stato sospeso dal tribunale civile di Salerno. "Torneremo presto a salvare vite nel Mediterraneo centrale", esulta Juan Matias Gil, capomissione di MSF per le attività di ricerca e soccorso in mare.
"Appena ho saputo del fermo amministrativo della Geo Barents ho deciso di venire a Salerno. Alcuni mesi fa ero il medico di bordo e ho visto e assistito i naufraghi. Ho sentito le loro storie, gli orrori che hanno subito in Libia. Per colpa di questo fermo siamo come una sala operatoria con medici a bordo che hanno le mani legate e non possono fare niente. Rispettiamo il diritto internazionale e le leggi marittime. Sono fiducioso che la realtà sarà ristabilita. Vogliamo tornare quanto prima nel Mediterraneo. Salvare vite non è un reato" ha detto durante una conferenza stampa, questa mattina, Christos Christou, presidente internazionale di Medici Senza Frontiere, dalla nave Geo Barents ferma al porto di Salerno per un fermo amministrativo.
Medici senza Frontiere aveva presentato ricorso al tribunale civile di Salerno per l'annullamento del fermo amministrativo della nave. "Abbiamo fornito al tribunale - spiega Juan Matias Gil - prove solide che dimostrano come le equipe di Msf siano intervenute per salvare la vita di 37 persone in mare la notte del 23 agosto. Durante quella notte, abbiamo fornito alle autorità competenti informazioni accurate e tempestive sulle nostre operazioni.
Le autorità italiane, spiega Christou, contestavano alla Ong tre cose: non aver seguito le istruzioni della guardia costiera libica, che era l’istituzione competente di quella zona di soccorso; aver messo in difficoltà e in pericolo quelle persone e non aver comunicato tempestivamente con la guardia costiera italiana. "La prima accusa è infondata: eravamo in contatto con la guardia costiera libica, che era sul posto, ma il centro di coordinamento non ha mai risposto a nessuna delle nostre comunicazioni. Seconda: le persone che abbiamo soccorso erano in acqua, erano in mezzo al mare, non potevamo fare altro che recuperarle perché evidentemente rischiavano di annegare. La guardia costiera libica era a due passi, abbiamo aspettato le istruzioni, ma la situazione era troppo pericolosa, non potevamo rischiare nessuna morte. Infine: abbiamo comunicato in tempo reale con l’autorità italiana e comunichiamo tutto quello che facciamo. Evidentemente si tratta di un attacco deliberato e infondato”. Gil sostiene, infatti, che Msf abbia agito rispondendo a un “obbligo: quando le persone sono in pericolo in mare, bisogna fornire assistenza. È un obbligo”.
Sulla base delle prove fornite da Medici Senza Frontiere il Giudice di Salerno ha stabilito "che la nave “Geo Barents” non ha contribuito a creare alcuna situazione di pericolo a bordo e che al contrario, le operazione di salvataggio in cui era impegnata erano improcrastinabili. Ha inoltre riconosciuto la Guardia Costiera Libica era stata preventivamente informata dell’attività di salvataggio".
"Il giudice ha inoltre affermato che la semplice richiesta avanzata dalla Guardia Costiera Libica alla Geo Barents di lasciare l'area di soccorso non può essere considerata un coordinamento delle operazioni di salvataggio, poiché non sono state fornite indicazioni su come tali operazioni dovessero essere svolte - prosegue la Ong - Ha inoltre stabilito che il prolungamento del fermo amministrativo comprometterebbe irreversibilmente il diritto della Geo Barents di svolgere la propria attività di soccorso in mare, impedendole di perseguire i suoi scopi umanitari, in conformità ai principi costituzionali e al diritto internazionale consuetudinario a cui l’Italia aderisce e deve promuovere (art. 117 Cost.)".