Il Camping River qualche settimana fa (per concessione di Stefano Costa)
Uno striscione di qualche metro taglia a metà via dei Fori Imperiali. Sopra un appello al rispetto della dignità del popolo rom: «Virginia Raggi lascia in pace le nostre famiglie. Non si dividono padri e madri dai figli». Questa infatti la soluzione proposta durante i due sgomberi, ieri mattina e due giorni fa, rispettivamente per cinque e otto container, nel campo rom del Camping River, alle porte della Capitale: donne e bambini in case di accoglienza e gli uomini per strada. E su questo «abuso di Stato», come lo definiscono i rom, è scattata la manifestazione ieri mattina proprio sotto il Campidoglio per chiedere di essere ascoltati, di ripristinare acqua ed elettricità nel campo, di prevedere – come stabilito dalla delibera n. 70 del 14 aprile 2018 della stessa giunta Raggi – i piani individuali di integrazione per le famiglie che ci vivono.
«Ci hanno cacciato dai container – racconta Mladin Hamidovich, padre di dieci figli – hanno buttato le nostre cose a terra iniziando a rompere i vetri, i water e i mobili». Alcuni video, girati di nascosto, confermano le sue parole. E anche quelle di Zarco Azovich: «Hanno bloccato con le macchine l’ingresso del campo – dice – ci hanno detto di non fare resistenza e di non usare i bambini come scudi, altrimenti ce li avrebbero fatti togliere». La Polizia municipale, tuttavia, sostiene che tutto si è svolto regolarmente, che i moduli «sono ritornati in possesso di Roma Capitale» e che «tutti gli occupanti hanno rifiutato l’assistenza alloggiativa». Le stesse famiglie, però, nei giorni scorsi avevano diffidato per iscritto il direttore dell’Ufficio Rom, Sinti e Caminanti di Roma Capitale, Michela Micheli, e la Polizia municipale dall’iniziare gli sgomberi.
La chiusura del campo infatti non è possibile proprio perché la proprietà del terreno è di un privato che adesso, tramite avvocato, risponde punto su punto alle accuse arrivate dal Campidoglio chiedendo di esser ricevuto entro il 30 giugno.
«Le istituzioni romane non rispettano quanto deliberato da loro stesse – ribadisce Marcello Anzuini, il legale rappresentante dell’Associazione nazione rom (Anr) –. Siamo di fronte ad una totale assenza e non rispetto della legge. Abusi che verranno denunciati alla Procura della Repubblica». Eppure, continua, «i rom hanno firmato un protocollo di responsabilità sociale inviato al Campidoglio», per lavorare insieme al superamento dei campi.
È per questo che anche dalla Comunità di Sant’Egidio è arrivato un appello al sindaco Virginia Raggi per mettere fine allo sgombero di Camping River dove, comunque, «la scolarizzazione dei bambini aveva funzionato tutto l’anno». Distruggere i container, «peraltro procurati a suo tempo dallo stesso Campidoglio, davanti agli occhi dei numerosi bambini – ricorda la comunità trasteverina – è un’azione miope che crea solo una nuova e immediata emergenza». Poi non si può dire che i rom abbiano rifiutato il progetto del Campidoglio, spiega il consigliere della Regione Lazio Paolo Ciani, ma «quando gli si è proposto di affittare un appartamento a libero mercato, senza garanzia del Comune, hanno visto la irrealizzabilità della cosa». Se infatti solo due famiglie, con garanzie di privati, hanno potuto usufruire del piano «vuol dire che era fatto male. Non si può produrre la separazione delle famiglie – aggiunge, colpito della distruzione dei beni pubblici – ci siamo scandalizzati di Trump, poi facciamo peggio». Il Campidoglio, conclude Ciani, «riprenda in considerazione di farsi da garante presso i privati, visto che mette i soldi, altrimenti il rapporto diretto tra rom e chi affitta non funzionerà».
Per questo, nella precedente consiliatura, l’assessora comunale alle politiche Sociali Francesca Danese aveva predisposto una delibera in cui «si prevedeva la rappresentanza dei rom al tavolo che li riguardava e dei municipi». Sottolinea oggi l’ex assessora: «Non si può decidere della vita delle persone senza di loro». In più aveva esteso il buono casa, con il Comune garante per la locazione delle famiglie indigenti, anche ai rom. Molto è da cambiare, spiega Danese, anche nella divisione dei capitoli di spesa tra i vari dipartimenti in Campidoglio per snellire il percorso – «la gestione delle fogne fa capo stranamente alle Politiche Sociali», dice – ma «certo questo clima di odio non aiuta l’integrazione».