martedì 11 ottobre 2011
A 39 anni ucciso dal padre disperato. «Il futuro? È un’incognita, ma non si dovrebbe parlarne solo quando si verificano tragedie». L’avvocato Rosaria Elefante, presidente dei biogiuristi: gli strumenti legislativi esistenti non riscuotono la fiducia delle famiglie.
Tragedia dell'abbandono di Francesco Belletti, Forum famiglie
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L’argomento non dovrebbe essere sollevato solo quando si verificano tragedie come questa, osservano i parenti delle persone disabili. La tragedia in questione è quella di un padre, Romano Carani, 65 anni, che all’alba di domenica a Barga (Lucca) ha posto fine alla vita del figlio quasi quarantenne, malato dalla nascita, dopo una notte trascorsa insonne per accudirlo – come al solito.Il tema del «dopo di noi» preoccupa le famiglie dei disabili, e tanto più le angoscia quanto più sono gravi le condizioni del figlio o è avanzata l’età dei genitori. È Tullio Furlan, presidente dell’associazione «Amici dei cerebrolesi» di Telese (Benevento), a sottolineare: «Purtroppo è comprensibile che portare avanti per molto tempo una situazione con un malato gravemente invalido porti a esaurire le forze. E spesso le famiglie restano sole». Aggiunge l’avvocato Rosaria Elefante, vicepresidente dell’associazione Vi.Ve. e presidente dell’Associazione nazionale biogiuristi italiani: «Il diritto ha previsto due strumenti, il fidecommisso assistenziale e il trust, ma entrambi non convincono del tutto le famiglie. Si tratta pur sempre di affidarsi a una terza persona per garantire il futuro dei propri figli. Infatti il problema sembra toccare meno quando la disabilità tocca il marito o la moglie, perché il coniuge sano suppone solitamente di sopravvivere al malato». Conferma Sergio Pacetti, genitore di una ragazza con sindrome di Down, che vive a Vibo Valentia: «Abbiamo avuto altri due figli dopo Paola, che sono molto sensibili e disponibili verso la sorella. Da un lato non mi sento di condizionarli nelle loro scelte di vita, dall’altro sento crescere il problema del “day after”. Certo la società dovrebbe fare di più per garantire le famiglie. Ma non mi faccio troppe illusioni: l’associazione in cui è impegnata mia moglie effettua molte iniziative a favore delle persone con disabilità diverse, ma il sostegno da parte delle autorità politiche è molto scarso, come dimostra il nostro tentativo, finora vano, di creare una struttura che possa tenere impegnati i disabili in attività utili e socializzanti e che funzioni per tutta la giornata. Aldilà dei diritti che vengono riconosciuti dalla legge alle persone con disabilità – conclude Pacetti – il problema è reale». A una struttura punta anche Tullio Furlan, padre di una donna in stato vegetativo: «Come associazione abbiamo pensato, in Campania, alla possibilità di sfruttare strutture ospedaliere che vengono dismesse per essere adibite a piccoli nuclei che possano accogliere il malato e un suo familiare, e che possano portarsi aiuto.Abbiamo già stilato linee guida per le esigenze di questi monolocali, per esempio in materia di attrezzature e di superfici». Nel campo della malattia mentale, osserva Felice Previte (presidente dell’associazione «Cristiani per servire»), «i pochi provvedimenti legislativi emanati sono la dimostrazione del disinteresse o sottovalutazione che regna nel nostro Paese rispetto a questo grave disagio sociale».
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