lunedì 12 dicembre 2011
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E così Sara, la sedicenne trentina che a tutti i costi voleva portare a termine la gravidanza e far nascere la sua creatura, alla fine non ce l’ha fatta. I suoi genitori, separati da anni ma nuovamente uniti nella richiesta presentata al giudice di costringere la ragazza ad abortire, l’hanno alla fine spuntata. Nessun obbligo da parte del giudice, ovviamente, ma di fronte a tanto clamore Sara ha ceduto e si è lasciata condurre dove volevano loro. Ora il suo bambino non c’è più, l’”oggetto” della contesa è morto, la “colpa” cancellata.“La ragazza ha scelto in autonomia”, fanno sapere da Trento. “Ma dove sta di casa la libertà, se nessuno le ha garantito una concreta possibilità di accogliere il proprio figlio, come peraltro aveva ripetutamente richiesto?”, è il commento della Papa Giovanni XXIII, l’associazione fondata da don Oreste Benzi, firmato dal suo successore Paolo Ramonda. E in effetti è facile immaginare il travaglio interiore di una ragazzina messa alle strette proprio da chi le è più vicino, dalla voce di una madre e di un padre che fin da subito hanno cercato, prima con le buone, poi addirittura rivolgendosi alla magistratura, di convincerla a disfarsi del “figlio della vergogna”. Sara (nome di fantasia) ha sempre reagito facendo conoscere chiaramente la sua intenzione di tenere quel bambino, nato dal suo rapporto con un ragazzo albanese dai trascorsi discutibili, certamente, ma i cui comportamenti non possono ricadere su una vita così piccola da dover essere per forza simbolo stesso dell’Innocenza.“La ragazza andava protetta, insieme a suo figlio, dall’insistente richiesta dei genitori di compiere un atto gravemente lesivo della sua persona, e soppressivo nei confronti del figlio”, insistono dunque alla Giovanni XXIII, sulla base di quanto stabilito proprio dalla Legge 194, quella che regola l’aborto ma contestualmente garantisce anche il diritto alla maternità. Si è fatto ciò che la legge dispone? Si è quindi cercato in tutti i modi possibili di aiutare la ragazza a mettere al mondo la sua creatura, lasciando davvero che l’aborto fosse l’ultimissima spiaggia? Qualcuno le ha spiegato le alternative alla morte del bimbo? Ad esempio la possibilità di farlo nascere per poi immediatamente darlo in adozione, senza nemmeno bisogno di riconoscerlo?Importante è sapere che già un anno fa Sara aveva aspettato un bimbo dal suo ragazzo albanese, ma che i genitori erano riusciti a farle prendere la “pillola del giorno dopo”, provocandole così un aborto immediato e “fai da te”. Memore di quanto avvenuto, questa volta la giovane era stata ben attenta a non palesare il suo stato, proprio per proteggere la gravidanza, ma purtroppo non è servito a nulla. “Non solo non è stato garantito il diritto alla vita del piccolo – continua Ramonda – fragile e innocente bimbetto che gioiosamente nuotava nel grembo materno ed è stato fatto a pezzettini con l’aborto, ma neppure la libertà della ragazza”. Si sono spenti da poco gli echi di “Se non ora quando?”, la manifestazione tutta al femminile (ribattezzata “Se non le donne chi?”) che in varie città d’Italia ha chiesto il rispetto della dignità della donna: ci sarebbe piaciuto sentire una voce che si alzasse per Sara, per la sua dignità, per la libertà che è stata calpestata… La notizia della morte del bimbo è giunta “proprio nel momento in cui il Movimento per la vita italiano stava ricordando solennemente Chiara Lubich, figura nobilissima di Trento, che ha tanto difeso e promosso la vita umana nascente”, fanno sapere anche dal Movimento per la Vita, che naturalmente non può credere alla spontaneità della cosiddetta “decisione” presa dalla ragazza: “Una decisione che contraddice a pochissima distanza di tempo la determinazione di portare a termine la gravidanza nonostante le condizioni avverse”. Condizioni che (a parte l’opposizione irriducibile dei genitori di lasciar vivere il piccolo) lo stesso Movimento per la vita si era offerto di supportare, dando “totale disponibilità a sostenere, anche economicamente, la gestante e suo figlio”.Stessa cosa aveva fatto la diocesi di Trento, che, ribadendo il suo sì incondizionato alla vita, aveva offerto “tutto l’aiuto concreto possibile”. “Speravamo che la notizia dell’aborto avvenuto fosse infondata”, fa sapere il vicepresidente nazionale del MpV Pino Morandini, “avevamo proprio fatto arrivare la nostra disponibilità ad aiutare in ogni modo la giovane donna. Tra i progetti c’era anche l’adozione prenatale per un tot di mesi. Noi vogliamo dare tutto l’aiuto possibile. Siamo in trepidante attesa per capire se c’è ancora tempo per aiutare la ragazza, come abbiamo fatto in tutti i casi di gravidanza difficile”.I genitori di Sara certamente penseranno che il problema è risolto e di aiuto non c’è più necessità alcuna. Ma l’esperienza insegna invece che proprio da adesso Sara avrà tanto bisogno di amore. Come ben sapeva don Benzi, quando affermava che “l’aborto provoca due vittime: una mortalmente, il bambino, l’altra per sempre, la madre”.
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