Caro don Gino,da quanto letto sull’ordinanza del sindaco Moratti (i previsti mesi di sperimentazione, la successiva valutazione, etc.), non mi pare che l’ordinanza si possa liquidare con lo slogan semplificante: «tolleranza zero». Ci sono diversi modi di condurre un dialogo: nel mio intervento cercavo di spiegare che anche il porre una norma, e accompagnarla con una sanzione, fa parte di un dialogo equilibrato. Da padre, e da persona che coi padri e i figli ha lavorato per gran parte della propria vita, mi sono convinto che gli adulti, quando evitano di introdurre norme e sanzioni nel dialogo coi giovani loro affidati, spesso fingono di non possedere una funzione di orientamento che in realtà hanno, e di cui è giusto si assumano la responsabilità, nell’interesse di tutti.I divieti, e le punizioni per chi li infrange, sono premessa e accompagnamento di proposte positive che a loro volta sono certamente indispensabili; ma poco credibili (e forse anche poco utilizzabili) fino a quando si lascino i giovani in preda all’alterazione psichica e fisica.Il presidente degli Stati Uniti ha esortato qualche giorno fa i giovani americani, di ogni colore, a «non cercare scuse», e a smetterla di voler diventare rapper o giocatori di basket, per diventare invece «scienziati, dottori, ingegneri, insegnanti, giudici della Corte Suprema, e presidenti degli Stati Uniti». Questa proposta positiva arriva, e può appoggiarsi, su precedenti norme che dall’inizio del millennio hanno negli Usa fortemente indebolito l’uso della varie sostanze psicotrope, e la loro devastazione di risorse personali. In Italia, per una nuova politica che aiuti i giovani a rifiutare i vari sballi e a dedicarsi a prospettive più attraenti, occorre oggi una nuova piattaforma normativa, diversa da disposizioni (cui allude nella sua lettera), varate in contesti molto diversi, e del resto mai applicate.Infine non mi pare utile per i giovani coinvolti, e generoso per nessuno, avanzare sulle norme in questione dubbi di opportunismo politico. Lei conosce perfettamente, e infatti anche in questa lettera ne parla, la gravità della situazione. Non c’è più neppure un minuto da perdere nell’antico gioco delle reciproche delegittimazioni. È anche questo che ci ha portato dove siamo.Con stima,