Foto Ansa
Si chiamava Samara Saho il gambiano di 26 anni morto la scorsa notte nell’incendio di una baracca all’interno del ghetto di Borgo Mezzanone, nel Foggiano, un agglomerato abusivo sorto da anni attorno a Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo). È il secondo morto bruciato in sei mesi nella enorme baraccopoli che attualmente ospita circa 1.500 persone ma che arriva fino a più di 4mila, soprattutto nel periodo della raccolta del pomodoro. Chiamata "ex pista" perché sorge su un'area dell'Aeronautica militare, è un "non luogo" di emarginazione, violenza e illegalità nel quale gli incendi negli ultimi mesi sono stati tantissimi ma senza vittime, quasi sempre per cause accidentali.
E così sarebbe anche questa volta. Gli investigatori stanno compiendo accertamenti per individuare le causa dell’incendio che potrebbe essere nato per un corto circuito partito da uno dei tantissimi allacci abusivi alla corrente elettrica che si trovano nella baraccopoli. E avrebbe trovato facile esca nei mucchi di vestiti usati che trovavano nella baracca. La vittima, secondo quanto riferito da alcuni amici, aveva iniziato da poco un piccolo commercio di abiti usati.
A quanto si è appreso, il corpo completamente carbonizzato della vittima, è stato scoperto solo dopo la conclusione delle operazioni di spegnimento. Ora gli inquirenti dovranno accertare se il giovane sia morto nel sonno per i fumi sprigionati nell'incendio o per altre cause.
Il giovane fino a poco tempo fa era ospite del Cara, che aveva dovuto lasciare in quanto non era stata accolta la sua richiesta di asilo. Non è ancora chiaro se fosse così diventato irregolare o avesse presentato un ricorso. Di sicuro non stava più nel Centro che realizzato per ospitare circa 1.500 persone ora ne accoglie solo 150, mentre fuori sono in migliaia nelle baracche.
E che potrebbero crescere anche per gli effetti negativi del cosiddetto "decreto sicurezza". Il 6 novembre era morto un altro giovane gambiano, Bakary Secka, per gravissime ustioni riportate nell'incendio del 30 ottobre nel quale erano rimasti feriti altri tre immigrati.
Il 9 dicembre 2016 un ragazzo di 20 anni, Ivan Miecoganuchev era morto carbonizzato in un violento incendio della sua baracca nel cosiddetto "Ghetto dei Bulgari", in località "Pescia", non lontano da Borgo Mezzanone e Tressanti. E sempre nel Foggiano, nel "gran ghetto" sorto nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico, il 3 marzo 2017 erano morti bruciati due migranti di 33 e 36 anni entrambi originari del Mali, Mamadou Konate e Nouhou Doumbia.
Con quello della scorsa notte sono una decina gli incendi che hanno interessato la baraccopoli di Borgo Mezzanone in un anno e mezzo. Anche in conseguenza di questi fatti da febbraio sono poi partite tre operazioni di abbattimento, ordinate dalla procura di Foggia, che hanno però riguardato solo alcune baracche dove, secondo le indagini, si svolgevano attività illegali come prostituzione e spaccio di droga, o che ospitavano attività commerciali abusive.
"Oggi è morto un mio amico. Ho già perso due miei amici tra le fiamme". È quanto riferito ai cronisti da Muhammed Mboob senegalese di 21 anni che, sconvolto per la tragedia nella baraccopoli dei migranti di Borgo Mezzanone, rivolge un appello "al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e a papa Francesco, affinché ci aiutino". "Non possiamo più vivere così - dice -. Noi vogliamo lavorare, non veniamo qui in Italia per fare del male. Chiediamo che ci aiutino con i documenti, perché non si può vivere e morire così". "Ieri sera ero con lui, ero con mio fratello - racconta ancora sotto choc -. Oggi mi sono svegliato e senza neppure lavarmi il viso e sono corso qui tra le baracche perché ho saputo che era morto".