All’indomani del terremoto di Modena, l’assessore alle attività produttive dell’Emilia-Romagna ha sospeso l’iter di ogni nuova concessione nei comuni del cratere. «Non so se le attività di perforazione – ha spiegato Gian Carlo Muzzarelli – possano essere messe in relazione con la sismicità di un’area, saranno gli scienziati a dirmelo, ma fino ad allora si aspetta». E si aspetterà a lungo. Il primo presidente della commissione scientifica istituita dalla Protezione civile nazionale dopo le polemiche sul deposito di stoccaggio di Rivara era un indiano che si è dimesso prima ancora di iniziare, probabilmente a causa delle frizioni diplomatiche tra i due Paesi. Al suo posto è arrivato un inglese dal curriculum di tutto rispetto, tra l’altro past president del British Geological Survey e consigliere del governo di Sua Maestà proprio in materia di stoccaggio geologico. L’opposizione si è già messa di traverso e neanche lui avrà vita facile. Per Muzzarelli deliberare solo quando si sarà fatta chiarezza è «un atto di responsabilità verso il territorio e le popolazioni». Vale anche per la Exploenergy S.r.l. Vorrebbe cercare shale gas nel sottosuolo di Finale Emilia, Medolla, Mirandola, Camposanto, Ravarino, Bomporto e San Felice sul Panaro: «Le nuove tecniche estrattive ci lasciano perplessi – commenta l’assessore – ma non conosco ancora quel progetto». Che è fermo sui tavoli del Ministero dell’ambiente. Fu la commissione "Valutazione impatto ambientale" di quel dicastero ad autorizzare, peraltro contro il parere del ministro, le discusse trivellazioni di Rivara. La Erg voleva costruire un impianto di stoccaggio del gas e il monitoraggio dell’Ingv era a buon punto quando le proteste popolari bloccarono tutto, ben prima che il sisma rimescolasse le carte. Ora la vicenda è tornata d’attualità perchè la Gazzetta di Modena ha rivelato che gli esperti dell’Istituto di geofisica e vulcanologia avrebbero rivelato la fuoriuscita – dopo le scosse del 2012 – di «una considerevole quantità di metano» e ha auspicato dei provvedimenti «per disinnescarla». Ma ecco la replica dell’Ingv: secondo Fedora Quattrocchi, la dirigente dell’Ingv incaricata dei controlli, le fuoriuscite di metano dal suolo dei paesi terremotati sono «non vistose» e «note da decenni», comunque «di natura biogenica», cioè riconducibili alle sacche di torba presenti nei sedimenti della Bassa emiliana. Insomma, non si può dire che il progetto di Rivara possa aver avuto un qualche ruolo sismogenico. Non si può dire neanche il contrario, fanno notare alcuni studiosi, che stigmatizzano la prassi di stoccare il metano nei siti esausti della pianura padana, nonostante si sappia da tempo che il territorio è attraversato da faglie. Tuttavia, anche il Servizio geologico regionale dell’Emilia-Romagna ha emesso un report secondo il quale «non si evidenzia alcuna relazione tra le attività di ricerca di idrocarburi e i terremoti dell’Emilia-Romagna» e ricorda che il fracking (la tecnica di fratturazione idraulica usata per estrarre lo shale gas) non può aver causato il sisma perchè lì non è mai stato né autorizzato né praticato. Lo studio esclude anche una relazione con la reiniezione di acqua salata nei giacimenti attivi. Muzzarelli però procede coi piedi di piombo e attende il verdetto della commissione prima di dare il via libera a nuovi impianti in una regione dove ve ne sono già 37 in attività, il 90% per l’estrazione di gas naturale: «Non siamo contrari ma le concessioni – spiega l’assessore – vanno rilasciate solo dopo aver individuato i luoghi idonei alle reiniezioni e alle compensazioni, per evitare fenomeni di subsidenza e altri problemi. Usiamo il principio di precauzione e il buon senso: il sottosuolo non è un limone da spremere».