Il terzo settore si evolve e diventa “non profit 2.0”. Grazie a Internet, le organizzazioni benefiche hanno a disposizione nuovi strumenti per mettere in vetrina i loro progetti e chiedere i fondi necessari a finanziarli. In tempi di crisi, il web si rivela un alleato preziosissimo. La vecchia e sempre affidabile “colletta” diventa virtuale e si rivolge a un numero potenzialmente illimitato di donatori. È il cosiddetto fenomeno del crowdfunding : si illustra l’idea su un sito e si chiede di sostenerla con una piccola somma. È quello che fa Kendoo, piattaforma bergamasca che nei suoi primi mesi di vita ha già permesso di realizzare una serie di interventi magari piccoli, però concreti. Tre ragazzi di Martinengo hanno aiutato l’associazione UnAltroMondo a raccogliere 700 euro per finanziare un pozzo a Bamako, in Mali. Raggiunto l’obiettivo, hanno già lanciato una nuova sottoscrizione per acquistare anche una pompa idraulica.
La polisportiva Phb ha chiesto aiuto agli utenti per acquistare l’attrezzatura ai disabili che praticano lo sci di fondo: in pochi giorni si sono raccolti i 1400 euro necessari. «È una modalità molto efficace, donare è facile e immediato – sottolinea Marco Sangalli, ad di Mediaon, società creatrice di Kendoo – Spesso questi progetti sono interessanti, ma poco conosciuti. Così invece li portiamo all’attenzione di tante persone, che partecipano e si sentono coinvolte nel raggiungimento dell’obiettivo. Il metodo è ancora giovane, però sembra funzionare: in pochi mesi abbiamo portato a termine sei progetti. Per il non profit si tratta di una grande opportunità». Il crowdfunding è appena stato recepito nell’ordinamento italiano con un regolamento Consob. Ora potrebbe diventare una valida fonte di finanziamento anche per le start up sociali, che in questo periodo faticano a ottenere credito dalle banche.
Bergamo è il motore del non profit 2.0: tre neolaureati hanno lanciato Uidu, che si autodefinisce non un social network bensì un “network sociale”, che localizza su una mappa interattiva tutte le associazioni di volontariato presenti sul territorio di interesse. Basta muovere il mouse sulla cartina e fermarsi su uno dei segnali per vedere apparire una breve descrizione della “mission” e sapere come contribuire. La solidarietà digitale può contare anche su potenti alleati: Youtube e Google hanno aperto sezioni espressamente dedicate all’universo non profit. Il gigante dei video invita le ong a produrre una clip che ne spieghi le attività, cui si aggiunge uno speciale pulsante che permette di effettuare immediatamente una donazione. Per il momento il servizio è attivo solo in alcuni Paesi, ma presto sarà disponibile anche in Italia.
Con Google l’operazione è a portata di dito. L’App “One today”, sviluppata per Android, consente di vedere su smartphone e tablet un filmato benefico e poi di donare un dollaro semplicemente toccando un’icona. Anche in questo caso, però, le associazioni nostrane dovranno attendere qualche mese per poter sperimentare lo strumento. Intanto però il seme è lanciato e qualcuno lo ha già fatto germogliare. È il caso di Coordown, che promuove i diritti delle persone affette dalla sindrome di Down. Nel marzo scorso l’associazione ha avviato una campagna “virale” innovativa. Alcuni ragazzi down hanno chiesto a personaggi famosi di “donare” un video per dare voce alla loro causa. Tanti vip hanno raccolto l’appello: da Antonio Cassano a Javier Zanetti, da Jovanotti a Tiziano Ferro. Il giovane Andrea ha chiamato addirittura Hollywood e la diva Sharon Stone ha risposto con entusiasmo al suo invito. I video raccolti sono stati pubblicati sul sito, pronti per essere twittati o condivisi su Facebook. Un modo decisamente innovativo per amplificare la voce di chi chiede un’integrazione reale, e non virtuale, nella società.