mercoledì 1 giugno 2011
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Passa all’azione il Pd. La vittoria delle amministrative impone a Pier Luigi Bersani un’accelerata e il segretario democratico concede poco tempo al «brindisi», perché c’è da pianificare la fase due, quella della mobilitazione per il referendum che si celebrerà tra meno di due settimane. La battaglia per il raggiungimento del quorum è dura, tanto che molti dei suoi si erano già defilati dall’iniziativa di Di Pietro, lasciando volentieri all’ex pm la paternità dell’impresa. L’idea di utilizzare ora tutte le armi a disposizione per chiedere a Berlusconi di abbandonare la scena, però, sembra al segretario del Partito democratico la strada obbligata da percorrere, sebbene – da maggior partito di opposizione – occorra mettere il cappello su un’altra scelta targata Idv. E anche se, stretto nella morsa tra Di Pietro e Vendola, Bersani non smette di corteggiare il Nuovo polo.«Faremo il nostro dovere fino in fondo. Siamo impegnatissimi per raggiungere il quorum e perché si voti sì al referendum», spiega il numero uno di largo del Nazareno, che prende a prestito una battuta del comico Crozza che gli fa la parodia, per descrivere il risultato: «Li abbiamo smacchiati tutti! Ora ci sono i referendum coi quali togliamo anche l’ultima macchia al giaguaro». La segreteria di ieri serve proprio a mettere «in moto la macchina organizzativa» per la consultazione popolare del 12 e 13.Un eventuale risultato positivo contribuirebbe a indebolire il presidente del Consiglio, secondo il ragionamento delle opposizioni di centrosinistra. «In parlamento Berlusconi si presenti dimissionario perché è venuta meno la maggioranza nel paese», incalza Bersani, dopo che il suo capogruppo Dario Franceschini aveva posto la questione in aula a Montecitorio. L’unica cosa che il premier potrebbe fare, è mettere mano alla legge elettorale. «Se in breve tempo si riesce a restituire la possibilità di scelta ai cittadini e a consentire la possibilità di una maggioranza esigibile che non soffra di ribaltoni, siamo pronti a discutere con tutti, con Fli, la Lega, il Pdl».Di certo il segretario piddì discuterebbe volentieri con quel terzo polo che non gli ha dato finora udienza. «Se gli elettori del terzo polo hanno votato per i candidati del centrosinistra il motivo è che Pd e centrosinistra si sono presentati in modo aperto e costituzionale a fronte del populismo berlusconiano». E, secondo Bersani, «i moderati hanno capito che gli estremisti sono nel centrodestra e io son convinto che, tenendo aperti i canali, dove non arrivano i partiti possono arrivare i cittadini».Quello da cui non può prescindere il Pd – e il voto lo ha ben dimostrato – è quel legame con i partiti di sinistra che un tempo fu l’Ulivo. «Come l’Ulivo, l’ispirazione del Pd è la riscossa civica. Va però consolidato un rapporto tra il Pd e l’area del centrosinistra che ci consenta di avere credibilità nell’azione di governo», perché, assicura, «noi non lasciamo per strada il centrosinistra ma non rifaremo l’Unione e serve un patto di garanzia sul governo». Su quello, poi, si faranno le primarie.Bersani, insomma, è pronto a cercare anche gli elettori di Grillo, e a rimettersi in gioco. «Se ci saranno le primarie di coalizione per decidere il candidato premier, l’Idv non si sottrarrà né alle sue responsabilità, né a una propria proposta», risponde Antonio Di Pietro, per il quale però, «se invece non ci saranno le primarie vogliamo sapere chi deve fare il primus inter pares e cosa deve fare. In ogni caso ci rimetteremo alle valutazioni che la coalizione di centrosinistra vorrà prendere». Una certezza in attesa della «spallata definitiva con il referendum: «Di sicuro noi non possiamo stare in una coalizione dove ci sono forze che vogliono il nucleare».
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