domenica 6 novembre 2022
Il ministro dei Rapporti con il Parlamento: «Fino a ieri siamo stati dall’altra parte, ora ci attende un compito enorme. La decretazione d’urgenza va limitata»
Il ministro Luca Ciriani (Fdi)

Il ministro Luca Ciriani (Fdi) - Ansa

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«Finita la sessione di bilancio, con l’inizio del prossimo anno rilancerò insieme ai capigruppo di maggioranza, la proposta di istituire una Commissione Bicamerale per le riforme». Lo annuncia Luca Ciriani, «spero che l’opposizione vinca i pregiudizi e accetti il confronto», aggiunge. Dalla riconferma a capogruppo allo spostamento al governo, come ministro dei Rapporti con il Parlamento, è stato un attimo. Una “promozione”, quasi “a sua insaputa”, a giudicare dalle sue parole: «La promozione c’era già, per me, nel passaggio da 18 a 66 senatori per il nostro gruppo. Giorgia è stata brava a tenere nascoste a tutti le sue vere intenzioni. Come un giorno mi disse “tu sarai il capogruppo”, così un po’ a sorpresa mi ha comunicato questa sua intenzione. Ma ho accettato volentieri, anche perché è un compitoche valorizza il lavoro che portato avanti nella scorsa legislatura».

Questo inizio del governo sembra ricalcare il vecchio tema dell’eccesso della decretazione d’urgenza. Peraltro su temi la cui “necessità ed urgenza” è molto dubbia...
Dovrebbe essere l’eccezione, non la regola, come abbiamo detto tante volte dall’opposizione. Tuttavia in questo caso l’urgenza era data, sull’ergastolo ostativo, dall’esigenza di intervenire prima della Corte Costituzionale, che è chiamata a pronunciarsi nei prossimi giorni.

Poi però, come spesso accade, entra anche altro. Ad esempio la norma sui rave che, come il caso di Modena insegna, possono essere perseguiti efficacemente già con l’attuale legislazione.
Anche noi abbiamo criticato in passato le normative “matrioska” con un intervento che ne include altri. Tuttavia, in questo caso, andando incontro a una sessione di Bilancio assorbente che avrebbe impedito per due mesi ogni altro provvedimento c’era per noi l’esigenza di lanciare subito dei segnali chiari su un cambio di passo in materia di sicurezza.

Fa discutere anche la linea dura adottata sull’immigrazione.
Noi siamo favorevoli a un’immigrazione regolata. Un’immigrazione, invece, incontrollata, oltre ad essere impossibile da gestire, rappresenta la porta d’ingresso allo sfruttamento, all’emarginazione e spesso anche al reclutamento di manovalanza criminale. Riteniamo che l’accoglienza vada accordata solo a chi è in regola con le leggi, di modo da potersi costruire in Italia un futuro.

Ma c’è anche una questione umanitaria, che come uomini, in special modo se ci si definisce cristiani, non può lasciare insensibili...
Questa questione non può essere scaricata tutta sulle spalle dell’Italia. Le navi che battono bandiere straniere non possono usarci come terminale delle loro operazioni, senza che i Paesi di riferimento se ne facciano carico. Non possiamo accettarlo.

Come vede il suo compito di raccordo con il Parlamento in una fase politica del tutto nuova che sia apre?
Sarà un compito enorme, quasi impossibile. Sappiamo bene, e non lo dimentichiamo ora che siamo passati dall’altra parte, quanto sia importante curare il corretto rapporto fra maggioranza e opposizione nei lavori parlamentari. E tuttavia sappiamo anche quanto sia complicato nella situazione attuale, burocratica e istituzionale, tenere fede ai tempi. Si pensi solo agli adempimenti della prossima settimana, il Nadef (la Nota di aggiornamento al Def), il cosiddetto emendamento “trivelle”, la conversione del decreto “Aiuti-ter”, ultimo atto del governo Draghi. Ci attendono 50 giorni molto pesanti. Possiamo solo auspicare che, come abbiamo fatto noi, nei nostri confronti si manifesti un’opposizione intransigente, ma che non si metta di traverso in modo pregiudiziale e irresponsabile.

