venerdì 29 luglio 2011
In Umbria le associazioni contestano la decisione della giunta regionale. Che diventa caso politico. Appello al neo assessore alla Sanità, il pd Franco Tomassoni, perché rifiuti di dare seguito alle linee guida della discordia, che contrastano con i pareri del Consiglio superiore di sanità e dell’Aifa.
- Un tragico inganno di Assuntina Morresi
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Si sta valutando la strada di un ricorso contro le linee guida per l’interruzione volontaria della gravidanza con la pillola Ru486 in regime di day hospital, adottate nei giorni scorsi dalla giunta regionale dell’Umbria. Iniziative contro la discussa decisione del governo regionale sono state ventilate ieri da Simone Pillon (Forum delle associazioni familiari dell’Umbria), Assuntina Morresi (Scienza&Vita Perugia), Francesca Barone (Consultorio familiare La dimora e Centro di bioetica Fileremo), e Vincenzo Silvestrelli (Movimento per la Vita). Le linee guida si sono fatte attendere a lungo – la pillola abortiva è adottabile negli ospedali italiani dal 1° aprile 2010 – per problemi interni alla giunta che, insediatasi il 3 maggio dell’anno scorso, dopo 5 mesi aveva perso l’assessore alla sanità Vincenzo Riommi dimessosi a causa di una indagine della magistratura sulla Asl 3 Foligno-Spoleto. Il suo primo atto da assessore, il 21 maggio, era stata proprio la costituzione del comitato tecnico-scientifico per la definizione delle linee guida sulla Ru486. Ma prima ancora di riceverne formalmente il testo, consegnato in assessorato il 23 luglio 2010, Riommi aveva dichiarato non vincolanti le indicazioni del Ministero indicando nel day hospital la procedura adatta, tra le proteste dell’opposizione e dell’associazionismo che ieri ha ribadito la contrarietà a una scelta che «apre la strada all’aborto a domicilio» e «non tutela la salute della donna». In una regione che «ha uno dei tassi di natalità più bassi d’Italia» la Giunta, ha aggiunto Silvestrelli, «invece di incentivare le nascite, promuove politiche per sostenere l’aborto» contrapponendosi «alle osservazioni del Consiglio superiore della sanità e dell’Aifa», ha osservato Morresi chiedendo di poterne conoscere le ragioni scientifiche. La delibera della giunta, sostenuta da una maggioranza che si è spaccata sul punto, prevede «una fase di sperimentazione della durata non superiore a 12 mesi». «Faremo in modo di monitorare continuamente quante donne chiederanno l’aborto chimico, come e con quali esiti» ha detto Pillon. Tutta la questione ora passa in mano al neo assessore regionale alla Sanità, il pd Franco Tomassoni: una patata tanto bollente da suscitare fibrillazioni nel suo stesso partito. Il presidente del Forum, Pillon, gli ha inviato una lunga lettera nella quale, facendo appello alla sua esplicita appartenenza cattolica, gli propone «uno scatto di sana coerenza alla sua vocazione al servizio del bene comune» rifiutando «di dare esecuzione al provvedimento in parola». Fanno appello alla «trascorsa sensibilità» di Tomassoni, che auspicano «non sopita», anche i suoi compagni di partito, i consiglieri pd di area Margherita, Andrea Smacchi e Luca Barberini, mentre nel resto della maggioranza le democratiche umbre, con la portavoce Anna Ascani, esultano ritenendo la pillola abortiva «rispettosa dell’integrità fisica e psichica della donna». Per l’opposizione la scelta della giunta esprime «miopia ideologica» (Franco Zaffini, Costituente popolare) e «segna la sconfitta di tante battaglie femministe» (Sandra Monacelli, Udc). I consiglieri regionali del Pdl, Maria Rosi e Alfredo De Sio definiscono «ridicolo» un ricovero «pari a sole tre ore» nei complessivi 14 giorni nei quali la donna che abortisca con la Ru486 è presa in carico dalla struttura sanitaria.
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