domenica 29 dicembre 2013

Faraone, responsabile Welfare del Pd, guida l’attacco dei renziani: non basta un rimpasto, serve un cambio
radicale o si muore.

COMMENTA E CONDIVIDI
«Sono io a chiedere un nuovo inizio. Sono io a pretendere un’azione di governo più incisiva...». Una pausa leggera. Enrico Letta attaccato al telefono detta la frase destinata a fare titolo: «Non abbiamo più alibi, gennaio sarà decisivo e io sono il primo a non accettare l’idea del galleggiamento». In quelle parole privatissime c’è la strategia del premier. E c’è la risposta agli attacchi sferrati dal Pd "targato" Renzi. «È il momento della responsabilità. La offro e la pretendo», ripete il premier deciso comunque a non dare troppo peso alle fibrillazioni di fine anno.È metà pomeriggio e i siti dei principali quotidiani aprono con l’atto d’accusa di Davide Faraone, renziano doc e responsabile Welfare del Pd: «Così non va, troppi errori; ora non basta un rimpasto, serve un cambio radicale oppure si muore». I titoli bastano a capire. Letta (resterà con la famiglia sulle nevi straniere fino al 2 gennaio) si confronta con i collaboratori più stretti e ripete la linea: «Il cambio radicale lo chiedo io. Anzi l’ho già chiesto. E l’ho fatto in Parlamento. Sono il primo a sapere e a ripetere che gennaio sarà decisivo. Serve una nuova legge elettorale, serve chiudere la stagione del bicameralismo... A giorni ci metteremo attorno a un tavolo per siglare il nuovo contratto di coalizione e quello sarà il momento della verità». Le riflessioni del premier restano private. Non serve una replica ufficiale anche perché a parlare non è Renzi e i "renziani" troppe volte – ragiona il capo del governo – si fanno prendere la mano. Alla stessa ora sulle agenzie di stampa rimbalza però il j’accuse di Faraone: «Se metto uno dietro l’altro gli errori commessi da questo governo, dal giorno dell’elezione del nuovo segretario Pd (15 dicembre) fino a oggi, viene fuori un filotto impressionante: una legge di stabilità di "galleggiamento, le slot machine, gli affitti d’oro, il provvedimento su Roma capitale...». Un’analisi quasi impietosa, ma nel governo la linea non cambia. Nessuno scommette su un voto a primavera. E nessuno crede davvero all’ipotesi rimpasto. Sicuramente non ci crede Letta: «Il nodo non può essere la redistribuzione delle poltrone, ma le decisioni da prendere e le riforme da fare».La sfida Renzi-Letta è reale. Il premier capisce che il segretario Pd proverà a indebolirlo nei prossimi dodici mesi ma anche nelle riflessioni con i collaboratori più ascoltati "regala" un’analisi inedita dietro la quale prende forma l’ennesimo invito a collaborare: «La spinta che può venire da Matteo è importante, ma lui è il leader solo di uno dei partiti che sostengono il governo. È vero, il primo partito, ma le formazioni marginali a volte sono altrettanto decisive». Una pausa leggera, poi Letta torna a chiedere a Renzi un di più di responsabilità: i partiti – ragionano a Palazzo Chigi – sono attesi dalla prova del voto europeo e il Pd potrebbe utilizzare il governo per mandare qualche palla in buca. È un messaggio a Renzi. È un modo per dire al sindaco che non è l’ora degli ultimatum, ma di incidere politicamente con proposte. Si aspetta la ripresa e si guarda al nuovo patto di maggioranza. Monti continua a lavorare sotto traccia per un rimpasto di governo, Letta continua a escluderlo, ma anche dentro il Pd fanno notare come ci sia uno squilibrio a favore del Nuovo Centrodestra di Alfano (cinque ministri e solo 30 senatori e 29 deputati). E come la componente renziana (Delrio) sia sottostimata rispetto a quella più vicina al premier (Zanonato, Carrozza, Orlando e Bray). Il punto vero però è solo uno: l’Economia. È la poltrona di Saccomanni l’unica a interessare sul serio a Renzi, ma a oggi non c’è nessun nome che potrebbe giustificare un cambio a via XX Settembre.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: