Non è lo strumento preferito dal governo, anzi sul salario minimo Giorgia Meloni continua ad avere «molti dubbi». Tuttavia, ed è questa la notizia, la possibilità di un dialogo con le opposizioni, specie quelle più «garbate», non è esclusa. La presidente del Consiglio lo ha fatto capire chiaramente in un'intervista rilasciata alla radio questa mattina, rompendo gli indugi su quella che è ormai diventata la battaglia più identitaria dell'ex campo largo. La strategia l'ha indicata il presidente della commissione Lavoro a Montecitorio, Walter Rizzetto: «Non votare nessun emendamento ed arrivare in Aula senza relatore per poi approvare una sospensiva alla proposta per approfondire ancora il dibattito». L'indicazione, come trapela da fonti parlamentari, è un rinvio della discussione alla data del 25 settembre ma nel frattempo la pdl arriverà comunque in Aula giovedì e si vedrà se la proposta della premier ha convinto le opposizioni.
In ogni caso per il capo dell'esecutivo la misura resta «un bel titolo», che «funziona molto bene come slogan, ma nella sua applicazione rischia di creare dei problemi» e la strada maestra è ancora quella della contrattazione collettiva, che deve essere «rafforzata». Ciononostante c'è spazio sufficiente «per aprire a un confronto con l'opposizione», perché «nessuno più di me - ha continuato Meloni - si rende conto di quanto il problema sui salari c'è», non a caso «ci abbiamo lavorato». Per quanto riguarda invece le accuse di voler rinviare la discussione, le cose sono molto più semplici di come qualcuno voglia farle apparire: «Hanno chiesto un confronto e per confrontarsi serve tempo ma poi si sa: come si fa si sbaglia». Ad ogni modo, ha continuato ancora la premier, rivolgendosi principalmente al Terzo polo, «il tema mi interessa. Ho letto gli appelli di Calenda, c'è una opposizione che si pone in modo responsabile, serio, garbato, non pregiudiziale. È giusto dare un segale, indipendentemente dal fatto che poi troveremo una soluzione al problema».
L'apertura è piaciuta al fondatore di Azione, che senza troppi giri di parole ha messo in chiaro che «se la destra presenta un buon provvedimento, noi lo voteremo». Più scettici i dem, che con la segretaria Elly Schlein hanno posto come condizione indispensabile per qualunque possibilità di confronto il ritiro dell'emendamento soppressivo, senza contare che la definizione data dalla premier della proposta non è affatto piaciuta alla leader del Pd: «Faccio fatica a capire come si possa definire slogan la condizione dei lavoratori poveri anche se lavorano. È una emergenza di questo paese su cui più volte abbiamo discusso in questi mesi perché sono state bocciate tutte le risoluzioni e odg di novembre di tutte le opposizioni - ha detto la giovane leader -. Abbiamo avuto una discussione lunga circa 4 mesi, ricca di audizioni e approfondimenti, quindi hanno avuto tutto il tempo di pensare e lavorare, noi ribadiamo che siamo disponibili al confronto e abbiamo chiesto il ritiro dell'emendamento soppressivo che è stato presentato sul testo unitario delle opposizioni».
«Se c'è una proposta concreta di confronto - ha commentato invece il presidente Grillino, Giuseppe Conte - lo possiamo accettare, altrimenti non accettiamo rinvii, bluff e meline. Siamo rimasti a chi dice che il salario minimo é una misura ideologica, sovietica, una forma di assistenzialismo, uno specchietto per le allodole». Se «la maggioranza è disposta a rimangiarsi la cancellazione è un primo passo - ha continuato -, ma non abbastanza, soprattutto se accompagnato dalla volontà dilatoria di questa maggioranza».
Sul tema è intervenuto anche il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, da sempre piuttosto critico con l'ipotesi di introdurre una soglia minima: «Siamo favorevoli ad una buona legge che valorizzi ed estenda i contenuti dei contratti più diffusi e applicati nei settori. Bisogna rafforzare la contrattazione collettiva, che non può essere soffocata o indebolita da eccessivi interventi legislativi - ha messo in chiaro -. Su un tema così importante e delicato è sbagliato alimentare contrapposizioni, il muro contro muro non serve a nessuno, è dannoso. Si avvii un confronto attraverso la collaborazione ricercando una soluzione finalizzata a migliorare le relazioni sindacali e a valorizzare la contrattazione collettiva. Oggi l'imperativo è rinnovare tutti i contratti, pubblici e privati, e far applicare i contratti prevalenti in azienda». In ogni caso e a prescindere dal tipo di strumento che verrà adottato, ha concluso Sbarra, è ormai indispensabile «aumentare i salari falcidiati dall'inflazione».