venerdì 14 agosto 2009
Il ministro della Pubblica Istruzione ribadisce ad «Avvenire» la volontà di proseguire la battaglia per confermare le norme bocciate dal Tar del Lazio. La scuola ha il dovere di difendere, valorizzare e trasmettere alle nuove generazioni il patrimonio storico-culturale presente nel nostro Paese . E che deve molto al cristianesimo.
  • Vecchie incrostazioni, nuovi orizzonti, di C. Cardia
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    Promuovere la pari dignità tra tutti i docenti, insegnanti di religione inclusi. Ma anche ribadire « l’importanza che questo insegnamento svolge per promuo­vere la vera integrazione con chi arriva da culture e religioni diver­se » . È una difesa a spada tratta quella che il ministro Mariastella Gelmini promette con il ricorso al Consiglio di Stato contro la sen­tenza del Tar del Lazio, che esclu­de l’insegnamento della religione cattolica dalla valutazione dello studente. Ma nell’attesa del secondo grado di giudizio quali conseguenze pra­tiche ci saranno col nuovo anno scolastico per i docenti e le fami­glie che hanno scelto questo inse­gnamento? «Per famiglie e studenti l’anno ini­zierà regolarmente. Discorso di­verso per i docenti. È molto im­portante che il Consiglio di Stato faccia chiarezza. Oggi il problema è il senso di frustrazione e di preoc­cupazione degli insegnanti. Que­sta sentenza del Tar sembra con­figurare una di­visione tra pro­fessori di serie A, che hanno ac­cesso agli scruti­ni e incidono sulla valutazio­ne, e di serie B. Vorrei rassicura­re gli insegnanti di religione che da parte mia c’è l’impegno a pre­sentare questo ricorso anche per tutelare la loro condizione e il loro ruolo». Lei ha definito la religione catto­lica un patrimonio di storia, valo­ri e tradizioni da tutelare. Eppure nella scuola continua una guerra – a volte sotterranea, a volte alla luce del sole – contro questo inse­gnamento. «La scuola è chiamata sempre di più a confrontarsi con il tema del­l’identità culturale e storica del no­stro Paese e dell’Europa. Qualche volta, per essere politicamente cor­retti, si confonde il rispetto dove­roso nei confronti delle minoran­ze con l’abdica­zione alle proprie convinzioni cul­turali e religiose. O con la sottova­lutazione del ruolo che il catto­licesimo ha avu­to nella storia di questo Paese. Su questo occorre fare chiarezza. Goethe ha scritto che ' l’Europa è nata in pellegri­naggio e la sua lingua materna è il cristianesimo'. Non è un Papa, ma un intellettuale di grande valo­re e penso che le sue parole siano assolutamente laiche e fotografi­no una realtà storica. La scuola ha il dovere di difendere, valorizzare e trasmettere alle nuove genera­zioni quel patri­monio storico­culturale presen­te nell’arte, nei nostri territori e che è intriso di cristianesimo » . Eppure spesso molti professori di altre discipli­ne tendono a e­scludere la di­mensione reli­giosa dai loro in­segnamenti. Non è un controsen­so per un percorso che vuole aiu­tare i giovani a formarsi? «Ci sono molti docenti attenti a ri­conoscere oggettivamente il por­tato del cristianesimo nella storia del nostro Paese. C’è purtroppo anche qualche atteggiamento e­stremamente laicista, che però rappresenta un paradosso educa­tivo e non aiuta i ragazzi a cono­scere la propria identità e quindi anche a misurarsi e a convivere con chi ha un’identità diversa. Pro­prio perché la scuola oggi si deve confrontare con studenti prove­nienti da territo­ri molto differen­ti, è fondamenta­le che l’integra­zione avvenga nel rispetto reci­proco e presup­ponga la cono­scenza ap­profondita della propria cultura e identità » . Non dimenti­chiamo le molte famiglie di stu­denti stranieri che scelgono questo insegna­mento, pur pro­fessando altre fedi religiose, pro­prio perché lo colgono come stru­mento per la conoscenza della no­stra cultura. «Infatti bisogna sottolineare che l’ora di religione non è affatto un momento di ca­techismo, ma in­segnamento del­la storia e della cultura della reli­gione. Quindi giustamente molti studenti stranieri la scel­gono come stru­mento che con­sente di conosce­re meglio il Paese in cui vivono e in cui, verosimilmente, continueran­no a vivere». Ha annunciato l’intenzione di coinvolgere i docenti di religione in attività di formazione secondo gli obiettivi della riforma del pri­mo e secondo ciclo d’istruzione. Cosa farà in concreto? «Anche per gli insegnanti di altre materie sono previsti corsi di ag­giornamento e di formazione. Cre­do che la stessa cosa vada riserva­ta anche ai docenti di religione. È un modo per parificare il tratta­mento riservato a tutti i docenti della scuola». L’ora di religione non è l’unico pa­trimonio in campo educativo of­ferto dai cattolici. Vi è la scuola pa­ritaria. Per quest’ultima il prossi­mo sarà ancora un anno trava­gliato, soprattutto dal punto di vi­sta finanziario, o si comincerà davvero a invertire la rotta e por­tare a compimento il processo del­la parità scolastica? «Penso che non sarà un anno tra­vagliato. Quest’anno abbiamo do­vuto risolvere in Finanziaria un problema, che era nato dalla ra­zionalizzazione. Non penso che stavolta ci saranno problemi par­ticolari, neppure dal punto di vista finanziario. Credo invece che do­vremo sempre di più superare una contrapposizione tra scuola stata­le e non statale e avviarci verso la realizzazione di una vera parità. Questo è il nostro compito». L’anno che si apre tra un mese do­vrebbe portare a compimento la riforma dell’in­tero sistema con il varo della riforma delle superiori. Sarà davvero così? «Penso proprio di sì. La riforma delle superiori entrerà in vigore nel settembre 2010, ma questo anno servirà a preparare le scuole all’applicazione della rifor­ma e soprattutto a fare orienta­mento. Da settembre a dicembre intendiamo fare una campagna di comunicazione e informazione precisa, in modo che studenti e fa­miglie possano fare delle scelte consapevoli, sulla base di una co­noscenza precisa dei nuovi indi­rizzi e contenuti della riforma» .
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