martedì 6 ottobre 2009
L’alveo dei torrenti utilizzato come discarica o parcheggio abusivo: l’allarme della Protezione civile alla Procura lanciato un anno fa.
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Il “Verminaio” non è ancora stato disinfestato. Il coagulo di massoneria, mafia siciliana, ’ndrangheta calabrese, borghesia politica, magistratura deviata è ancora lì. Ed è dentro a questa supercupola che il procuratore Guido Lo Forte sta guardando. Perché nel rimpallo di responsabilità non ci si può fidare di nessuno. Ieri i tecnici che la procura ha incaricato di svolgere i rilievi hanno compiuto un primo sopralluogo. Trovando conferme di quanto già si sapeva.I magistrati integreranno nell’attuale inchiesta quella avviata nel 2007, all’indomani dell’alluvione che colpì le stesse zone. Nel mirino ci sono anche svariati milioni di euro che non si capisce se siano stati spesi e come. Nel sacco di Messina sono coinvolti in troppi. È il caso dell’inchiesta “Oro grigio”: 64 indagati tra politici, imprenditori, amministratori, tecnici e professionisti. Uno dei filoni dell’indagine ha messo alle corde l’ex segretario dell’Udc messinese Michele Caudo, condannato in primo grado nel marzo scorso a tre anni per rivelazione di segreto d’ufficio. Uno scandalo che coinvolge anche politici, urbanisti, funzionari comunali, mafiosi, un magistrato e perfino alcune cooperative rosse. Caudo venne accusato di essere l’autore di una “soffiata” al capo-settore Urbanistica del Comune. Gli avrebbe detto che ogni sua conversazione telefonica veniva ascoltata. L’inchiesta, partita nel 2007, ha coinvolto anche Umberto Bonanno (Forza Italia) allora presidente del consiglio comunale, e soprattutto Giuseppe Siciliano, procuratore aggiunto accusato di concussione e tentata concussione. Un collaboratore di giustizia oltre Bonanno inguaiò anche un noto avvocato e un paio di funzionari dell’ufficio Politica del territorio del Comune. Le dichiarazioni del collaborante hanno permesso di scoprire una serie di colossali speculazioni edilizie, quasi sempre in zone collinari, come quella sul torrente Trapani, proprio uno di quelli esondati venerdì notte.Sono questi i protagonisti di quel “clientelismo criminale” di cui ha parlato ieri il presidente della Regione, Raffaele Lombardo. Un contesto descritto in un’allarmante relazione della Protezione civile siciliana, consegnata alla procura della Repubblica di Messina nell’ottobre del 2008. Gli autori davano per imminente il disastro dei giorni scorsi. «Situazioni di rischio idraulico e idrogeologico elevato – questa la fotografia del territorio – connesse a interventi eseguiti, si ritiene, anche in violazione delle vigenti norme al testo unico sulle acque e sulle opere idrauliche ed alla normativa edilizia e urbanistica». La relazione era stata redatta d’intesa dalla Protezione civile, dal Comune e dall’Università di Messina, allo scopo di definire un Piano comunale di prevenzione. Il testo elenca tutti gli eventi alluvionali degli ultimi 13 anni. «Il dilagare del processo di urbanizzazione ha reso sempre più critiche le condizioni di vivibilità delle aree più vulnerabili del territorio». Colpevoli sono la «disordinata crescita urbana, la cementificazione dei corsi d’acqua e dei versanti¨, attività che hanno «tessuto una trama territoriale estremamente fragile e degradata». Non a caso nei giorni scorsi il direttore della Protezione civile isolana, Salvatore Cocina, aveva parlato di «situazione terrificante». Gli alvei torrentizi «vengono frequentemente utilizzati come viabilità – denunciava il rapporto di un anno fa – come luoghi di discarica, per occupazioni o costruzioni abusive, come parcheggio o altro». Un paesaggio frutto di un diffuso dissesto, che evidenzia «l’esistenza di elementi di criticità che vanno assolutamente attenzionati al fine di adottare gli interventi strutturali e non strutturali utili ai fini della salvaguardia della popolazione». Come sia andata a finire, è a tutti noto.
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