Il Tar del Lazio in sostanza, nell’ordinanza con cui ha sospeso l’efficacia del decreto Clini, afferma che non è provata l’impossibilità di Roma a farcela da sola. Il tribunale amministrativo regionale sottolinea infatti la «mancata completa verifica della sussistenza di una situazione di effettiva indilazionabile emergenza specificamente riferita all’impossibilità di risolvere in loco la questione del trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani prodotti dai Comuni di Roma Capitale, Fiumicino, Ciampino e dello Stato della Città del Vaticano». Il ministro Clini contrattacca: «Gli accertamenti svolti dal Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri, che sono organo di polizia giudiziaria, possono essere contestati solo attraverso una querela di falso». Poi spiega che «il decreto del 7 gennaio 2013 ha individuato gli impianti di Tmb e quelli per la valorizzazione energetica dei rifiuti, utilizzabili sulla base della capacità residua comunicata ufficialmente dalla Regione Lazio il 24 dicembre 2012».
I dati della Regione però, da cui emergeva che i Tmb del Lazio avevano la capacità di trattare anche altri rifiuti, erano stati contestati da parte delle province di Frosinone, Latina e Viterbo. Di fronte a queste contestazioni - ricorda Clini - il ministro dell’Ambiente aveva disposto un accertamento da parte del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri per accertare l’effettiva capacità degli impianti ed il loro funzionamento. «Con un rapporto del 1 febbraio 2013 – racconta il ministro – i Noe hanno comunicato che nel 2012, la capacità dei Tmb di Roma è pari a 935mila tonnellate/anno». Un dato inferiore alla necessità di Roma: «Considerando il volume totale dei rifiuti della Capitale (depurato del 30% di raccolta differenziata), la quantità di rifiuti da trattare risulta pari ad almeno 1.400.000 tonnellate/ anno, ovvero oltre 450mila tonnellate in eccesso rispetto alla capacità dei Tmb della provincia di Roma ».
Dunque, conclude Clini, «il pieno impiego della capacità residua di tutti gli impianti Tmb della Regione, a partire da quello di Colfelice che da solo potrebbe coprire oltre il 35% del fabbisogno, con una capacità residua di 169.986,760 tonnellate annue, è essenziale per far fronte all’emergenza». Dunque, dichiara il ministro, la via obbligata è il ricorso: «Ricorrerò immediamente al Consiglio di Stato – annuncia – ma nello stesso tempo trasmetterò tutti gli atti, compresa l’ordinanza del Tar, alla procura della Repubblica di Roma. Non posso credere che il Tar abbia consapevolmente deliberato di proseguire in una pratica sanzionata da una procedura di infrazione comunitaria che è contraria alla legge». Concorda con Clini e Alemanno il presidente di Confindustria Lazio, Maurizio Stirpe: «Se all’interno del nostro territorio regionale ci sono delle possibilità per smaltire i rifiuti, bene hanno fatto il commissario Sottile e il ministro Clini a pensare che prima di vendere i rifiuti in Olanda o in Germania si utilizzino al meglio le strutture e le risorse di cui disponiamo».