Giorgia Meloni va dritta. Senza nessuna esitazione. Senza nessun dubbio. «Il premierato non serve a me, serve all'Italia», ripete da settimane in tutte le conversazioni più private. La strada è chiara. Meloni guarda l'offensiva delle opposizioni. Legge l'attacco di Giuseppe Conte: la riforma è un obbrobrio pensato per soddisfare le brame di comando assoluto di Meloni... La premier non ci sta. Crede nel progetto. Crede nella forza del suo impianto. Crede che sia giusto modificare la Costituzione soprattutto per rafforzare i poteri del presidente del Consiglio e introdurre la sua “elezione diretta”. Una disposizione che, se approvata, sostituirebbe l'attuale meccanismo elettorale, consentendo ai cittadini di esprimere direttamente la propria preferenza per il capo del governo.
Ecco la sfida di Meloni prendere forma. La Costituzione italiana, infatti, prevede che alle elezioni politiche i cittadini eleggano i membri del Parlamento, che poi a loro volta esprimono la loro preferenza per un governo e un presidente del Consiglio. Se venisse approvata la riforma, il capo del governo non riceverebbe più l'incarico dal presidente della Repubblica sulla base del risultato elettorale e delle possibili maggioranze in Parlamento, ma sarebbero i cittadini a scegliere.
Un altro aspetto cruciale della proposta è il limite di due mandati per il premier, al fine di evitare la perpetuazione di un unico governo e favorire il ricambio politico. Il testo proveniente dalla Commissione parlamentare ha modificato in parte il testo approvato nel novembre dello scorso anno dal Consiglio dei Ministri. E questi, sono in sintesi, i contenuti principali della legge di riforma.
1) Elezione diretta: l'articolo 92 della Costituzione sarà sostituito dal seguente: Il governo è composto dal Presidente del Consiglio e dai ministri, che insieme costituiscono il Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio sarà eletto tramite suffragio universale e diretto per un mandato di cinque anni.
2) Tetto dei due mandati: il presidente del Consiglio potrà rimanere in carica per non più di due legislature consecutive, salvo il caso in cui nella legislatura precedente abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi. Inoltre, le elezioni delle Camere e del Presidente del Consiglio avverranno contemporaneamente.
3) Premio elettorale: la legge disciplinerà il sistema per l’elezione delle Camere e del presidente del Consiglio, prevedendo un premio su base nazionale che garantirà una maggioranza dei seggi in entrambe le Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresentatività. Il presidente del Consiglio sarà eletto nella Camera in cui ha presentato la candidatura.
Resta un nodo aperto. Sul premio di maggioranza, che inizialmente era previsto al 55 per cento dei parlamentari nelle due Camere, si è aperta una discussione e lo stesso verrà deciso direttamente nella legge elettorale che verrà presa in esame solo successivamente alla riforma del premierato. La contestazione era legata al fatto che non esisteva una soglia minima per avere il premio né ipotesi di ballottaggio. Ciò significava che, in caso di più candidati e più coalizioni, come per i sindaci dei piccoli comuni sotto i 5.000 abitanti, il primo prendeva il 55 per cento dei deputati e dei senatori.
Dopo la modifica in Commissione, anche da parte di alcune forze di maggioranza, si propone il ballottaggio tra i primi due candidati di coalizione nel momento in cui non si raggiunga una soglia minima percentuale tra il 42-43 per cento di uno dei candidati alla premiership. Su questo punto Peppino Calderisi, parlamentare di corso ascoltato costituzionalista la pensa così: «Giorgia Meloni vuole l'elezione di un premier di maggioranza, cioè votato dalla maggioranza assoluta, eventualmente con un ballottaggio, e quindi un premier dotato di una forte legittimazione popolare oppure vuole un premier di minoranza , votato solo dal 35-40 per cento degli elettori, il che vorrebbe dire che questo premier avrebbe il 60-65 per cento degli elettori contro?».
Domanda legittima. Nel disegno di legge non c'è scritto nulla al riguardo: né maggioranza assoluta, né soglia minima, né ballottaggio. Insomma ancora nodi da sciogliere e alcuni punti fermi. Uno: il Presidente della Repubblica conferirà al presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il Governo e nominerà e revocherà, su proposta di quest’ultimo, i ministri. Due: il semestre bianco non sarà più previsto per consentire al presidente della Repubblica, in circostanze eccezionali, di sciogliere le Camere in qualsiasi momento. Ora parte l'esame a Palazzo Madama. Opposizioni sulle barricate. Tremila emendamenti presentati. La quasi certezza che non si riuscirà mai ad arrivare a un testo condiviso e a evitare così il referendum finale.