Impensabile solo fino a pochi anni fa. «Ho seguito l’elezione di Papa Francesco in diretta dalla metropolitana. Mio marito era a Roma a e con il cellulare me l’ha fatta vivere in streaming. Subito dopo è seguito sui vagoni una specie di comizio, perché molti non conoscevano Bergoglio, io sapevo molte cose di lui e ho spiegato chi era...». Parla con entusiasmo Chiara Giaccardi, professore ordinario di Scienze della comunicazione alla Cattolica di Milano, e contagia anche i più resistenti alle nuove tecnologie, quel mondo per molti ancora tutto da esplorare, anche se di tempo non ne resta più tanto, specie per chi fa giornali. E ad ascoltarla ieri a Chioggia, nel convegno nazionale della Fisc, c’erano molte delle 186 testate cattoliche che compongono il panorama variegato dei settimanali diocesani. Anche loro, come la grande stampa nazionale, sono chiamati a una urgente ridefinizione dei linguaggi, soprattutto alla sfida di un equilibrio tra giornale cartaceo e on line, entrambi indispensabili. «La presenza sul web oggi è necessaria come grande forma di condivisione», ha spiegato la Giaccardi. Nessuna diffidenza, dunque, e anzi l’invito a sfruttarne le grandi aperture: «Abitare il web significa partecipazione attiva e il territorio è un ambito privilegiato, perché condividi con gente che respira la tua stessa aria. Non è vero che sulla Rete perdiamo il profumo dei limoni, parafrasando il saggio di Jonah Lynch: proprio attraverso la Rete possiamo sentire «l’odore delle pecore», come dice il Papa, delle persone che ci stanno a cuore».E se il giorno prima il vescovo Claudio Giuliodori, presidente della Commissione Cei per la Cultura e le Comunicazioni sociali, proprio citando “Il profumo dei limoni” di Lynch aveva ricordato che «un nuovo medium non sostituisce quello vecchio, ma dà ad esso una nuova connotazione», da “il Cittadino” di Lodi è arrivata la testimonianza che concretizza l’assioma: «Stiamo aumentando la pubblicità e le vendite in edicola sono salite del 5%», ha raccontato il direttore Ferruccio Pallavera. Un risultato ottenuto restando radicati sulla vita del territorio e lavorando in sinergia con l’edizione digitale: «Sulle nostre pagine seguiamo a tappeto gli eventi, le sagre, raccontiamo i personaggi, «il miglior artigiano», «l’agricoltore più anziano», lanciamo sondaggi tipo «raccontateci l’insegnante più bravo»... Ci sono arrivate dai ragazzi 450 segnalazioni di docenti, e in quei giorni le vendite sono andate alle stelle. E se pubblichiamo una foto, in coda al pezzo scriviamo «tutte le altre le trovi nel sito» e la gente ci va. Non solo: per la festa dei nonni abbiamo chiesto di mandarci le loro foto, ne sono arrivate 350, abbiamo fatto un inserto di 24 pagine, è andato a ruba». Il settimanale cattolico come servizio, dunque: «Abbiamo creato gli Stati generali del Lodigiano», su temi come sanità, traffico, il verde, le banche... la partecipazione è stata massiccia». «È un esempio splendido di democrazia deliberativa», ha commentato Domenico Delle Foglie, direttore dell’agenzia Sir, che ha poi espresso il suo sogno in via di realizzazione già per la Gmg di Rio de Janeiro: «Creare una rete nella Rete», ovvero fondare tutti insieme - il Sir e i 186 settimanali diocesani - «il primo network digitale italiano», qualcosa di assolutamente nuovo, che comporta una serie di rivoluzioni: «Noi del nazionale potremo avere accesso a tutti i vostri siti in tempo reale, con tutti i collegamenti possibili da studiare e rendere efficienti, e voi da ogni singolo sito entrerete facilmente in tutti gli altri siti collegati, con inoltre tutti i rinvii al prodotto cartaceo». Il Sir tra l’altro «predisporrebbe una costante promozione delle cronache territoriali che possono assumere rilevanza nazionale». Il tutto attraverso la necessaria trasformazione degli stessi giornalisti, che a Rio de Janeiro si metteranno alla prova tra notizia, messa in Rete, Twitter, racconti in video, socializzazioni in Facebook. Senza mai perdere il marchio d’origine, «quello sguardo cattolico che ci connota».