lunedì 3 ottobre 2011
Storia di un’iniziativa imprenditoriale nata dodici anni fa all’ombra del «Progetto Policoro» e con l’aiuto dell’8xmille. Dall’asilo nido ai laboratori di grafica, cinema e informatica: è variegato l’impegno sul territorio di dipendenti e volontari.
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Sara va al lavoro tra le sette e le otto del mattino. I «suoi» bambini la aspettano. Eliane invece spesso si trattiene anche dopo cena insieme con il marito e i loro tre figli, che sebbene non siano dipendenti veri e propri, danno una mano proprio come si farebbe in un’azienda familiare. Anna Rosa e le sue collaboratrici fanno il normale orario d’ufficio nella sede centrale. Mentre Irene di orari non ne ha. Il ruolo di presidente e i continui spostamenti sul territorio non glielo consentono, ma lei è contenta lo stesso. Come Safar, del resto. In poco meno di due anni è diventato un bravo cuoco. E quella che, quando è arrivato dall’Afghanistan, era la sua comunità di accoglienza è ora il suo posto di lavoro.Sara, Eliane, Anna Rosa Tamburrano e le sue collaboratrici, Irene e Safar sono persone diverse per formazione, provenienza e competenze professionali. Ma hanno in comune il fatto di lavorare tutti nel «Consorzio Nuvola» e nelle 14 cooperative sociali di cui è composto. In pratica si sono inventati da sé la propria occupazione, senza aspettare il posto fisso. O addirittura rinunciandovi dopo averlo ottenuto. Come Irene Milone, 42 anni, pedagogista, che del Consorzio è, appunto, il presidente.Scelta coraggiosa e controcorrente, la loro. Che si basa sulla filosofia del lavoro in rete. Il Consorzio (che fa parte di una realtà più vasta, cioè il gruppo Cgm, il quale aggrega 80 strutture simili in tutta Italia), individua le grandi commesse, partecipa alle gare d’appalto, cura la formazione del personale e redistribuisce il lavoro. Le singole cooperative, invece, gestiscono i servizi sul territorio. Da sole o, come capita sempre più spesso, in collaborazione tra loro.Il risultato è che in poco più di un decennio – e in una zona come la provincia di Brindisi, in cui il tasso di disoccupazione è pari al 22,1 per cento (quindi al sopra della media nazionale) e il reddito medio procapite è di 12.100 euro (quindi al di sotto) – ci sono oggi 400 posti lavoro in più, frutto di una delle realtà più belle nate nell’ambito del «Progetto Policoro» della Chiesa italiana.La storia di questa iniziativa dimostra infatti che l’intuizione iniziale del Progetto – stimolare l’autoimprenditorialità dei giovani meridionali, renderli capaci di costruire il proprio futuro, senza dipendere dalla spada di Damocle di un posto fisso sempre più inafferrabile chimera – era esatta e lungimirante. Al pari della decisione di finanziare con l’8xmille la formazione di coloro che aiutano il Progetto a crescere.Questi ultimi, qui come altrove, sono per lo più giovani. Protagonisti e destinatari al tempo stesso dell’iniziativa. Ben il 72 per cento della forza lavoro del Consorzio Nuvola ha infatti un’età compresa tra i 26 e i 45 anni. Il 27 per cento sono laureati, il 57 per cento diplomati, e il 14 per cento ha frequentato la scuola dell’obbligo. Il 70 per cento sono donne.La trasversalità degli interventi, come delle figure professionali, è del resto nel dna del Consorzio e delle sue cooperative. E la visita ad alcune delle realtà più significative lo conferma. Sara Birtolo è la referente qualità della cooperativa «Il Melograno». Nell’asilo nido di Ostuni (che ospita 59 bambini da 3 a 36 mesi), ha il compito di verificare che tutto – dalla cucina alla pulizia, dal rapporto con i fornitori all’impegno delle educatrici a favore dei piccoli –  sia secondo le norme della certificazione Uni En Iso 9001 2008. A garanzia degli utenti e anche del Comune di Ostuni, proprietario dell’asilo, che ha appaltato il servizio alla cooperativa.Antonietta Chirulli è invece la cuoca di un’analoga struttura di Ceglie Messapica, «L’Aquilone», frequentato da una trentina di bambini. Questa scuola però non è comunale, ma diretta emanazione della Cooperativa. «Quando prendiamo un appalto pubblico – spiega la Milone – cerchiamo sempre di aprire un’altra struttura privata dello stesso tipo. Così, nel caso l’appalto non venga rinnovato, abbiamo un paracadute occupazionale». Naturalmente, però, tutte le strutture vengono aperte in base ai reali bisogni del territorio. «A Ceglie Messapica – fa notare la presidente – molte madri lavorano nei campi da maggio a ottobre. Quindi, quando gli altri asili sono chiusi per ferie, noi restiamo aperti e offriamo un servizio molto utile».Giovani che si occupano dei bambini. Giovani che lavorano per altri giovani. La varietà delle figure professionali è regola generale nel Consorzio. È il caso di Daniele Donatiello, Marco Montanaro e Arturo Clavica, che a Francavilla Fontana hanno sgobbato per tutta l’estate all’organizzazione di corsi, eventi, concerti, animando il laboratorio urbano «In punta di piedi». Lo stabile sorge alla periferia della città, all’interno di un ampio parco, ed è di proprietà del Comune, che lo ha ristrutturato con i fondi delle politiche giovanili della Regione Puglia. Ma per la gestione ha preferito affidarsi al Consorzio, che invece di farne il solito spazio autogestito, vi ha avviato laboratori di grafica, cinema, teatro e informatica, frequentati da oltre 200 giovani.All’integrazione degli immigrati richiedenti asilo si dedicano, invece, Leonardo Sarcinella, Simone Maria Iannuso e Marilù Laporta, che con l’aiuto dei loro genitori hanno dato vita, nelle campagne di Villa Castelli, a «M’illumino d’impegno», una casa per minori non accompagnati. I tre giovani fanno parte di una associazione di volontariato («La Tenda di San Damiano») e grazie al supporto del Consorzio hanno deciso di trasformare in un lavoro la loro originaria vocazione. Attualmente la casa ospita sette ragazzi provenienti da Afghanistan, Turchia, Egitto e Pakistan e ne favorisce l’inserimento scolastico, in attesa di un eventuale ricongiungimento familiare.Un po’ quello che fa a Erchie, un altro centro della diocesi di Oria, la cooperativa «Solidarietà», presieduta da Eliane Giordano. «Ci occupiamo della seconda accoglienza – spiega –, cioè dell’integrazione di quanti hanno diritto di asilo. E l’emblema è proprio Safar Akbar, il nostro cuoco».Quando poi gli immigrati arrivano con le famiglie, trovano posto nella cooperativa «Incerchio» di Oria, ospitata in una bella villa circondata da un ampio oliveto. La casa fu donata da un medico, Mino Falcone, poco prima di morire. Ora aiuta le famiglie subsahariane giunte dalla Libia, a rinascere dopo l’inferno dei campi profughi e i pericoli della traversata.«Così il nostro Consorzio – conclude Irene Milone – continua a svilupparsi. Una rete che si amplia e crea vita buona secondo il Vangelo, contribuendo anche a cancellare certi stereotipi sul Meridione». Il merito è dell’impegno di tutti. Sara, Eliane, Anna Rosa e le sue collaboratrici, Irene Safar e altri 400 nomi. Un elenco che fortunatamente continua ad allungarsi ogni giorno.
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