Passano gli anni ma i boss di Cosa
Nostra continuano a comunicare attraverso i 'pizzinì, metodo
antico, prediletto da Bernardo Provenzano e scelto anche
dall'ultimo dei grandi latitanti di Cosa Nostra, Matteo Messina
Denaro.
È uno dei particolari dell'indagine della polizia che oggi
ha portato all'arresto di 15 favoreggiatori del padrino di
Castelvetrano.
Lo smistamento dei bigliettini avveniva in due masserie nelle
campagne di Mazzara del Vallo e Campobello di Mazzara, di
proprietà di due allevatori, oggi arrestati, Vito Gondola e
Michele Terranova. Gli inquirenti, che tenevano sotto controllo
la zona, hanno accertato che i bigliettini, che erano smistati
durante i summit, venivano nascosti sotto terra. Solo al termine
delle riunioni i "collettori" li andavano a prendere e li davano
ai destinatari. I pizzini erano ripiegati e chiusi con dello
scotch. Rigide le regole imposte sulla comunicazione: i messaggi
dovevano essere letti e distrutti e le risposte dovevano
giungere entro termini prefissati, al massimo 15 giorni.
L'indagine, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco
Lo Voi, dall'aggiunto Teresa Principato e dai pm Paolo Guido e
Carlo Mazzella, è cominciata nel 2011, quando dopo un'operazione
di polizia che ha disarticolato la rete dei favoreggiatori, gli
uomini d'onore sono stati costretti a riorganizzare la
comunicazione.
Per convocare i summit gli arrestati, molti dei quali
allevatori, utilizzavano termini come 'concimè e 'favinò,
cereali dati in genere ai maiali. Gli scambi dei bigliettini a
un certo punto hanno subito un arresto, che gli inquirenti
ricollegano a un temporaneo possibile allontanamento di Messina
Denaro - il cui nome è presente in alcune conversazioni
intercettate - dalla Sicilia. I mafiosi non si riunivano mai
all'interno delle masserie ma solo nelle campagne, cosa che ha
reso più complicato intercettare le loro conversazioni.