martedì 2 ottobre 2018
Nel decreto legge la sospensione della protezione internazionale non è più automatica, ma rimessa alle commissioni territoriali
Diritto d'asilo, cambia il decreto sicurezza. Ma il Viminale nega
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Una settimana dopo esser stato varato dal Consiglio dei ministri, ieri sera il più volte annunciato decreto legge su immigrazione e sicurezza è stato consegnato al Quirinale, dove sarà esaminato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, se non evidenzierà rilievi, procederà alla sua emanazione, con successiva pubblicazione in Gazzetta ufficiale ed entrata in vigore. Il decreto andrà poi in Parlamento per l’iter di conversione in legge (in cui saranno possibili altre modifiche).

Nel testo di 41 articoli (uno in meno dei 42 dello schema licenziato dal Cdm, per via dell’accorpamento di due norme in materia di sport), figura un significativo ritocco, rispetto alle bozze circolate nel mese di settembre. La «sospensione del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale», comminata all’immigrato che commette alcuni reati, non è automatica, ma affidata a un «procedimento immediato innanzi alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ». Un 'ammorbidimento' funzionale a scansare rilievi di natura costituzionali? Dal Viminale fonti ministeriali definiscono «erroneo» il termine 'modifica', affermando che «il decreto che abbiamo trasmesso è il testo approvato dal Cdm. Non ha subìto alcuna modifica».

I «contatti tecnici sono avvenuti prima del Cdm», proseguono le fonti, per cui «appare improprio qualsiasi confronto con bozze redatte precedentemente» e «che il Ministero dell’Interno non ha mai diffuso ». Lo stesso ministro e vicepremier Matteo Salvini torna a definire il decreto «un passo in avanti verso un Paese normale» e insiste: «Il richiedente asilo commette un reato? Immediata convocazione in Commissione, sospensione ed espulsione, questo accadrà». Nei fatti, per via delle numerose bozze preparatorie circolate nei giorni scorsi, resta difficile accertare esattamente quanto abbia pesato, sulle limature finali, la moral suasion del Colle, ma di certo c’è stata. Nel giorno del Cdm, lo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva ammesso «una interlocuzione col Quirinale». E sempre il premier, ieri, ha fatto sapere di aver effettuato, nel colloquio avuto col capo dello Stato, un «aggiornamento sul decreto immigrazione e sicurezza che è in arrivo al Quirinale».

L’articolo 10. Nel testo del decreto inviato ieri al Colle, visionato da Avvenire, restano i punti già annunciati dopo il Cdm: dall’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari (sostituito da permessi speciali per ragioni limitate, fra cui motivi di salute o calamità nei Paesi d’origine); fino all’allungamento da 90 a 180 giorni del trattenimento nei Centri per i rimpatri e alla possibilità di trattenere gli stranieri da espellere anche in strutture di pubblica sicurezza. Poi c’è l’articolo 10 del decreto. Come detto, nelle prime versioni per i richiedenti autori di gravi reati scattava «la sospensione dell’esame della domanda di protezione e l’obbligo di lasciare il territorio nazionale». Quell’automatismo, come detto, non c’è più nel testo finale. Ora, se il soggetto è stato condannato, è previsto che «il questore ne dà tempestiva comunicazione alla Commissione territoriale competente, che provvede nell’immediatezza all’audizione dell’interessato e adotta contestuale decisione ». Ancora, il Fondo per i rimpatri viene incrementato di 500mila euro per il 2018, di 1.500.000 euro per il 2019 e di un importo analogo per l’anno seguente. Confermata, inoltre, la stretta sul circuito Sprar, che accoglierà solo i titolari di protezione internazionale o i minori stranieri non accompagnati. Mentre i richiedenti asilo presenti nel sistema alla data di entrata in vigore del decreto «rimangono in accoglienza fino alla scadenza del progetto in corso, già finanziato». Un giro di vite che ha già sollevato le critiche di esperti e associazioni impegnate nell’accoglienza.

Terrorismo, mafia e daspo urbano. Oltre che in tema d’immigrazione, com’è noto il decreto introduce norme in materia di sicurezza, a partire dalla revoca della cittadinanza ai condannati in via definitiva per reati legati al terrorismo internazionale. Resta pure la parte sulle norme antimafia e sui poteri dell’Agenzia per beni confiscati, ma anche nella sicurezza urbana: si va da pene più severe per chi occupa immobili; all’estensione della pistola elettrica Taser alle polizie municipali delle grandi città; fino al daspo, il divieto d’accesso fiere, spettacoli o presidi sanitari per sospettati di terrorismo e per altri soggetti.

No a maggiori oneri. In diverse norme (ad esempio l’articolo 2, che raddoppia la durata del trattenimento nei Cpr) viene ribadita la formula secondo la quale «dall’attuazione delle disposizioni... non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Clausola concordata col Ministero dell’Economia, in vista della 'bollinatura' della Ragioneria dello Stato.

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