venerdì 4 settembre 2009
Flessibilità nel periodo di impiego, meno giorni alla settimana e orari diversificati: così il governo cerca il rilancio. L'obiettivo dichiarato è quello di recuperare consensi nel Centro e nel Nord Italia, dove il numero dei volontari si è abbassato sensibilmente rispetto al Sud. Attesi anche nuovi criteri di monitoraggio sui singoli progetti.
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Servizio civile, si cambia. Il Consiglio dei ministri ha approvato ieri un disegno di legge che delega il governo a riformare la legge sul servizio civile nazionale. Richie­sto da tempo dal mondo degli enti e del ter­zo settore, il processo di revisione della legge 64 del 2001 aveva mosso i primi passi già nel­la scorsa legislatura, con il governo che ave­va promosso un’indagine conoscitiva tra gli enti e i giovani volontari. Ora Palazzo Chigi mette nero su bianco. Il Parlamento dovrà da­re via libera all’esecutivo per la stesura dei de­creti legislativi, successivamente dovrà valu­tarne la congruità con la delega data. Previ­sto anche un parere della Conferenza Stato- Tra le novità so­stanziali che po­trebbero essere introdotte quan­do il testo diven­terà legge ci sono l’introduzione della flessibilità nella durata (dai 12 mesi odierni a un periodo tra i 9 e 12) e nell’orario settimanale (dal­le attuali 30 di media a una for­bice tra 36 e 20), riducendo anche i giorni (da 5 a settimana e 4). L’obiettivo dichiarato di questa elasticità è quello di recuperare adesioni al Centro e al Nord, dove da anni il servizio civile riscuote molti meno consensi che al Nord: l’ultimo rapporto al Parlamento dice che Sud e Isole forniscono il 48% dei volontari, rispetto al 19% del Centro e al 22% del Nord. E, anche se in misura minore, sono più al Nord (22%) gli ab­bandoni e le rinunce per motivi di incompa­tibilità con lo studio e il lavoro (11% al Sud e 19% al Centro). Anche se non si tratta di un lavoro, la prospettiva di 433 euro per 12 mesi evidentemente ha molto più appeal nelle re­gioni ad alto tasso di disoccupazione. Col rischio di favorire qualche volta anche feno­meni di clientelismo. Non sono passati invece due punti conside­rati importanti dalla Consulta degli enti: a­prire il servizio civile ai giovani immigrati, pre­vedere preventivamente un contingente an­nuale di volontari, per evitare che, come suc­cede ora, il numero dei giovani avviati al ser­vizio debba dipendere dai finanziamenti. Con pesanti flessioni in caso di tagli in Finanzia­ria. Ma ecco i contenuti del testo, illustrati dal sot­tosegretario Carlo Giovanardi, racchiusi in un solo articolo di cinque commi, con il primo suddiviso in 13 lettere. La bozza conferma che il servizio civile è un istituto finalizzato all’a­dempimento del dovere di difesa della Patria da realizzare attraverso attività che concorra­no al conseguimento della pace, dell’ugua­glianza, del progresso sociale, e allo stesso tempo anche della formazione civica, socia­le, culturale e professionale dei giovani attra­verso modalità di difesa nonviolenta. Viene ridefinita la divisione di funzioni tra Stato e Re­gioni, ribadendo l’esclusiva competenza sta­tale per quanto riguarda l’aspetto legislativo. Il testo ridefinisce anche lo status giuridico dei giovani in servizio, prevedendo uno spe­cifico rapporto non assimilabile né al lavoro né al volontariato propriamente detto. Ciò non esclude benefici per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro. Per esempio portando al 20% il contingente riservato agli ex 'servi­ziocivilisti' nei concorsi per i Vigili del Fuoco. Come già detto, verrebbe rivista la durata an­nuale e l’orario settimanale. Il contributo mensile, oggi di 433 euro, verrebbe adeguato in maniera proporzionale alle ore svolte. La fi­nalità esplicita è quella di favorire il comple­tamento dei cicli di studio e il collocamento nel lavoro. In questa direzione andranno an­che le misure volte a riequilibrare la distribu­zione territoriale dei giovani, con forme di mobilità interregionale: oggi al Sud i proget­ti non soddisfano tutte le richieste dei giova­ni, mentre al Nord accade l’esatto contrario. Il progetto prevede inoltre la revisione dei cri­teri di accreditamento per gli enti del privato sociale e pubblici per selezionare quelli che dimostrino una effettiva condivisione dei principi e delle finalità del servizio. Per evita­re disfunzioni e comportamenti difformi ver­ranno riviste anche le sanzioni amministra­tive. In arrivo anche criteri di monitoraggio sui progetti, per verificarne sul campo l’effi­cacia in vista dell’approvazione di nuovi pro­getti. Accolta una vecchia richiesta degli enti con la possibilità di approvare progetti anche pluriennali, che garantiscano così efficacia e continuità ai progetti. Regioni.
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