Qui lo dice e qui lo nega. Berlusconi novello Mussolini? Il suo quasi ventennio come “quel” ventennio? Per Santoro il gioco è facile, lo insegna dal secolo scorso "Blob". Prima le immagini in bianco e nero dell’adunata oceanica dove un Duce in gran spolvero arringa la folla ebbra con la più classica struttura retorica da comizio, l’anafora: «Volete voi… volete voi… volete voi?», con un coro esaltato di «Nooo!» di rimando. Subito dopo piazza San Giovanni con Silvio Berlusconi che propone la stessa anafora: «Volete voi…?». Vicinanza, contaminazione. Prima mostro il mio nemico, poi il dittatore mascelluto: fatto.Comincia così ieri sera “Raiperunanotte”, allestita per i seimila del Paladozza di Bologna, per i telespettatori di 40 reti televisive, 30 radio e 180 piazze, tra cui piazza Navona (e il Pd segnala 30mila contatti su
youdem.tv). Organizzano “Annozero”, Fnsi (il sindacato dei giornalisti) e Usigrai (il sindacato dei giornalisti Rai). Ci sono Marco Travaglio (per ultimo, come per le guest star, affinché venga travolto dall’ovazione più lunga), Gad Lerner, Giovanni Floris, Riccardo Iacona, Sandro Ruotolo, Norma Rangeri, Vauro, Cornacchione e tanti altri. Ma è la serata di Santoro e della sua “lettera” a Napolitano: «Noi non siamo al fascismo», esordisce, dopo aver alluso che invece ci siamo eccome, per lui. «Non siamo al fascismo – proclama solitario al centro del Paladozza – la gente può votare… Ma certe assonanze preoccupano».Santoro ricorda il siciliano Danilo Dolci e la sua prima radio libera italiana: «Lanciava un Sos per le sorti dei terremotati del Belice. La polizia chiuse la sua emittente perché c’era il monopolio. Un altro, anni dopo, non fu chiuso… Ma Dolci non aveva alle spalle né un partito politico né la P2». Vaghe allusioni. Una lettera, un comizio. Pur senza anafore, ma con lo stesso piglio: «La Costituzione afferma che tutti hanno il diritto di esprimere il proprio pensiero. Tutti. Tutti tranne i 50mila abbonati Rai che hanno permesso questa manifestazione? Tutti escluso noi? E le intercettazioni di Trani, escluderle? Nixon dovette dimettersi, per una telefonata…».Finale coreografico: «Accendiamo le nostre luci, affinché "Annozero" ricominci». E i fari del Paladozza magicamente abbagliano Santoro, al centro dell’arena. Toccherà a Travaglio, con le intercettazioni sui talk-show da chiudere; i suggerimenti ai funzionari; cose già lette e sentite, come già avvertito è il brivido d’inquietudine che fanno scorrere lungo la schiena. Tutti in giacca e cravatta, educati; tutti senza contraddittorio, meno educati. Diciamolo: è una megapuntata di “Annozero” con superparterre, un giornalista e un comico (Daniele Luttazzi, accolto da una
standing ovation, che si esibirà col consueto linguaggio da trivio e si spingerà oltre con un «è così che ha cominciato Hitler, attenzione...»), un giornalista e l’orchestra. Con Floris che ringrazia per l’invito, ma puntualizza: «Non sono d’accordo con il parallelo tra Berlusconi e Mussolini». E Santoro: «La retorica con risposta obbligata è la stessa, o no?». C’è spazio anche per rievocare l’editto bulgaro che colpì Santoro, Luttazzi ed Enzo Biagi («Noi siamo gli unici per cui non scatta mai la prescrizione»); anche per Morgan, il cantante escluso da Sanremo. Poi c’è Lerner: «Il tentativo era quello di abituarci. Chiudiamo i talk per un mesetto… Si sopravvive anche senza. Ma la censura crea il suo antidoto. E non facciamo i vittimisti, tanta gente ci ha in simpatia». E in effetti al Paladozza l’aria non era mesta, ma trionfale.