«I fatti storici a carico del premier sono dimostrati» e le accuse per concussione e prostituzione minorile sono «fondate». Trenta pagine bastano al gip Cristina Di Censo per avviare un processo che, secondo le previsioni, potrebbe chiudersi entro trecento giorni. A partire dal 6 aprile, quando in un aula di giustizia suonerà la campanella del corpo a corpo finale. «Siamo a Milano e quindi ci aspettiamo di tutto e di più», reagisce l’avvocato Niccolò Ghedini preannunciando fin dai toni il tenore della battaglia. Contro Silvio Berlusconi non ci saranno solo i pm Ilda Boccassini, Pietro Forno e Antonio Sangermano. Il gip ha individuato quali parti lese il Ministero dell’Interno, tre funzionari della questura di Milano e Karima 'Ruby' el Marough, la marocchina secondo l’accusa 'vittima', perché minorenne all’epoca dei fatti, degli «atti sessuali» compiuti dal Cavaliere dietro laute ricompense. E la sorte ha voluto che per una storia di donne la corte fosse interamente composte da 'toghe rosa'. Gli elementi raccolti non significano – chiarisce però il gip Di Censo nel suo decreto di rinvio a giudizio – che sia provata la responsabilità del capo del governo, ma che ci sono elementi di prova meritevoli di essere valutati da una corte per pronunciare un verdetto di colpevolezza o di assoluzione. In sostanza, vi è l’«evidenza della prova», abbastanza perché una giuria possa valutare in processo ogni posizione. Il gip, inoltre, con la decisione di concedere il processo immediato ha implicitamente ritenuto che la competenza sia del Tribunale di Milano e non di quello di Monza (nella cui giurisdizione ricade Arcore) né quello dei Ministri (poiché i reati ascritti al premier sarebbero stati commessi da comune cittadino e non da capo dell’esecutivo). La difesa del capo del governo ha due settimane di tempo per presentare un’istanza di rito alternativo. Le strade non sono molte: patteggiamento, con sostanziale ammissione di colpa e sconto della pena); oppure rito abbreviato, che comporta la riduzione di un terzo della condanna, si svolge a porte chiuse ma esclusivamente sulla base delle prove acquisite fino ad ora, prove che però depongono a sfavore di Silvio Berlusconi, tanto che i legali del Cavaliere escludono quest’ultima ipotesi. La difesa di Berlusconi potrà inoltre presentare le sue istanze sulla competenza funzionale e territoriale davanti ai giudici del dibattimento. C’è poi un’altra possibilità, rinviare attraverso la Camera (ma nell’ufficio di presidenza Berlusconi è in minoranza) l’intera questione alla Consulta.In questo caso, però, il processo andrebbe comunque avanti fino alla sentenza. Dal ministero dell’Interno nessuna voce si leva sull’eventuale costituzione di parte civile del Viminale nel processo che vede il premier Silvio Berlusconi. «Avevamo ragione noi, meno male». Davanti alla macchinetta del caffè gli agenti delle volanti battono il cinque, quasi brindano, pensando al sospiro di sollievo dei tre funzionari (anch’essi parti lese) Pietro Ostuni, Giorgia Iafrate e Ivo Morelli, finiti sulla graticola per aver fatto seguito alle sollecitazioni del premier che, secondo l’accusa, per coprire il giro di prostituzione chiese di rilasciare Ruby. Ora Silvio Berlusconi sembra ancora più solo. Messo all’angolo perfino dalla fidata Nicole Minetti. «Si difenda nel processo, non dal processo », gli ha consigliato l’avvocato del consigliere regionale Pdl, Daria Pesce. Parole che, pronunciate a 'l’Infedele', salotto simbolo della distanza che oggi c’è tra Silvio e Nicole, sanno di 'messaggio'. L’avvocato Pesce è stata ospite di Gad Lerner, trasmissione che il Cavaliere definì «postribolo televisivo» da cui stare alla larga. Come dire: se il premier perseverasse nell’assentarsi ai processi, dove potrebbe scagionare Minetti, lei potrebbe sentirsi costretta a raccontare per intero scomode verità.IL COLLEGIO DI DONNE CHE GIUDICHERA' IL CAVALIEREI benevoli le chiameranno "toghe rosa", gli altri, più prevedibilmente, "toghe rosse". Carmen D’Elia, Orsola De Cristofaro e Giulia Turri dovranno stabilire se il premier è colpevole di concussione e prostituzione minorile. A presiedere il collegio sarà
Giulia Turri, la più "anziana" professionalmente parlando, già gip del processo "Vallettopoli" che ha visto Fabrizio Corona condannato a tre anni e otto mesi per estorsione e tentata estorsione, e poi giudice dell’inchiesta che ha portato alla chiusura di alcuni locali vip di Milano per il consumo di droga. Tutti in passato ha già incontrato l’ambiente berlusconiano. Fu lei a rinviare a giudizio il manager Massimo Maria Berruti nell’ambito di uno stralcio Mediaset, poi assolto.
Carmen D’Elia è in magistratura dal 1991 ed è stata uno dei giudici a latere di Luisa Ponti nel processo Sme che andò a sentenza, con una condanna a cinque anni per Cesare Previti. D’Elia è stata anche giudice a latere (insieme alla collega Orsola De Cristofaro) nel processo contro Pier Paolo Brega Massone, l’ex primario della clinica Santa Rita condannato in primo grado a 15 anni e mezzo di reclusione. Infine
Orsola De Cristofaro. Nella sua carriera ha ricoperto sia il ruolo di pubblico ministero sia quello di gip.