In assenza di "segnali concreti" in grado di segnare un'inversione di tendenza sulla situazione economico finanziaria, la procura di Milano chiederà il fallimento per il San Raffaele al massimo a metà settembre. Secondo quanto riferiscono qualificate fonti finanziarie, è un vero e proprio ultimatum quello lanciato dai magistrati milanesi a Giovanni Maria Flick, neo consigliere di amministrazione della casa di cura fondata da Don Luigi Verzè. La richiesta avanzata dall'ex presidente della Corte Costituzionale di concedere al board altri tre mesi per presentare un concordato preventivo è dunque caduta almeno parzialmente nel vuoto.Non c'è stato nessun accordo, insomma, tra il rappresentate del nuovo cda nominato appena venerdì scorso e i magistrati milanesi. Flick ha chiesto tre mesi di tempo, la Procura è disposta a concederne al massimo metà. Perchè se entro il 15 settembre non arriverà sul tavolo del pm Luigi Orsi un piano di ristrutturazione del debito credibile, il giorno immediatamente successivo il magistrato avanzerà ufficiale istanza di fallimento. Richiesta che in assenza di segnali concreti, sarà fatta anche prima. "Sarebbe possibile chiedere il fallimento anche il 15 di agosto", fanno notare in Procura. Secondo quanto si è potuto apprendere, il primo nodo da sciogliere riguarda una situazione contabile che gli inquirenti definiscono "opacissima". Un bello scoglio se si considera che il requisito numero uno per presentare richiesta di concordato preventivo è avere un quadro sufficientemente chiaro della contabilità. C'è poi un serio problema di liquidità: gli inquirenti milanesi sono convinti che la cassa attualmente disponibile non basti a garantire una sopravvivenza di tre mesi e che - considerato soprattutto l'alto tasso di risorse che ogni mese va bruciato in interessi passivi - sia sufficiente al massimo per poco più di 30 giorni. Infine, fanno notare ancora in Procura, i componenti del nuovo cda che si è insediato venerdì scorso (con la maggioranza dei consiglieri espressione della Santa Sede) sono tutti "giuridicamente precari". Senza una modifica dello Statuto, don Verzè potrebbe revocarli tutti da un momento all'altro. Il che non è certo una garanzia per i magistrati.