(Ansa)
L’Onu che informa prima i giornali e poi il governo italiano, destinatario di nuove e pesanti osservazioni sui diritti umani. Una 'grave scorrettezza procedurale' che a Matteo Salvini non è andata giù. E avrebbe ragione, se solo fosse vero.
La lettera partita da Ginevra è stata consegnata all’ambasciatore italiano per la sede delle Nazioni Unite in Svizzera il 15 maggio. Immediatamente, come sempre in queste circostanze, la missiva è stata girata al Ministero degli Esteri. A Roma, dunque, ne erano informati tre giorni prima che Avvenire ne rivelasse il contenuto nel pomeriggio del 18 maggio, poi rilanciato dalle principali agenzie di stampa. Ma c’è un’altra domanda: come fa il Viminale ad essere certo che a consegnare ai giornalisti il testo partito dall’Ufficio Onu per i Diritti umani siano stati funzionari delle Nazioni Unite e non altre fonti italiane? La questione, ma questo la lamentela del ministro dell’Interno non lo chiarisce, è semmai il perché egli lo abbia appreso dalla stampa e non attraverso i canali di governo. Non deve essere un caso, infatti, se dalla Farnesina non è stata inviata ai mittenti alcuna nota di biasimo per le modalità con cui la lettera è stata consegnata.
La reazione del capo leghista contiene però una sorta di avvertimento al premier Conte, al quale intima due sole vie d’uscita: respingere come 'irricevibili' e senza alcun chiarimento i rilievi di Ginevra; oppure rispondere con alcune controdeduzioni già redatte dal Viminale (e non concordate né con il premier né con la Farnesina), peraltro minacciando di rivedere il sostegno economico italiano all’Onu. Un ciclico ritornello salviniano, quest’ultimo, che farebbe il gioco degli avversari di Roma. «Meno fondi dal vostro governo – osservano alcuni funzionari Onu – vorrebbe dire condannarsi all’irrilevanza. Oggi l’Italia guida operazioni e negoziati importanti, ma ci sono altri Paesi pronti a prenderne il posto».
Nella lettera di 11 pagine arrivata dall’Ufficio del Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, i sei relatori riportavano le considerazioni dell’équipe per i Diritti umani, la xenofobia, le migrazioni. E a quanto pare non dovevano avere tutti i torti se poi la bozza del decreto sicurezza bis, ha visto sparire proprio alcune delle proposte più controverse segnalate da Ginevra. Tra i punti più criticati vi era il varo delle multe calcolate su ogni migrante salvato, ipotesi poi rimossa e riformulata con possibili ammende alle Ong, ma non più basata sul numero di persone soccorse. «Ci sono fondate ragioni – si leggeva nell’avviso dell’Onu – per ritenere che le direttive del governo italiano» costituiscano una grave violazione «delle convenzioni internazionali» sui Diritti dell’uomo e la protezione dei migranti e rifugiati.
Dalle Nazioni Unite non erano però arrivati solo i timori, ma parole di gratitudine destinate alle forze navali italiane per il loro impegno nei salvataggi. Tuttavia, a causa della mancanza di indicazioni governative per facilitare gli interventi in mare, il ruolo delle Ong diventa «essenziale per salvare vite umane».
Direttive e decreti di certo non avranno ricadute sulla Libia, dove la situazione non potrà che peggiorare. La strategia di Salvini e del governo italiano, che davano per imminente la stabilizzazione del Paese, sono state un fallimento. Lo ha fatto intendere l’inviato Onu in Libia in una disperata lettera al Consiglio di sicurezza. «Non sono Cassandra, ma la violenza alla periferia di Tripoli – preconizza Ghassam Salamé – è solo l’inizio di una lunga e sanguinosa guerra sulle coste meridionali del Mediterraneo, che sta mettendo a repentaglio la sicurezza dei più immediati vicini della Libia e della più vasta regione del Mediterraneo».
Sono passati dieci giorni da questo ennesimo allarme per la situazione in quell’area cruciale. Chissà se dal Viminale intendono offrire anche al Consiglio di sicurezza altre controdeduzioni per smentire l’esistenza dell’inferno libico.