martedì 6 aprile 2010
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Perché l’Aquila torni a volare servono almeno 297 milioni di euro. Tanto costerà riparare le case meno danneggiate e ripopolare almeno in parte la città devastata un anno fa dal terremoto. A fornirci questa stima, con quella punta di ritrosia che ben s’addice a un grand commis dei Lavori pubblici, è Gaetano Fontana, cui il Governatore dell’Abruzzo, Gianni Chiodi, neocommissario dell’emergenza terremoto, ha affidato la macchina della ricostruzione. «Non chiedetemi quanto costeranno le case B e C – premette –. Posso solo dire che i lavori per renderle agibili ammontano in media a 45.000 euro».E siccome al primo aprile le pratiche già autorizzate erano 6.600, il conto è presto fatto. Al preventivo, tuttavia, mancano – oltre agli immobili E (i più danneggiati, 500.000 euro per ricostruirne uno) e a tutti i centri storici, per intervenire sui quali sono appena uscite le linee guida – 2000 pratiche in attesa di completare l’iter, un numero imprecisato di appartamenti i cui proprietari non si sono ancora fatti vivi e le B e C degli altri 56 comuni del cratere.Ciò detto, la ricostruzione leggera sconta mesi di ritardo e Fontana si trova a gestire scelte «altrui», cioè assunte dalla Protezione civile e dagli enti locali, che ora mostrano la corda. Solo nel capoluogo, ad esempio, per ottenere il rimborso dei lavori (totale per la prima casa, 20% in meno e tetto di 80.000 euro per le altre) ogni progetto deve passare il vaglio di una filiera composta da Fintecna e da due consorzi di ingegneria, Reluis e Cineas: sui loro tavoli la ricostruzione leggera diventa pesantissima. L’Ordine degli ingegneri dell’Aquila parla di "meccanismo infernale": i progetti sono smembrati e affidati a centinaia di consulenti in giro per l’Italia e mentre negli altri comuni del cratere questo esame avviene negli uffici tecnici (con costi inferiori) qui i contenziosi fioccano. «La verità – ribatte Riccardo Campagna del Cineas – e che c’è il via libera definitivo per più di seimila pratiche e i ritardi dipendono dai professionisti che non rispondono alle nostre richieste di chiarimento».Ma non è l’unico guazzabuglio. Prendiamo le fibre di carbonio: si usano per impacchettare pilastri e travi di cemento armato, per renderle antisismiche; in Umbria, nel ’97, quand’erano il non plus ultra della tecnologia, costavano 1.245 euro al metro quadrato. Nel definire i rimborsi della ricostruzione aquilana, qualche generoso funzionario regionale ha confermato quel prezzo, incurante del fatto che in tredici anni il valore fosse sceso a 300 euro. Il Cineas l’ha denunciato, il Comune ha deciso di non pagare più questo prodotto quattro volte tanto ed è scoppiato il finimondo: pratiche bloccate e accuse al vetriolo tra Regione e Comune. Nota bene: il Governatore è il commissario alla ricostruzione e il sindaco dell’Aquila, suo vice, dovrebbe esserne il "braccio destro".Paolo De Santis, presidente degli ingegneri aquilani, avverte che «le fibre di carbonio non sono l’unico pasticcio. Nel prezzario della Regione mancano i valori degli isolatori sismici; sono datati quelli del materiale per il contenimento energetico e degli infissi esterni, dei materiali fonoassorbenti e per la coibentazione; per non dire delle nuove tecnologie per il calcestruzzo...». In cauda venenum: «Pensano di affidare a ogni professionista la determinazione del prezzo, ma se fra qualche anno un magistrato chiedesse perché sullo stesso infisso sono stati applicati due valori, cosa succederebbe?».Nel ginepraio i lavori languono: «Abbiamo presentato il nostro progetto a giugno – testimonia un ingegnere di Pettino che segue un condominio classificato B – ma è stato smembrato e ogni appartamento esaminato da un diverso consulente. Dopo sette mesi abbiamo l’ok per nove appartamenti su sessanta». Fontana promette un cambio di passo: «La filiera si è dimostrata lunga e un po’ oziosa, bisognerà semplificarla e rendere unitaria la procedura. Distribuire le pratiche tra soggetti distanti non va. Occorre esaminarle all’Aquila».
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