Promuovere la pari dignità tra tutti i docenti, insegnanti di religione inclusi. Ma anche ribadire « l’importanza che questo insegnamento svolge per promuovere la vera integrazione con chi arriva da culture e religioni diverse » . È una difesa a spada tratta quella che il ministro Mariastella Gelmini promette con il ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar del Lazio, che esclude l’insegnamento della religione cattolica dalla valutazione dello studente.
Ma nell’attesa del secondo grado di giudizio quali conseguenze pratiche ci saranno col nuovo anno scolastico per i docenti e le famiglie che hanno scelto questo insegnamento? «Per famiglie e studenti l’anno inizierà regolarmente. Discorso diverso per i docenti. È molto importante che il Consiglio di Stato faccia chiarezza. Oggi il problema è il senso di frustrazione e di preoccupazione degli insegnanti. Questa sentenza del Tar sembra configurare una divisione tra professori di serie A, che hanno accesso agli scrutini e incidono sulla valutazione, e di serie B. Vorrei rassicurare gli insegnanti di religione che da parte mia c’è l’impegno a presentare questo ricorso anche per tutelare la loro condizione e il loro ruolo».
Lei ha definito la religione cattolica un patrimonio di storia, valori e tradizioni da tutelare. Eppure nella scuola continua una guerra – a volte sotterranea, a volte alla luce del sole – contro questo insegnamento. «La scuola è chiamata sempre di più a confrontarsi con il tema dell’identità culturale e storica del nostro Paese e dell’Europa. Qualche volta, per essere politicamente corretti, si confonde il rispetto doveroso nei confronti delle minoranze con l’abdicazione alle proprie convinzioni culturali e religiose. O con la sottovalutazione del ruolo che il cattolicesimo ha avuto nella storia di questo Paese. Su questo occorre fare chiarezza. Goethe ha scritto che ' l’Europa è nata in pellegrinaggio e la sua lingua materna è il cristianesimo'. Non è un Papa, ma un intellettuale di grande valore e penso che le sue parole siano assolutamente laiche e fotografino una realtà storica. La scuola ha il dovere di difendere, valorizzare e trasmettere alle nuove generazioni quel patrimonio storicoculturale presente nell’arte, nei nostri territori e che è intriso di cristianesimo » .
Eppure spesso molti professori di altre discipline tendono a escludere la dimensione religiosa dai loro insegnamenti. Non è un controsenso per un percorso che vuole aiutare i giovani a formarsi? «Ci sono molti docenti attenti a riconoscere oggettivamente il portato del cristianesimo nella storia del nostro Paese. C’è purtroppo anche qualche atteggiamento estremamente laicista, che però rappresenta un paradosso educativo e non aiuta i ragazzi a conoscere la propria identità e quindi anche a misurarsi e a convivere con chi ha un’identità diversa. Proprio perché la scuola oggi si deve confrontare con studenti provenienti da territori molto differenti, è fondamentale che l’integrazione avvenga nel rispetto reciproco e presupponga la conoscenza approfondita della propria cultura e identità » .
Non dimentichiamo le molte famiglie di studenti stranieri che scelgono questo insegnamento, pur professando altre fedi religiose, proprio perché lo colgono come strumento per la conoscenza della nostra cultura. «Infatti bisogna sottolineare che l’ora di religione non è affatto un momento di catechismo, ma insegnamento della storia e della cultura della religione. Quindi giustamente molti studenti stranieri la scelgono come strumento che consente di conoscere meglio il Paese in cui vivono e in cui, verosimilmente, continueranno a vivere».
Ha annunciato l’intenzione di coinvolgere i docenti di religione in attività di formazione secondo gli obiettivi della riforma del primo e secondo ciclo d’istruzione. Cosa farà in concreto? «Anche per gli insegnanti di altre materie sono previsti corsi di aggiornamento e di formazione. Credo che la stessa cosa vada riservata anche ai docenti di religione. È un modo per parificare il trattamento riservato a tutti i docenti della scuola».
L’ora di religione non è l’unico patrimonio in campo educativo offerto dai cattolici. Vi è la scuola paritaria. Per quest’ultima il prossimo sarà ancora un anno travagliato, soprattutto dal punto di vista finanziario, o si comincerà davvero a invertire la rotta e portare a compimento il processo della parità scolastica? «Penso che non sarà un anno travagliato. Quest’anno abbiamo dovuto risolvere in Finanziaria un problema, che era nato dalla razionalizzazione. Non penso che stavolta ci saranno problemi particolari, neppure dal punto di vista finanziario. Credo invece che dovremo sempre di più superare una contrapposizione tra scuola statale e non statale e avviarci verso la realizzazione di una vera parità. Questo è il nostro compito».
L’anno che si apre tra un mese dovrebbe portare a compimento la riforma dell’intero sistema con il varo della riforma delle superiori. Sarà davvero così? «Penso proprio di sì. La riforma delle superiori entrerà in vigore nel settembre 2010, ma questo anno servirà a preparare le scuole all’applicazione della riforma e soprattutto a fare orientamento. Da settembre a dicembre intendiamo fare una campagna di comunicazione e informazione precisa, in modo che studenti e famiglie possano fare delle scelte consapevoli, sulla base di una conoscenza precisa dei nuovi indirizzi e contenuti della riforma» .