La rocca di San Marino - Wikimedia Commons
Diciannove articoli, decine di commi, diciassette pagine. La bozza della prima legge sull’aborto della Repubblica di San Marino – 9 articoli vagliati in luglio dalla Commissione Sanità del Consiglio Grande e Generale – ha ceduto il passo a un ponderoso blocco di regole che si occupano anche di molto altro, con l’effetto di estendere a macchia d’olio le aree critiche.
All’attenzione dell’organo legislativo del Titano, riunito da ieri al 5 settembre, è arrivato infatti il controverso progetto di «Regolamentazione dell’interruzione volontaria di gravidanza» che doveva limitarsi a tradurre in legge l’esito del referendum propositivo con il quale il 26 settembre 2021 il 77% dei cittadini fece cadere il divieto di abortire (peraltro aggirato ricorrendo agli ospedali marchigiani e romagnoli).
Gli elettori diedero il mandato al Consiglio per legiferare dentro il perimetro del quesito («Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la 12esima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia il pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?»), ma ora nel testo trovano di tutto: la previsione di consulti psicologici sull’orientamento di genere e l’accesso delle minorenni alla "contraccezione d’emergenza" (articolo 2), l’educazione sessuale nelle scuole (con «lo Stato» che «promuove» tra l’altro «l’idea di una sessualità da vivere (...) anche senza scopo procreativo», articolo 3), l’accesso agevolato ai «contraccettivi post-coitali» (articolo 13), la punibilità del «professionista» che «fornisce informazioni false per dissuadere la donna dal richiedere l’Ivg» (articolo 15; ma chi stabilisce che sono «false»?). A premessa di tutto, l’articolo 1 che precisa come le nuove regole nascano nel «confermare la vocazione laica della Repubblica», affermazione enigmatica dato che nessuno la mette in discussione. Tanto meno l’Associazione «Uno di noi», che dall’opposizione al referendum è passata a una critica della legge contestandone l’eccesso normativo e tutti le ombre. Oltre a quelle citate, si contesta anche il modo sbrigativo e generico – tra i compiti del neo-istituito consultorio – in cui si prevede di informare la gestante sulle «strutture associative riconosciute operanti nel territorio che possono dare sostegno alle madri» (articolo 4, comma 5), una previsione insufficiente a credere che l’aborto possa essere davvero considerato solo una «extrema ratio» (comma 11).
E se il testo riconosce all’articolo 1 che «la Repubblica di San Marino tutela la vita umana dal suo inizio», al 5 si smentisce affermando che «la donna maggiorenne può richiedere l’Ivg entro la fine della dodicesima settimana di gestazione senza obbligo di fornire alcuna motivazione». Per «Uno di noi» il testo va ancora ampiamente rivisto per farlo tornare nell’alveo referendario anzitutto rafforzando la sinora debolissima parte sulle alternative. Non si può disattendere la Legge fondamentale della Repubblica, là dove prevede che «ogni madre ha diritto all’assistenza e alla protezione della comunità».
Invece nella bozza in discussione, rileva «Uno di noi», sembra che «le donne incinte non devono incontrare le associazioni che danno sostegno alle madri». «Che si voglia nascondere la realtà per indurre le donne ad abortire senza porsi delle domande e senza comprendere la portata dell’atto – commenta l’associazione – è davvero inaccettabile».
Parole contenute nella documentata analisi del progetto di legge che «Uno di noi» ha diffuso e della quale il vescovo di San Marino-Montefeltro Andrea Turazzi – già intervenuto in luglio con una preoccupata lettera alla diocesi – ha raccomandato ai parroci la diffusione.