Un rogo di rifiuti speciali e industriali a Caivano (Napoli)
«Sarò a Bruxelles e porterò al commissario Vella atti concreti: sono fiducioso che potremo andare davanti alla Corte di giustizia per una riduzione della multa per i rifiuti della Campania». Parola del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ieri a Napoli per partecipare alla Conferenza nazionale per lo sviluppo sostenibile. La multa cui si riferisce Costa è quella inflitta all’Italia dall’organo giurisdizionale dell’Unione europea nel luglio del 2015 per il mancato adeguamento del sistema di raccolta e gestione dei rifiuti della Campania alle normative europee. Un salasso che costa al Paese 20 milioni, più altri 120mila euro al giorno, almeno fino a quando la situazione non ritornerà alla normalità. «Diremo a Karmenu Vella che stiamo facendo degli atti concreti, porteremo accordi di programma firmati e impegni precisi per ottenere dei risultati», ha assicurato il ministro. Poi, «nel momento in cui la Commissione dà credito agli atti che portiamo, si va in Corte di giustizia, che valuterà i fatti. Stiamo firmando atti, come quelli sulla qualità dell’aria firmato con l’Umbria, dove pure c’è una procedura di infrazione, il Lazio, le cinque Regioni della Pianura Padana e ora stiamo lavorando per firmarla con altre Regioni. Stiamo costruendo una road map, ci stiamo mettendo i soldi, stiamo facendo piccole cose che vanno in quella direzione», ha spiegato il titolare dell’Ambiente.
D’altronde la questione è vecchia e spinosa. E non riguarda solo la multa che l’Italia paga per le inadempienze della Campania. L’importo complessivo versato dallo Stato italiano fino a oggi per la procedura d’infrazione relativa al ciclo dei rifiuti campano, e a un’altra che riguarda una rete di 200 discariche non a norma su tutto il territorio nazionale, ormai sfiora i 300 milioni di euro. Per quanto concerne quest’ultima, oltre a un’ammenda forfettaria di 40 milioni, la multa viene recuperata dalla Commissione ogni sei mesi per un importo di 200mila euro per ogni discarica con rifiuti non pericolosi, e di 400mila per quelle con rifiuti pericolosi. Quando la Corte ha emesso la sentenza nel dicembre 2014, oltre 200 discariche non erano conformi, ma nel frattempo 123 di queste sono state riabilitate. Non tutte le procedure di infrazione dell’Ue peraltro si concludono con una multa. Migliaia infatti sono quelle avviate negli anni contro i Paesi membri, ma solo una decina si sono tradotte alla fine in multe. La Corte europea aveva già condannato nel 2010 l’Italia per le inadempienze della Campania («per non aver adottato tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente»). Ma cinque anni non sono bastati a completare il ciclo dei rifiuti. La situazione della Regione è ritenuta talmente grave dai giudici europei perché rischia di «compromettere seriamente le capacità dell’Italia di perseguire l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale nello smaltimento dei rifiuti ». Ma le grane non sono finite. A fine novembre ha preso il via un’altra causa di inadempimento intentata dalla Commissione europea contro l’Italia per la gestione delle discariche di rifiuti. Si tratta, si legge nella nota diffusa dalla Corte di giustizia europea, delle 44 discariche «che hanno già ottenuto un’autorizzazione o che erano già in funzione prima del 16 luglio 2001, data entro la quale la direttiva stessa doveva essere trasposta nel diritto nazionale ». Il riferimento è alla direttiva 1999/31 che definisce il concetto di discariche “preesistenti”. Secondo la direttiva, spiega la Corte di giustizia, «entro il 16 luglio 2009, le Autorità competenti di ciascuno Stato membro dovevano o completare i lavori per rendere le discariche preesistenti conformi ai requisiti stabiliti nella direttiva o chiuderle definitivamente ». E ora c’è il rischio, proprio mentre Costa tesse le fila per convincere l’Ue dei progressi fatti, di un’altra multa. L’ennesima.