mercoledì 10 giugno 2015
È la prima sentenza del genere in Europa. Il Tribunale civile di Roma condanna il Campidoglio per un campo rom, quello della Barbuta a Ciampino, uno dei "villaggi della solidarietà", allestito nel 2012.
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Che i “campi nomadi” siano luoghi che ghettizzano, emarginano e violano i diritti umani non lo dicono più solo le associazioni di volontariato. A metterlo nero su bianco, ora, è il Tribunale civile di Roma in una ordinanza che, per la prima volta in Europa, riconosce il carattere discriminatorio di uno dei “villaggi della solidarietà” allestiti dal Comune di Roma, quello della Barbuta. Condannandolo allo stesso tempo alla «cessazione» delle assegnazioni delle case-container, e alla «rimozione dei relativi effetti». Un precedente giuridico importante, che mette al bando qualsiasi nuova costruzione analoga, a Roma e in Italia. «Una sentenza storica», plaude l’Associazione 21 luglio. «Sia il primo passo per porre fine alla segregazione abitativa dei rom», afferma Amnesty International.L’ordinanza, presentata al Senato dalle associazioni promotrici e dal presidente della commissione Diritti umani, Luigi Manconi, conclude un lungo percorso. Il campo viene allestito dal Comune a Ciampino, fuori dal Raccordo, grazie ai poteri dell’“Emergenza nomadi” dichiarata da Berlusconi nel 2008. Nel 2011 una sentenza dichiara illegittimo lo stato di emergenza, ma il Comune va avanti e completa nel 2012 la struttura, assegnando le unità abitative. Nel 2013 conterrà 580 tra rom macedoni e bosniaci. Il supermercato più vicino dista 3 chilometri. Solo nel 2013 il Comune spende per gestire il campo un milione e 717mila euro, oltre 14.800 euro l’anno per famiglia.Già ad aprile 2012 l’Associazione 21 luglio e l’Asgi (Associazione studi giuridici sull’Immigrazione) denunciano il Campidoglio col sostegno dell’Open Society Foundation e il supporto di Amnesty International e del Centro europeo per i diritti dei Rom. Ad agosto il Tribunale ritiene «verosimile il carattere discriminatorio» e ordina la sospensione delle assegnazioni di alloggi. A settembre però accoglie il reclamo del Comune e annulla la sospensiva, consentendo il trasferimento dei rom sgomberati. Il 30 maggio di quest’anno, infine, l’ordinanza in primo grado. Il giudice Carmen Bifano in 54 pagine riconosce il «carattere discriminatorio» di un campo rom legale, «soluzione abitativa di grandi dimensioni diretta esclusivamente a persone di una stessa etnia» che ostacola «l’effettiva convivenza con la popolazione locale, l’accesso in condizione di reale parità a servizi scolastici e socio-sanitari e in uno spazio dove è a serio rischio la salute».Un verdetto «fondamentale – dice Luigi Manconi – perché aiuta a liberarci da un equivoco falso e odioso: che riguardo ai campi ci siano i contrari, che vorrebbero eliminarli con metodi spicci, e i favorevoli, che vorrebbero mantenerli. È una colossale manipolazione della realtà: noi siamo completamente contrari ai campi, principale strumento di ghettizzazione e autoghettizzazione dei rom. A tutto ciò c’è un’alternativa, in Europa hanno trovato soluzioni diverse, a Madrid o a Lille».«Questa è la prima pagina dell’ultimo capitolo di una storia di vergogna», dice il presidente della 21 luglio, Carlo Stasolla. «Dal 2000 a oggi la spesa per i campi è stata di 350 milioni di euro». Salvatore Fachile, presidente Asgi, spiega che «è stato usato il diritto antidiscriminatorio: non si possono applicare trattamenti differenziati a gruppi etnici, se non per tutela. È un precedente giurisdizionale fortissimo: potrebbero partire moltissimi esposti di singoli per risarcimenti: il Comune apra una trattativa con le associazioni, per sviluppare un piano di rimozione dei campi e attivare soluzioni abitative alternative, come in altre città italiane». «La Commissione europea consideri questa ordinanza per avviare una procedura d’infrazione dell’Italia», afferma Elisa Pieri di Amnesty.
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