sabato 19 gennaio 2019
Dal riscatto della laurea con supersconti solo per chi ha meno di 45 anni ai requisiti necessari per andare a riposo
Guida alle nuove pensioni: cosa c'è da sapere
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Nel decreto che istituisce le nuove pensioni anticipate di "Quota 100" ci sono misure che riguardano i lavoratori più giovani, quelli che hanno meno di 45 anni. Si tratta della cosiddetta 'pace contributiva', ovvero la possibilità di riscattare «buchi» nei versamenti (per congedi o periodi di inattività). In questo quadro una norma riguarda i laureati, che potranno recuperare a fini pensionistici gli anni dell’università a un costo conveniente e uguale per tutti.

Il riscatto della laurea

La norma riguarda chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995, la cui pensione sarà interamente calcolata con il (meno vantaggioso) metodo contributivo. La laurea potrà essere riscattata con 5.241,30 euro di versamenti per ogni anno di studio. Lo sconto, calcola la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro, sarà sostanzioso. E avvantaggerà in particolare – misura destinata a far discutere – chi guadagna di più. Normalmente infatti si paga in base al reddito percepito. Ad esempio, un lavoratore laureato che guadagna 40.000 euro, avrebbe pagato circa 13.200 euro l’anno, oltre 65mila euro per 5 anni, mentre con le nuove norme se la caverà con 26mila euro, circa il 60% in meno. Si potranno riscattare i diplomi universitari, i vari tipi di laurea e i diplomi di specializzazione post-laurea.

Chi esce prima

Quota 100 non abroga la legge Fornero, che resta in vigore per chi non rientra nella nuova norma. È una sorta di deroga, al momento prevista per soli tre anni (fino al 2021), che riguarda solo chi ha già compiuto 62 anni di età e ne ha maturati almeno 38 di contribuzione. La stessa denomina- zione di 'quota 100' non è del tutto calzante perché per chi ha più di 62 anni la soglia da raggiungere (età più contributi) sarà in realtà più alta: i 66enni usciranno a quota 104. I requisiti per l’uscita premieranno in prevalenza i lavoratori maschi del Centro-Nord che hanno una lunga continuità contributiva, elementi meno diffusi tra le donne e nel sud Italia. Non è affatto detto però che chi può uscire lo faccia davvero. Il governo stima che nel 2019 potranno lasciare il lavoro 315mila persone. Dopo lo stop alle uscite degli ultimi anni, ci sarebbe un effetto svuotamento che coinvolge diverse classi di età. Ma è improbabile che le stesse cifre si confermino nei due anni successivi e si raggiunga quel milione di nuovi pensionati stimati. Il principale disincentivo al pensionamento è rappresentato dal minore importo della pensione rispetto a quello che si può ottenere restando al lavoro. Una riduzione dovuta ai minori anni di contribuzione e a meccanismi di calcolo meno favorevoli. Il governo ha parlato del 16% in meno su una pensione di 2.000 euro lordi per chi anticipa di 5 anni (circa il 3% annuo in meno). Ma altre stime parlando di un -25%. Anche se va considerato che la pensione si prenderà per più anni. L’altro freno è il divieto di cumulo tra pensione e reddito da lavoro (salvo attività occasionali entro i 5mila euro annui). Questo scoraggerà chi volesse continuare a lavorare in proprio: ad esempio, un medico di ospedale che voglia operare nel privato. Alla fine i flussi reali di uscita potrebbero riguardare circa 600mila lavoratori nel triennio. Con minori rischi per la copertura finanziaria della misura.

I requisiti - La formula «62+38». Ma via tre anni prima se c'è una nuova assunzione

Per accedere alla pensione con "quota 100" bisognerà rispettare un doppio requisito: 62 anni di età e 38 di contributi. Questi ultimi possono essere cumulati in periodi diversi e in diverse gestioni previdenziali. Questo doppio criterio non è flessibile: non si potrà lasciare, cioè, con 63 anni e 37 di contributi. È possibile anticipare di tre anni il requisito di età o quello contributivo tramite un assegno straordinario erogato da un Fondo bilaterale, in caso di un accordo tra le parti sociali che preveda l’assunzione di nuovi lavoratori in sostituzione di coloro che lasciano l’attività. Per esempio, anche chi quest’anno compie 57 anni (è nato quindi nel 1962) entro il 2021 potrebbe essere inserito in questo Fondo: l’anticipo sarà coperto con un assegno straordinario di sostegno al reddito. Tuttavia è un percorso che prevede il versamento da parte dei datori di lavoro dei contributi per il periodo in cui si sta nel Fondo, quindi è probabile che riguardi solo le aziende medio-grandi. Si potrà andare inoltre a riposo anche prima dei 62 anni se si sono maturati 42 anni e 10 mesi di contributi entro il 2018 (41 anni e 10 mesi per le donne), ma si dovrà attendere la rispettiva finestra trimestrale. Non è quindi previsto l’incremento di 5 mesi che scattava dal 2019.

