Matteo Salvini (Ansa)
Matteo Salvini va all’attacco dei giudici le cui sentenze e ordinanze stanno picconando la politica del governo in materia di sicurezza: «Mi chiedo se certe iniziative pubbliche e alcune evidenti prese di posizione di certi magistrati siano compatibili con un’equa amministrazione della giustizia», dice dopo aver fatto annunciare al Viminale il ricorso contro i provvedimenti e diffondere la “lista” dei magistrati che hanno firmato le sentenze. «Getta discredito sull’intera funzione giudiziaria», replica l’Anm che chiede al Csm di tutelare i colleghi mentre l’Arci parla esplicitamente di «dossieraggio» da parte del ministro.
L’intervento del titolare del Viminale arriva dopo la decisione del Tar della Toscana di accogliere il ricorso dell’Aduc contro le “zone rosse” istituite a Firenze dal prefetto e vietate a determinati soggetti: c’è, dicono i giudici amministrativi, una «irragionevole automaticità» tra la «denuncia per determinati reati e l’essere responsabile di “comportamenti incompatibili con la vocazione e la destinazione” di determinate aree». Una sentenza, la terza in poco più di due mesi, che fa seguito a quelle di altri due giudici di Bologna e Firenze, contrarie al Viminale, sull’iscrizione nel registro anagrafico di cittadini stranieri, altra misura-bandiera contenuta nel decreto sicurezza.
«Non intendiamo controllare nessuno né creare problemi alla magistratura in un momento così delicato come quello che sta vivendo il Csm», dice ancora Salvini, che però non arretra. «Abbiamo bisogno di una magistratura forte libera e indipendente – ribadisce – ma contesto che se un giudice fa un dibattito a favore dell’immigrazione e poi il giorno dopo emette una sentenza su un immigrato, allora non fai il giudice e ti candidi alle elezioni, vai in Parlamento e cambi le leggi».
Dal Viminale fanno dunque sapere che il ministero impugnerà la sentenza e sta ragionando sulla possibilità di rivolgersi all’Avvocatura dello Stato per valutare se i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi «per posizioni in contrasto con le politiche del governo».
Posizioni, e nomi, che il Viminale elenca. Tre sono i giudici chiamati in causa, tutte donne: la presidente della seconda sezione del Tar della Toscana, Rosaria Trizzino, la presidente della prima sezione del tribunale civile di Bologna, Matilde Betti e il magistrato del tribunale di Firenze, Luciana Breggia. La prima ha bocciato le zone rosse, la seconda e la terza invece sono i giudici che prima a Bologna e poi a Firenze non hanno accolto il ricorso del ministero contro la decisione che disponeva l’iscrizione nel registro anagrafico di due cittadini stranieri.