martedì 15 settembre 2015
​La Ue non trova l'intesa sui 120mila ricollocamenti. Via libera solo alla guerra sugli scafisti.
Così Schengen va in soffitta
Troppi passi indietro di Paolo Lambruschi
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​Alla fine l’intesa politica sull’emergenza profughi l’Europa, ieri alla riunione straordinaria dei ministri dell’Interno sui 120.000 richiedenti asilo proposto dalla Commissione Europea il 9 settembre, è arrivata. Ma, per quanto molto ampia, lascia fuori vari stati membri. Soprattutto Slovacchia, Repubblica Ceca e Lettonia si sono rivelate assolutamente inflessibili, chiedendo di esplicitare la «volontarietà» della ridistribuzione come condizioni per dire sì alla cifra, punto inaccettabile per molti. La presidenza lussemburghese della Ue ha dovuto abbandonare il testo di conclusioni del Consiglio, ricorrendo a una «dichiarazione della presidenza», formula che si utilizza quando non si è trovato consenso tra tutti gli stati membri. «Posso assicurarvi – ha detto il ministro degli Affari europei del Lussemburgo, Jean Asselborn – che c’è una vastissima maggioranza di Stati che sostiene la cifra dei 120.000». Nella dichiarazione non si danno però dettagli sulla ridistribuzione, né se sarà obbligatoria, limitandosi a spiegare che le quote nazionali previste dalla Commissione saranno «base di un accordo per la ridistribuzione all’interno dell’Ue». Inoltre non vengono citati i paesi da cui saranno spostati questi 120.000, visto che l’Ungheria non vuole figurare tra i beneficiari (ci saranno però sicuramente Italia e Grecia). A questo punto gli occhi sono rivolti alla riunione formale dei ministri dell’Interno dell’8 ottobre, in cui – per la prima volta nella storia Ue – è possibile un voto a maggioranza qualificata in materia di immigrazione. «Oggi – ha affermato Asselborn – ho detto che le conclusioni della presidenza riposano su una larghissima maggioranza, in qualsiasi momento il Consiglio può prendere decisioni a maggioranza qualificata».Ieri mattina sia Francia e Germania – che hanno avuto una riunione con Italia, Grecia, Ungheria, la presidenza lussemburghese e la Commissione prima dell’avvio dei lavori – hanno martellato sulla necessità che gli oneri siano ridistribuiti tra tutti gli stati membri, con sullo sfondo il rischio di un collasso di Schengen. Con la chiusura della frontiera con l’Austria, avvertiva il tedesco De Mazière, «abbiamo dimostrato che la Germania non è disposta, attraverso una ridistribuzione di fatto, a sostenere tutto il peso da sola». Vogliamo «concludere positivamente con i numeri dei ricollocamenti, perché ognuno di questi sarà un buco nel muro (del regolamento n.d.r.) di Dublino» aveva proclamato intanto il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Inoltre dal 16 settembre dovranno essere avviati gli "hotspot", i centri di accoglienza e identificazione di chi arriva nei paesi in prima linea come anzitutto Italia e Grecia, punto cruciale per Francia e Germania. «La ridistribuzione non potrà funzionare se non funzioneranno gli hotspot», tuonava Cazeneuve. Ieri entrambi i paesi hanno accettato di provvedere alla loro creazione, l’Italia farà partire il primo hotspot (Lampedusa, gli altri sono Pozzallo, Porto Empedocle e Trapani, Augusta e Taranto). Alfano ha assicurato che «saranno sottoposti a regolamenti ben precisi, sotto l’egida dell’Ue e avranno una certa severità», ma ha messo una condizione: «che i rimpatri funzionino», spiegando che «deve essere Frontex a farli. Deve essere una responsabilità europea e ci vogliono i soldi europei per organizzarli». In questa direzione va un punto su cui ieri c’è stata intesa, e cioè la necessità di rafforzare l’agenzia delle frontiere esterne Ue Frontex, sia per un miglior controllo dei confini esterni, sia per i rimpatri. «Abbiamo deciso di impiegare equipe rapide di intervento per le frontiere, il dispositivo Ue già esistenze sarà attuato» ha detto Asselborn. Un’intesa si è profilato anche sulla lista dei paesi sicuri di provenienza (per facilitare i rimpatri di chi non ha diritto all’asilo), e sono Serbia, Kosovo, Montenegro, Albania e Macedonia), ma è rimasta fuori la Turchia. Saranno inoltre aumentati i fondi Ue per l’Onu per i campi profughi intorno alla Siria.Solo dato positivo ieri, il via libera ufficiale al primo piano di ridistribuzione di 40mila da Italia e Grecia su cui si era trovata l’intesa politica a luglio, per i quali prevale la piena volontarietà. Per ora si sono trovati solo 32.256 posti, ma nella decisione approvata il Consiglio «concorda di aggiornare le cifre entro dicembre 2015». La normativa sarà in vigore da domani, tra pochissimi giorni dovrebbero cominciare i trasferimenti. Ieri inoltre è arrivato il via libera alla fase due della missione navale Ue contro i trafficanti Eunavfor Med, che consentirà di intervenire contro i trafficanti nel Mediterraneo e le loro imbarcazioni, senza però entrare nelle acque territoriali libiche.
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