Le modalità - Le finestre: rinvio di tre o sei mesi della decorrenza per i nuovi assegni

Innanzitutto "quota 100" è una misura varata in via sperimentale per tre anni. Ma chi matura il diritto alla "quota" entro la fine del 2021, potrà scegliere di fruirne anche in un momento successivo. Nell’immediato, chi ha già maturato il diritto entro il 31 dicembre del 2018 potrà andare in pensione solo dal primo aprile del 2019; chi invece matura il diritto dal primo gennaio del 2019 potrà andare in pensione tre mesi dopo. I dipendenti pubblici potranno andare in pensione dal primo agosto del 2019; quanti maturano i requisiti dal primo gennaio dovranno aspettare sei mesi. La domanda di collocamento a riposo va presentata con un preavviso di sei mesi. Per coloro che scelgono quota 100, quindi, la decorrenza della pensione non coincide con la data in cui si matura il diritto (le cosiddette "finestre"): servono tre mesi per chi lavora nel settore privato e 6 mesi per i dipendenti della Pubblica amministrazione. Le finestre (tre mesi per tutti i tipi di lavoratori) si applicano anche per coloro che a partire da quest’anno conseguono la pensione anticipata, il cui requisito non viene più incrementato in base all’aspettativa di vita.

Gli altri strumenti - Opzione donna, via anche a 58 anni. Arriva la proroga dell'Ape sociale

Sarà possibile andare in pensione nel 2019 anche con altre due misure: opzione donna e Ape sociale. Per opzione donna bisogna essere nate entro il 1960 (1959 le autonome) ed avere almeno 35 anni di contributi. Le lavoratrici pubbliche e private che intendono lasciare l’attività prima dei 60 anni avranno però una pensione ridotta (in media del 20-25%), in quanto calcolata con il sistema retributivo. Per le lavoratrici che scelgono di aderire a opzione donna, le finestre saranno più lunghe: dalla maturazione del diritto alla decorrenza effettiva le dipendenti pubbliche dovranno aspettare un anno, le autonome un anno e mezzo.
L’Ape sociale riguarda quattro categorie: i disoccupati che hanno esaurito gli ammortizzatori sociali; i disabili (dal 74% in più); le persone impegnate in mansioni di cura di familiari disabili; i lavoratori che svolgono particolari compiti ritenuti gravosi. Gli appartenenti alle quattro categorie possono lasciare il lavoro a partire dai 63 anni di età. Potranno percepire un reddito ponte che può arrivare intorno ai 1.500 euro mensili. L’opzione di andare in pensione viene estesa di un altro anno, quindi per tutto il 2019 è possibile scegliere questa misura. Sono richiesti 30 anni di contributi, che diventano 36 nel caso delle mansioni faticose.

Prestito-ponte nel pubblico impiego - Anticipo della buonuscita di 30mila euro. Gli interessi al 95% a carico dello Stato

Via in anticipo con "quota 100", ma senza liquidazione. Era questa fino a pochi giorni fa la prospettiva per i nuovi pensionati del pubblico impiego. La legge varata dal governo prevede infatti che il Tfs (la buonuscita degli statali) venga erogato solo al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia (67 anni) e cioè fino a 5 anni dopo l’uscita reale dal lavoro. Oltretutto, in base a una vecchia norma sulla spending review, lo Stato già pagava il trattamento di fine servizio scaglionandolo su tre anni se di importo superiore ai 50mila uero. I sostanza ci sarebbero stati alcuni "quotisti" che per avere l’intera liquidazione avrebbero atteso fino a sette anni. L’ultima versione del decreto ha trovato però una parziale compensazione. Tutti i lavoratori dello Stato che vanno a riposo, non solo quelli di quota 100, potranno chiedere un anticipo fino a 30mila euro, attraverso un prestito ponte erogato dalle banche. Gli interessi saranno, al 95% a carico dello Stato. Il testo prevede che entro 60 giorni dalla conversione in legge del decreto i ministeri del Lavoro, dell’Economia, della Pa e l’Abi stipulino una convenzione per regolare il meccanismo. Per l’eventuale quota residua del Tfs il pensionato dovrà tuttavia attendere i 67 anni.

L'ultima novità - Coperture in extremis dall'azzardo. Scommesse illegali, rischio sanatoria

Spunta un nuovo aumento della tassa sull’azzardo, dopo quello varato in manovra, a copertura di 400 milioni di euro che mancavano per finanziare il decretone su Reddito di cittadinanza e quota 100. Lo si apprende da fonti di governo M5s, secondo le quali nella versione finale del testo, che non è ancora stato inviato al Quirinale, viene previsto «un gettito di circa 400 milioni dalla tassazione dei giochi, di cui 150 milioni dall’aumento dell’aliquota del Preu», il prelievo sulle slot machine, e «il resto dalla tassazione delle vincite e dal contrasto al gioco illegale». In attesa del testo ufficiale, l’ipotesi è che aumenti dall’8 all’11 per cento la tassa sulle vincite del "10eLotto", mentre il Preu subirebbe un nuovo innalzamento dello 0,75 arrivando al 20 per cento. La restante parte delle risorse verrebbe, dicono dal M5s, da un non meglio specificato «contrasto» alle scommesse illegali. In realtà altre fonti di governo usano la parola «emersione», lasciando intendere una sanatoria delle scommesse che ora si appoggiano su circuiti illegali. L’articolato ufficiale chiarirà questi dubbi. L’ipotesi della sanatoria sarebbe in contraddizione con l’annuncio del vicepremier Di Maio per cui la card del Reddito di cittadinanza non potrà essere utilizzata per l’azzardo.

LE SLIDE DEL GOVERNO

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