La riforma del processo penale diventa legge. Il Senato ha approvato il testo in via definitiva questa mattina con 177 voti a favore, 27 contrari e nessun astenuto, dopo che il 3 agosto era già stato approvato alla Camera. La riforma ha l'obiettivo di rispettare gli impegni presi con l'Europa in vista del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e in particolare di ridurre la durata media dei processi penali. Si tratta, per gran parte, di una legge delega, che il governo dovrà attuare con uno o più decreti legislativi entro un anno dall'entrata in vigore.
Ecco cosa cambia per i cittadini
Prescrizione e improcedibilità. La riforma contempera gli effetti della riforma Bonafede (stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado) con l'improcedibilità, oggetto di un dibattito acceso prima dell’approvazione. Con la nuova norma, un processo si estingue trascorsi 2 anni tra il primo grado e l’appello (prorogabili a 3 per reati gravi) e un anno tra appello e Cassazione (prorogabile a 18 mesi per i reati gravi). La riforma riguarda solo i reati commessi dopo il 1° gennaio 2020. Dall’improcedibilità sono esclusi i reati imprescrittibili, che hanno come pena l’ergastolo.
Il regime transitorio. La norma (che si applica a fatti commessi dopo il 1° gennaio 2020) entrerà in vigore gradualmente, per consentire agli uffici giudiziari di organizzarsi, con l’assunzione di 20mila assistenti e addetti amministrativi. Fino al 31 dicembre 2024, i termini saranno più lunghi (3 anni in appello; 1 anno e 6 mesi in Cassazione), con possibilità di arrivare fino a 4 anni in Appello (3+1 proroga); e fino a 2 in Cassazione (1 anno e 6 mesi +6 mesi di proroga) per tutti i processi in via ordinaria. Ogni proroga dovrà essere motivata dall’ordinanza di un giudice, impugnabile in Cassazione. Per alcuni reati gravi (associazione mafiosa, terrorismo, violenza sessuale, associazione finalizzata al narcotraffico) non ci sarà limite al numero di proroghe, purché motivate da un giudice. Per i reati con aggravante mafiosa saranno consentite altre due proroghe, oltre a quella prevista per qualsiasi crimine (ossia fino a 3, di un anno ciascuna, in Appello): ciò si traduce in un massimo di 6 anni in secondo grado e di altri 3 in Cassazione nel periodo transitorio, che scenderanno a massimo 5 in Appello e 2 anni e mezzo in Cassazione dal 2025.
Comitato di controllo. Ogni anno un Comitato tecnico scientifico del ministero della Giustizia riferirà sullo smaltimento dell’arretrato pendente e sulla durata dei procedimenti.
Processo telematico. Obiettivo della riforma è anche rendere più spedita la giustizia penale attraverso le tecnologie informatiche. Tra le altre cose, il deposito degli atti e le notifiche potranno essere effettuate in via telematica, per avere un risparmio di tempo.
Indagini e criteri di priorità. La riforma interviene sul contenimento dei tempi di indagine. Il pm potrà richiedere il rinvio a giudizio solo se gli elementi acquisiti consentano una «ragionevole previsione di condanna», altrimenti scatterà il non luogo a procedere. La durata massima delle indagini sarà rimodulata rispetto alla gravità del reato. Alla scadenza, salva la tutela del segreto investigativo, opererà a garanzia di indagato e vittima una discovery degli atti. E sarà previsto un mezzo di impugnazione straordinario in Cassazione, per far eseguire le sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo. In più, con una formulazione criticata dal Csm, si dispone che i pm «nell’ambito dei criteri generali indicati con legge del Parlamento, individuino criteri di priorità trasparenti e predeterminati» da indicare nei progetti organizzativi delle procure «al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre».
Pene alternative, giustizia riparativa. Con la riforma si trasformano alcune misure alternative (come semilibertà, detenzione domiciliare, lavori di pubblica utilità e pene pecuniarie) in sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi. Uno degli obiettivi della riforma è infatti ridurre il sovraffollamento nelle carceri. La riforma delega inoltre l’esecutivo a disciplinare in modo organico la giustizia riparativa, nel rispetto di una direttiva europea del 2012, con programmi a cui si potrà accedere su base volontaria, col consenso di vittima e autore del reato e con la valutazione favorevole del giudice.
Violenza di genere. Si estende la portata delle norme introdotte con la legge sul Codice rosso al tentato omicidio e, in genere, ai delitti commessi in forma tentata. Per chi viola il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima, nei casi ad esempio di maltrattamenti o stalking, si prevede l'arresto obbligatorio in flagranza. Sino ad ora non era previsto l'arresto obbligatorio e quindi chi violava il divieto spesso restava in libertà, con maggiore rischio di reiterare il reato.