Un gruppo di reporter investigativi continuerà il lavoro di Jan Kuciak, il giornalista slovacco ucciso la settimana scorsa insieme alla fidanzata, Martina Kusnirova, mentre lavorava a un’inchiesta sui fondi Ue concessi a italiani legati alla ’ndrangheta e con contatti nel governo del premier Robert Fico. Una redazione speciale verrà istituita a Bratislava con giornalisti provenienti dalla 'Ringier Axel Springer', società editrice che detiene anche il sito internet 'Aktuality.sk' per il quale lavorava Kuciak.
Da trent’anni la ’ndrangheta calabrese batte le piste orientali alla ricerca di nuove occasioni per estendere i traffici e moltiplicare i profitti. Appena caduto il Muro di Berlino e ristabilita la democrazia, i boss si sono precipitati a Est, dove l’Unione europea riversa miliardi di euro per favorire lo sviluppo e l’integrazione dei Paesi prima schiacciati dal totalitarismo. Nell’ultima relazione semestrale la Direzione investigativa antimafia indica la 'rotta dei Balcani' come uno dei canali su cui si sviluppano i nuovo interessi delle mafie italiane. La Bulgaria, segnala la Dia nel rapporto sui primi sei mesi d’attività del 2017, «funge da cerniera tra l’Est Europa e l’Occidente, risultando al centro di diversi traffici illeciti, specie di stupefacenti, ma e anche oggetto di interesse da parte di consorterie italiane per il reinvestimento di capitali illeciti tramite attività finanziarie ».
Quanto a Bratislava, teatro dell’omicidio del reporter, gli inquirenti italiani sottolineano che «i nuovi sbocchi commerciali determinatisi a seguito della globalizzazione dei mercati potrebbero attirare verso alcuni Paesi dell’Est europeo, tra cui la Repubblica Slovacca, le mire espansionistiche delle organizzazioni criminali di matrice italiana», sempre alla ricerca di «mercati nuovi» per poter riciclare proventi illeciti. Ed è proprio qui che si trovano le tracce della mafia calabrese, molto più radicata di quanto non si potesse immaginare. Già nel 2014 due filoni di narcotraffico vennero individuati dai carabinieri del Ros.
Indagini avviate dopo l’arresto di Nicola Acri - a capo di una ’ndrina della provincia di Catanzaro, fermato da latitante nel novembre 2010 - e che si sono concentrate su Roberto Ammirato, arrestato insieme ad Acri. L’inchiesta permise di scoprire che alcuni esponenti della mafia calabrese avevano costruito una fitta rete di relazioni proprio con la Slovacchia da dove il clan ssi approvigionava di armi ed esplosivo.
L’apripista era stato il boss Domenico Branca, tra i primi a esplorare il terreno nei primi anni ’90. Il capobastone venne arrestato il 4 luglio 1994 a Bratislava. Era ricercato per traffico di sostante stupefacenti, concorso in omicidio e associazione per delinquere. Originario di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) è stato imputato in svariati processi sull’espansione della ’ndrangheta nell’Italia del Nord, specialmente nell’hinterland milanese a partire dal 1984. Quando venne arrestato Branca si trovava da tre settimane nella capitale Slovacca. Gli inquirenti scoprirono che, approfittando della latitanza, stava costruendo la rete di contatti necessari a 'delocalizzare' gli affari della 'famiglia'.