sabato 27 ottobre 2012
​Domenica al voto 4,4 milioni di siciliani. Sono più di 1.600 gli aspiranti amministratori. Nessuno dei candidati riuscirebbe a raggiungere la maggioranza in Consiglio. Inevitabile un accordo.
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In dieci si contenderanno la presidenza della Regione siciliana, sostenuti da 19 liste, per un totale di 1.629 candidati che domani (si vota soltanto domenica dalle 8 alle 22) saranno sottoposti al giudizio di 4 milioni 426.754 elettori, con una maggioranza di donne (2 milioni 284.380), che si recheranno alle urne nelle 5.307 sezioni distribuite nelle 9 province dell’Isola. Anche quest’anno i deputati eletti saranno 90: la legge costituzionale che ne prevede l’abbassamento a 70 non ha avuto ancora il sì definitivo del parlamento nazionale ed è in attesa della seconda lettura alla Camera. All’Assemblea dove entreranno 80 deputati eletti nelle liste, oltre al presidente della Regione, al candidato governatore arrivato secondo e a 8 nomi presenti nel listino del vincitore. La legge elettorale siciliana consente di «pescare» nel listino qualora la coalizione vincente non raggiunga nel proporzionale il numero di 54 deputati che le assicurino un’ampia maggioranza. Nella scorsa legislatura la coalizione di Raffaele Lombardo (il governatore ottenne il 66% dei consensi) non portò a sala d’Ercole nessuno dei presenti nel listino; ma in questa tornata, l’elevata frammentazione del voto difficilmente potrà garantire una maggioranza solida al futuro governatore, anche ricorrendo a tutti i nomi del listino.La scheda elettorale riporta per ogni rettangolo il simbolo e il nome del candidato presidente della Regione e le liste apparentate. È previsto il voto disgiunto: si può scegliere un candidato governatore e una lista non ad esso collegata; ma qualora si esprima la preferenza soltanto per una lista provinciale, il voto sarà automaticamente attribuito al candidato presidente collegato al simbolo scelto. Lo scrutinio inizierà alle 8 di lunedì.Arancine addio, quest’anno alla buvette di palazzo dei Normanni si serviranno solo crocchette: buttato in gastronomia, il patto Crocetta-Micchiché, la Croc-Ché denunciata dagli avversari, potrebbe essere diventata la ricetta vincente di queste elezioni regionali, oltre che l’unica in grado di esorcizzare l’altro piatto forte, l’ondata grillina. Un accordo sottobanco tra Lombardo e il Pd, che hanno governato insieme in questa legislatura, farebbe arrivare all’ex sindaco di Gela un "rinforzino" decisivo. Corsa tutta in salita invece per il candidato del centrodestra, Nello Musumeci, l’ex missino tutto d’un pezzo che non ha voluto Berlusconi ai suoi comizi ma rischia di pagare a caro prezzo lo svuotamento del suo principale alleato, il Pdl. Il 10 e passa per cento di voti validi che viene accreditato al Movimento cinque stelle esce infatti dal carniere del centrodestra e undici anni dopo, nell’isola del 61 a zero, la notizia dell’uscita di scena di Berlusconi potrebbe essere il colpo di grazia per Musumeci. Ormai conclusa la campagna elettorale, è evidentissima l’ipoteca delle elezioni politiche su questa consultazione triste e svogliata. Comizi deserti, stanche conferenze stampa, un’autentica morìa di cene elettorali: decisamente, queste non sono elezioni sicilian style. In primis, perché i candidati all’assemblea regionale sanno che le casse di palazzo dei Normanni sono vuote e che il malcontento popolare creato dalla crisi impedirà di celebrare, lunedì, un vero vincitore. Queste elezioni le vince chi arriva secondo (o terzo), cioè chi sarà in grado, con un pugno di deputati regionali, di condizionare il governatore e la sua quasi-maggioranza, senza assumersi troppe responsabilità di fronte ai cittadini. L’altra mattina all’hotel Palme, il presidente dell’Ars, Francesco Cascio ragionava coi giornalisti dei 33 deputati che «certamente» raccoglierà la coalizione di Musumeci. Peccato che per essere maggioranza ne servano 46. L’astensionismo, quotato intorno al 40%, e lo sbarramento del 5% potrebbero facilitare le cose, riducendo il numero dei partiti rappresentati nel parlamento regionale, trasformando magicamente il 30 in 40%, ma senza modificare con questo il quadro finale. Musumeci ha concluso la campagna elettorale prefigurando un’apertura nientemeno che ai grillini. Per accordarsi con i deputati sudisti, Crocetta dovrebbe semplicemente proseguire sulla rotta già tracciata da Lombardo. Mentre i partiti "politici" si lambiccano su questi numeri, l’antipolitico Grillo riempie le piazze. Per Musumeci è solo spettacolo: anche Almirante le riempiva, ha ricordato il candidato del centrodestra, ma le urne poi restavano vuote. Non è chiaro se si tratti di sottovalutazione o di scaramanzia: certamente, un caso Pizzarotti in salsa siciliana avrebbe un impatto sugli equilibri nazionali ben superiore a una vittoria di Crocetta che stroncherebbe sul piano nazionale il Pdl di Alfano e un possibile asse con Casini  (strategia di Lombardo-Micciché) o a quella di Musumeci (che qualche "rinforzino" lo starebbe ricevendo in queste ore da Udc e Sel, per ragioni diametralmente opposte). Tra tradimenti (presunti) e appelli (veri) al voto disgiunto, non si fanno promesse e neanche proposte concrete (del resto, nessuno saprebbe come finanziarle) e l’antipolitica si prepara a fare il pieno, consegnando la Sicilia alla ingovernabilità. Antonello Cracolici è uno degli uomini del Pd che hanno "inventato" la Giunta Lombardo, fondata sull’accordo tra i democratici, l’Udc non cuffariani, Fli, Api e naturalmente l’Mpa. Tra qualche giorno sarà eletto all’Ars per la quarta volta e non vuole «un altro governo precario». Te lo spiega all’ora del caffé, nel bar di via Petrarca che è quasi il suo ufficio elettorale tanti sono i compagni che vengono ad omaggiarlo e le mani da stringere. Neanche una parola sulle crocchette, ma pollice verso per Sel e Idv, che avversano il presunto patto e, pronostica, «non passeranno lo sbarramento». In questa situazione, lo stile di chi voglia governare davvero la Sicilia, spiega, è «l’inclusività» e se vince Crocetta, puntualizza, «è perché noi abbiamo diviso il centrodestra». Una vittoria, insomma, sarebbe figlia dell’accordo trasversale con Lombardo, che al Pd nazionale non piace affatto, a giudicare dal «proflo basso» tenuto da Bersani e soci, una freddezza che Cracolici non perdona. «Anche perché con l’amministrazione Lombardo abbiamo cambiato davvero le cose, abbiamo scosso un popolo abituato all’intermediazione continua - rivendica - abituandolo all’automatismo delle regole, che è l’unica via per cambiare la Sicilia». Da come ne parla, non è solo un ricordo.
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