mercoledì 9 febbraio 2011
Un’indagine parlamentare mette in luce la totale mancanza di una strategia nazionale di integrazione, mentre evidenzia le buone pratiche avviate in molti Comuni. Ci sono le 13 aree attrezzate familiari di Modena (75 nuclei), gli 11 appartamenti assegnati a Padova, l’autocostruzione avviata a Settimo Torinese, gli alloggi per 44 famiglie consegnati a Bologna.
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Sono una minoranza sparuta. Ma la politica e le istituzioni non riescono - o non vogliono - affrontare il problema. I Rom in Italia sono lo 0,3% della popolazione. Una percentuale di gran lunga inferiore non solo a quella dei paesi dell’Est, ma anche a nazioni simili a noi come la Spagna dove i gitanos sono il quintuplo, l’1,6%. Grazie alla strategia nazionale di integrazione promossa da Madrid oggi l’88% degli zingari spagnoli vive in case. E l’Italia non sa sfruttare le risorse a disposizione: per l’inclusione sociale spendiamo il 9% del Fondo sociale europeo, quando la media Ue è il 14%.Molti di meno e molto più stanziali di quello che si pensa. E sul loro conto pesano pregiudizi figli di una discriminazione antica. È per questo che la Commissione Diritti del Senato, presieduta dal senatore Pietro Marcenaro, ha chiuso un’inchiesta, avviata a ottobre 2009 con audizioni, visite ai campi e una missione in Romania. In 93 pagine il Rapporto conclusivo dell’indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Caminanti in Italia offre raffronti europei ed esempi di «buone pratiche» locali. «In Italia esistono undici leggi regionali sui Rom – si legge nel dossier che Avvenire è in grado di anticipare – e un reticolo di provvedimenti locali e ordinanze municipali, ma manca un piano nazionale che fissi univocamente linee di intervento flessibili e condivise». L’ultimo piano nazionale italiano è del 1985. L’indagine, che dovrebbe essere approvata questa mattina all’unanimità, si propone di «costruire una base di conoscenza condivisa» che «superi gli stereotipi» per individuare «politiche più efficaci nel garantire sicurezza e integrazione».Quanti sono? Il Consiglio d’Europa li stima in 11 milioni e 155 mila, più del 2% della popolazione europea, oggi 501 milioni. In Italia le stime (ministero dell’Interno, Anci, Comunità di Sant’Egidio, Opera Nomadi) oscillano tra 130 e 170 mila, circa lo 0,3%. La metà sono cittadini italiani, gli altri sono della ex Jugoslavia, della Romania e in misura minore della Bulgaria. La presenza più importante in Europa è in Romania, 2,5 milioni, il 10%. Qui, in Bulgaria, Ungheria, Slovacchia, Serbia e Macedonia vive il 61,5% dei rom europei. Più numerosi che in Italia i rom in Spagna (800 mila, l’1,6%) Francia (280 mila, lo 0,5%) e Gran Bretagna (250 mila).La Commissione indica la Spagna come esempio: «In Europa ha la legislazione più avanzata». Abrogate nel 1978 le leggi discriminatorie franchiste, il Paese ha creato una serie di organismi nazionali, a partire nel 1989 dal programma del Desarollo Gitano , sviluppo zingaro. Tra 1986 e 1999 il sistema di integrazione spagnolo ha portato all’elezione dell’unico parlamentare europeo di origine rom, Juan de Dios Ramirez Heredia. Il diritto all’alloggio è perseguito da specifici programmi urbanistici: nel 2007 l’88% dei gitanos disponeva di una casa, il 12% in baracche nelle periferie.Buone pratiche esistono anche in Italia. La Commissione cita le 13 aree attrezzate familiari di Modena per 75 nuclei; gli 11 appartamenti assegnati a Padova, l’autocostruzione adottata a Settimo tornese, l’assegnazione di case a Bologna per 44 famiglie. Complessivamente però l’Italia è molto indietro. Forse anche perché non riesce a sfruttare a fondo le risorse a disposizione: dei 7 miliardi destinati all’Italia dal Fondo sociale europeo per il 2007/2013, usiamo per l’inclusione sociale 597 milioni, il 9%, quando la media Ue è il 14%.Complesso il nodo dello status dei moltissimi rom ex jugoslavi, apolidi de facto: non sono cittadini italiani, anche se molti ci sono nati e cresciuti (almeno 15 mila), non hanno documenti perché il loro paese non esiste e quindi non possono essere espulsi. La Commissione sottolinea la necessità di «uno strumento di emersione».La storia secolare di discriminazioni paradossalmente colpisce i Rom anche nella Giornata delle memoria. La legge istitutiva del 2000 cita come vittime del nazismo ebrei ed italiani. Nemmeno una parola per i Rom: con un triangolo bordò sulla giacca, nel Porrajmos, così chiamano la Shoà, ne furono sterminati tra i 500 mila e il milione e mezzo.Luca Liverani
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