Nonostante la flessione delle domande, il Servizio civile resta una proposta capace di «aprire la mente e il cuore: è una bella esperienza di Chiesa che continua a proporre ai giovani un cammino di formazione, anzitutto umana». Don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, non ha dubbi sul valore educativo del servizio nonviolento al Paese. E alla vigilia del 12 marzo, festa di San Massimiliano martire a Tebessa nel 295 d.C. e patrono degli obiettori di coscienza e del Servizio civile, si interroga sulla necessità di un’ampia riflessione che aiuti a superare l’attuale calo di interesse dei giovani.
«Il 10 giugno 1977 monsignor Giovanni Nervo firmava la convenzione tra Caritas Italiana e Ministero della Difesa - ricorda don Marco Pagniello - per accogliere i primi obiettori di coscienza. Da quel giorno, sono stati più di 100 mila i giovani che hanno svolto il loro servizio nelle Caritas in Italia». Un’opportunità, sottolinea, «di condivisione con i poveri, di responsabilità, di attenzione alle situazioni locali e a quelle dei Paesi poveri o in guerra».
Da diversi anni il Tavolo ecclesiale sul servizio civile (Tesc), che riunisce gli enti di ispirazione cattolica, favorisce la riflessione, il collegamento, l’orientamento della Chiesa italiana sul servizio civile. E ogni 12 marzo organizza un incontro nazionale dei giovani in servizio civile: «Lo facciamo per rilanciare i temi dell’educazione dei giovani al servizio - spiega don Pagniello - alla nonviolenza, alla cittadinanza e alla salvaguardia del Creato. Ci ritroveremo a Barbiana, luogo dell’impegno di don Lorenzo Milani. Il 27 maggio sono 100 anni dalla nascita e vogliamo continuare a dire insieme “I care”».
Il bando di quest’anno da 71mila posti, il più grande di sempre, ha visto ancora una flessione del 5% rispetto al 2022: alla chiusura il 20 febbraio le domande non hanno coperto tutti posti disponibili, ed è prevedibile che - come negli ultimi anni - non tutti si presenteranno all’avvio dei progetti. Tutte da indagare le cause. Forse anche il compenso, fermo da 20 anni a 450 euro: «Anche per i nostri progetti abbiamo registrato un calo di domande - riconosce don Pagniello - e indubbiamente c’è un deficit di comunicazione e informazione. Occorre interrogarsi se questa esperienza, con le sue rigidità burocratiche, possa essere migliorata».
Per il direttore della Caritas però «non è questione di compenso, quanto di senso di questa esperienza di cittadinanza attiva. È fondamentale rimotivare i giovani - è il suo invito - ad essere protagonisti del servizio agli altri, soggetti attivi che sanno leggere i bisogni e pensare risposte anche con vie e linguaggi nuovi, inediti». Per don Pagniello «i giovani sono anche le vittime più fragili di questa epoca di cambiamento. Hanno la necessità di essere accompagnati al protagonismo, all’assunzione di responsabilità». Il direttore Caritas pensa ad una «alleanza intergenerazionale per tessere insieme relazioni di fraternità che superino le culture dell’indifferenza e dell’apparenza. E recuperare lo spirito di gratuità». E cita papa Francesco: «La Caritas può essere una palestra di vita per far scoprire a tanti giovani il senso del dono, far loro assaporare il gusto buono di ritrovare sé stessi dedicando tempo agli altri».
E mentre gli enti chiedono un rilancio del servizio civile, le istituzioni sembrano più interessate a stimolare l’interesse dei giovani per il mondo militare, sulla base di intese tra Difesa e Istruzione. L’”Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole” ha denunciato l’uso dell’alternanza scuola-lavoro per promuovere stage nelle caserme. «La missione educativa della scuola deve essere coerente in primo luogo con la Costituzione fondata sul ripudio della guerra e sulla risoluzione nonviolenta delle controversie. Queste collaborazioni delle scuole con caserme e imprese militari rischiano di andare in tutt’altra direzione».