giovedì 2 aprile 2009
Pd, Idv e Radicali plaudono alla sentenza e chiedono di modificare, oltre alla legge 40, pure il testamento biologico
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Nuove linee guida per orientare l’attività dei centri di procreazione assistita. È que­sta la prima risposta che viene dal go­verno alla decisione della Corte costituzionale. Perché, spiega il sottosegretario al Welfare Euge­nia Roccella, «sono molto dubbi gli effetti della sentenza sulle pratiche che devono essere adot­tate nei centri». Nuove indicazioni da emanarsi sulla base dei pareri scientifici che il Consiglio Superiore di Sanità, l’organo tecnico scientifico di consultazione del ministero, sarà chiamato a fornire in proposito. «Resta il divieto di congela­mento degli embrioni e di soppressione di que­sti – ha infatti spiegato ancora la Roccella –. Mi sembra che ora ci sia un eviden­te problema di interpretazione delle norme e di contraddizioni. Per questo bisognerà fare chia­rezza sul piano delle pratiche che potranno essere adottate dai cen­tri ». Un’ipotesi subito criticata da Livia Turco (Pd) – «le linee guida non hanno alcun potere inter­pretativo, ma sono solo uno stru­mento tecnico» – che pure però quand’era ministro nel governo Prodi tentò di aprire alla diagno­si preimpianto, proprio utilizzan­do le linee guida. Ma se, sul piano operativo, un sentiero di inter­vento sembra tracciato, su quello politico domi­na la divisione netta tra chi applaude alla sen­tenza (Pd, Radicali, Idv, area di Rifondazione) e chi (la maggioranza e l’Udc) la critica fortemen­te sia nella sua essenza sia nei contenuti specifi­ci, ancora però da valutare appieno nella loro por­tata. Il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione si di­ce «sconcertato e preoccupato per il pronuncia­mento della Corte. Difficile non avere l’impres­sione che un gruppo ideologizzato stia cercando di sequestrare la Costituzione espropriando il Parlamento della sua sovranità». Concetti simili li esprime il ministro della Cultura, Sandro Bon­di, che sottolinea «il problema grave per la nostra democrazia», perché «la sovranità del Parlamen­to viene intaccata parallelamente alla percezio­ne della sparizione di autorità di garanzia». Quan­to ai contenuti, sia il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano sia il vicepresidente vicario dei senatori del PdL Gaetano Quagliarello sotto­lineano come «La sentenza della Corte non can­cella l’intera legge 40 ma interviene solo su due aspetti che, tra l’altro, devono essere letti in ma­niera coordinata tra di loro». E che perciò il «da­to complessivo è che la legge resta in piedi». Opposta la visione nel centro-sinistra che, con il segretario del Pd Dario Franceschini, sottolinea come «Le sentenze della Corte vanno sempre ri­spettate ». Spostando subito la questione anche sul piano dell’altro tema delicato attualmente in discussione: il testamento biologico. Secondo il leader del Pd, infatti, «i temi nuovi, come anche quello sull’idratazione e alimentazione, gradual­mente richiederanno regole e che si adeguino gli strumenti legislativi». Stessa tesi sostenuta dalla capogruppo pd al Senato, Anna Finocchiaro, per la quale «l’esito del giudizio dovrebbe condurre, su questa materia e sul testamento biologico a maggiore riflessione e attenzione, rifuggendo da prove di forza e posizioni ideologiche». Nel Pd si distingue invece la voce di Paola Binetti che, do­po aver ricordato i successi della legge 40, ne sottolinea i punti chiave rimasti intonsi dall’inter­vento della Corte come «il divie­to di diagnosi preimpianto e il di­vieto a creare un numero di em­brioni superiori al necessario». Fortemente critico sulla legge 40 e quindi soddisfatto della sen­tenza, invece Antonio Di Pietro, al quale però preme soprattutto sottolineare come «i giudici han­no dimostrato ancora una volta di essere più avanti dei legislato­ri » e che ora «occorra rimettere mano alla legge». Plaudono alla sentenza, infine, i Radicali definendolo un «segnale inequivocabile e importante». Ma che sia tutto così chiaro e i­nequivocabile sembra smentirlo anche un gine­cologo come Carlo Flamigni, da sempre critico sulla legge. Secondo il quale la pronuncia «apre delle prospettive che ancora non so immagina­re su alcune delle altre proibizioni, come il fatto che non si possano crioconservare gli embrioni. Probabilmente per potere applicare questa leg­ge si dovrà arrivare a qualche tipo di mediazio­ne ». E indica il vecchio progetto «di non consi­derare embrioni gli ootidi, cioè gli oociti con due pronuclei». «Se rimangono in piedi le proibizio­ni di congelare e distruggere – dice ancora Fla­migni – uno si ritrova con un embrione di cui non sa che fare. Bisognerà tornarci sopra, mettere da parte le ideologie e mettere insieme una legge saggia». «Sorpresa, delusione e rammarico» e­sprime infine Roberto Colombo, membro del Co­mitato nazionale di Bioetica e docente alla Cat­tolica. Teme un «tentativo di ritorno al passato, quando l’embrione umano veniva prodotto in numero eccedente, privando così innumerevoli esseri umani della possibilità di crescere nell’u­tero materno». Dopo la decisione della Consulta pareri discordi nel mondo politico. Sopra, Eugenia Roccella e Dario Franceschini
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