Con che prospettiva si può guardare a questa sessione di Bilancio dopo la presa di contatto di Giorgia Meloni a Bruxelles?
Le prospettive sono buone. Mi pare che anche dalle impressioni tratte da Tajani, non ci sia nessun cordone sanitario in Europa intorno all’Italia.

E nella maggioranza, dopo le forti tensioni della vigilia, è davvero tornato il sereno?
Abbiamo fatto solo tre riunioni del governo, ma possiamo dire finora senz’altro il clima è di grande condivisione. Non solo tutte le decisioni sono state approvate all’unanimità, ma neppure ci sono queste contrapposizioni striscianti, come quella Nordio-Salvini (garantismo contro sicurezza) di cui parlano alcuni retroscena non realistici. D’altronde era da 11 anni che stavamo lavorando per poter dar vita a un governo politico di centrodestra, e ora che il momento è arrivato e abbiamo una tremenda responsabilità se qualcuno pensasse di giocare sarebbe punito dall’opinione pubblica. Gli elettori non ce lo perdonerebbero, ne siamo tutti consapevoli.

Molti sono stati colpiti dall’ordinato passaggio di consegne fra l’ex premier e l’ex leader dell’opposizione. La gestione Draghi regala ancora dei dati incoraggianti sulla crescita del terzo trimestre.
Siamo stati definiti come “sfascisti” poi qualcuno addirittura ci ha dipinto coma “draghiani”. Non è vera né l’una né l’altra cosa. C’è stata una vittoria epocale, siamo partiti bene, e le sciagure annunciate da un’opposizione al momento inconsistente si stanno rivelando prive di fondamento.

Un’opposizione più che altro divisa, come già in campagna elettorale, il che - fra l’altro - vi ha avvantaggiato. Anche sulle riforme ci sono atteggiamenti diversi. Voi andrete avanti comunque, anche con la sola maggioranza assoluta, sfidando la sorte con il referendum confermativo che si renderebbe necessario, o puntate a ottenere i due terzi in Parlamento, che consentirebbero di evitarlo?
Le riforme sono una grande questione che non vogliamo affrontare da soli. La soluzione per noi è una Bicamerale che sia varata con ampio consenso e che si dia un obiettivo preciso da portare a termine in tempi ragionevoli e definiti.

Dall’opposizione ci sono aperture all’idea di intervenire con un rafforzamento del potere esecutivo.
Non abbiamo un modello precostituito, guardiamo con interesse al semipresidenzialismo alla francese, ma pensiamo che si possa arrivare a ricercare insieme un modello che, a livello “sartoriale”, si adatti meglio alle istituzioni e alla tradizione italiana. Dovremmo essere tutti consapevoli che un ammodernamento delle nostre istituzioni è necessario e urgente, mi auguro che le opposizioni non si chiudano, sarebbe un peccato.

Se invece si andasse su una proposta di modifica dei poteri del capo dello Stato non si rischierebbe di creare un problema nei rapporti istituzionali con un capo dello Stato eletto da appena un anno e mezzo, con il concorso peraltro di due partiti della maggioranza?
Non c’è nessuna intenzione, da parte nostra, di creare un problema con Mattarella. Non ci ha mai nemmeno sfiorato l’idea, nell’aprire una discussione sul funzionamento delle nostre istituzioni, da rendere più efficienti e vicine ai cittadini, di dar vita a un progetto contro qualcuno, men che meno contro il presidente della Repubblica.

Infine, con la sua nomina a ministro e di molti altri senatori della maggioranza, è stato affacciato anche il tema la tenuta nei numeri della maggioranza al Senato. Il problema esiste davvero?
In tutto sono 19 i senatori entrati nella compagine di governo, fra ministri, viceministri e sottosegretari. Nei numeri la maggioranza, in astratto, non verrebbe meno anche con la nostra assenza, tranne che per le votazioni che richiedono una maggioranza qualificata. Ma siamo stati chiari con tutti. Alle votazioni dobbiamo essere tutti presenti e saremo messi in condizione di esserci. Il Parlamento è una cosa seria, e non lo dimentico certo ora che sono diventato ministro.

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