Quando lo hanno trovato riverso sul letto, nella sua cella nel carcere di Castrogno (Teramo), per Khole Abib già non c’era più niente da fare. Accanto all’uomo le guardie del carcere hanno rinvenuto una bomboletta di gas di quelle utilizzate per accendere il fornello e un sacchetto di plastica: si sarebbe tolto la vita in questo modo, inalando ripetutamente il gas, un trentaduenne senegalese accusato di violenza sessuale ai danni di una ragazza disabile, avvenuta mesi addietro a Pescara. Per fugare ogni dubbio sul suicidio, dopo una primissima ipotesi di infarto, il procuratore di Teramo, Roberta D’Avolio, ha subito disposto l’autopsia, che è stata effettuata ieri in serata dal medico legale Giuseppe Sciarra. L’allarme, l’altro ieri, è scattato intorno alle 16 quando il detenuto, che in quel momento si trovava da solo, è stato trovato da un agente di polizia penitenziaria sul letto, riverso, con accanto la bomboletta di gas e il sacchetto di plastica. Molto probabilmente, aveva inalato a lungo il gas: un sistema che molti detenuti usano per stordirsi. Anche se giunti tempestivamente sul posto in ambulanza, i sanitari del 118 non hanno potuto fare altro che constatare il decesso. Khole Abib, che era in attesa di giudizio e che a maggio era fuggito dal carcere, si è sempre proclamato innocente e, se confermata l’ipotesi di suicidio, andrebbe ad aggiungere il suo nome al lungo elenco di persone che si sono tolte la vita nel carcere teramano.Intanto, sul caso del detenuto tunisino Sami Mbarka Ben Garci, che si è lasciato morire di fame nel carcere di Pavia, è intervenuto il suo legale Aldo Elgidi. «Si doveva fare il possibile per salvargli la vita – ha dichiarato –. Credo fosse necessario intervenire, anche con la forza. Anche se il mio assistito aveva più volte manifestato il proposito di andare fino in fondo». Della stessa opinione l’avvocato Alberto Guariso, rappresentante dell’associazione “Studi giuridici sull’immigrazione”, secondo cui quando le condizioni fisiche del detenuto sono molto gravi «il trattamento sanitario è obbligatorio e deve essere disposto dal magistrato di sorveglianza sentito il parere del medico del carcere». Anche per i deputati pd Guido Melis e Donatella Ferranti, della commissione Giustizia della Camera dei deputati, «era dovere dell’autorità carceraria e/o giudiziaria scongiurare questa tragedia». Sulla vicenda è stata aperta un’inchiesta da parte della magistratura. La Procura ha anche disposto l’autopsia. La direzione del carcere, dal canto suo, ha fatto sapere che si è fatto tutto il possibile per convincere il nordafricano a riprendere l’alimentazione. «Abbiamo cercato in ogni modo di convincerlo – ha spiegato Jolanda Vitale, direttrice del carcere di Torre del Gallo a Pavia dove era recluso il tunisino –. Ma come si fa a costringere qualcuno che rifiuta il cibo a mangiarlo? Anche il trattamento sanitario obbligatorio non è una procedura facilmente applicabile a chi si dimostra lucido e capace di intendere e di volere». E Pasquale Alecci, medico del carcere, ha detto che «non si poteva privare quest’uomo della libertà di scelta». L’inchiesta della magistratura dovrà appurare anche se il trasferimento al Policlinico San Matteo non sia avvenuto troppo tardi. Nel penitenziario di Pavia il caso ha accresciuto il disagio degli altri detenuti, che si lamentano per il sovraffollamento della struttura. Martedì un paio di sezioni di carcerati hanno rifiutato il pranzo. La protesta potrebbe continuare anche nei prossimi giorni. E da uno studio del Consiglio d’Europa, presentato nel corso di una conferenza promossa dall’organizzazione paneuropea a Edimburgo, è emerso che in Europa, in particolare quella occidentale, la popolazione carceraria continua ad aumentare. Questo crea in molti Paesi, tra cui l’Italia, un problema di sovraffollamento negli istituti penitenziari, nonostante molti Stati abbiano adottato misure come indulti e amnistie collettive o abbiano ridotto il numero di persone detenute in custodia cautelare. L’Italia è stata condannata in luglio a pagare mille euro a un detenuto bosniaco chiuso in una cella di 16,20 mq, con altri cinque carcerati. Alla Corte europea dei diritti dell’uomo risultano già altri 100 ricorsi da altrettanti detenuti da quando è stata emessa questa sentenza.