Mario Draghi - Ansa
La priorità è mettere insieme una squadra «collaudata e affidabile». Due criteri cui non si ottempera con una corsa sfrenata. Perciò l’ultimo miglio di Mario Draghi potrebbe essere percorso meno velocemente del previsto. Contrariamente a quanto si immaginava fino a ieri sera, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, riceverà oggi, alle ore 19, al Palazzo del Quirinale, il Presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi.
I tempi dunque si sono compressi, anche se potrebbe esserci un doppio step: l’accettazione piena dell’incarico a stretto giro e a seguire, con tempi meno affannati, la lista dei ministri e il giuramento nelle mani del presidente della Repubblica. Il professore, quindi, continua a muoversi senza dare troppi punti di riferimento. I partiti, al buio, cercano notizie dai giornalisti in un curioso capovolgimento dei ruoli. I leader non hanno avuto indicazioni di fornire «rose», e per il momento almeno così si premurano di far sapere - non hanno ricevuto telefonate dal premier incaricato per affrontare la questione. La sensazione diffusa è che davvero il tema della squadra sarà integralmente affrontato e risolto da Draghi al Colle, senza schemi rigidi e caselle 'prenotate'.
Una situazione davvero inedita, per i capipartito (posto, ovviamente, che la proverbiale discrezione di Draghi non abbia contagiato anche loro e che i quindi negoziati siano in corso, ma ben coperti). In ogni caso, che la squadra dei ministri non sia 'cotta e mangiata' lo si comprende anche a margine del breve colloquio a Montecitorio tra Draghi e il presidente della Camera Roberto Fico. Circa mezz’ora, l’unico movimento di giornata intercettato dai cronisti.
È invece una falsa pista la presenza di Draghi, durante la giornata, nel suo ufficio di Bankitalia, in contemporanea con la presenza nei medesimi luoghi di Fabio Panetta, membro del boarddella Bce. Durante il colloquio con Fico non sarebbe stata ipotizzata la data del possibile passaggio parlamentare per la fiducia, segno che i tempi non sono ancora definiti. L’ex capo della Bce ha fatto intendere, inoltre, che davvero per lui la partita dei ministri si è aperta ieri sera, dopo gli ultimi 'sì' formali di M5s e Pd che hanno definito il perimetro finale della maggioranza.
Se davvero è così, oggi sarà soprattutto un giorno di telefonate e contatti per raccogliere disponibilità da discernere poi insieme a Mattarella. Prendere un po’ di ore in più, poi, ha anche un significato politico, ovvero sgomberare il campo dall’idea che sia M5s a dettare i tempi. Draghi vuole mantenere un equilibrio ferreo tra il rispetto delle dinamiche politiche e il mandato istituzionale di Mattarella, che lo svincola da troppi condizionamenti. È soprattutto la componente tecnica dell’esecutivo che Draghi non vuole sbagliare. Consapevole che i ministri non politici saranno sotto la lente, desidera che siano, appunto, «affidabili e collaudati». Nessuna avventura o esperimento nei dicasteri-chiave.
Personalità di «alto profilo» che, non va dimenticato, devono anche avere il tempo di disimpegnarsi dagli attuali incarichi istituzionali o manageriali. Mattarella darà una mano sensibile. Su Interni, Esteri, Giustizia e Difesa il capo dello Stato aiuterà a comporre il mix tecnico- politico. Sul Tesoro Draghi ha più opzioni e il confronto col Colle sarà decisivo. Il tema della parità di genere, molto sentito dal Quirinale e dallo stesso Draghi, potrebbe trovare una risposta forte nei profili di Luciana Lamorgese confermata all’Interno e Marta Cartabia in arrivo alla Giustizia. Poi c’è il pacchetto politico. L’ipotesi dell’ingresso dei capipartito - Salvini e Zingaretti, per capirsi - non pare matura. Profili come quelli di Luigi Di Maio, Dario Franceschini, Roberto Speranza, Teresa Bellanova, Antonio Tajani e Giancarlo Giorgetti sembrano rappresentare un punto di partenza.