Alta tensione alla Camera durante l'informativa di Maroni sull'aggressione contro Silvio Berlusconi. Quando ha preso la parola Di Pietro i deputati del Pdl hanno lasciato l'Aula.
Maroni: «Spirale emulativa». La prima parola è spettata al ministro degli Interni Maroni, che nella sua informativa ha parlato della premeditazione del gesto di Massimo Tartaglia: «Dice di aver agito per rabbia, ma la premeditazione del suo gesto risulta provata». Era in piazza Duomo già dalle 11 di domenica e «aveva con sé altri oggetti atti a offendere, tra cui un crocefisso in materiale resinoso». Quindi Maroni ha ribadito il corretto comportamento delle forze dell'ordine e sottolineato che «i dispositivi attuati hanno consentito di sventare una violenta contestazione al presidente del Consiglio proprio sotto il palco». La responsabilità della sicurezza e della protezione istituzionale del premier, ha spiegato, «compete direttamente all'Aisi», il servizio segreto civile. «È auspicabile che le misure sulla sicurezza delle alte cariche dello Stato non costituiscano motivo di polemica politica». Ma su questo punto Bersani e Casini hanno chiesto chiarimenti al responsabile del Viminale.Il ministro ha anche attaccato l'«asprezza dei toni assunta dalla dialettica politica»: «La crescente campagna contro la persona del premier, che in molti casi travalica le regole del confronto democratico - ha detto -, finisce per provocare una spirale emulativa». Quindi un nuovo attacco contro i social network e l'annuncio di una prossima iniziativa legislativa: «La creazione di gruppi su Internet che inneggiano all'aggressore del premier costituiscono una vera e propria istigazione a delinquere. Stiamo valutando l'oscuramento, con soluzioni che intendo sottoporre al prossimo Consiglio dei ministri». Infine gli auguri al premier: «Voglio rinnovare lo sdegno mio personale e di tutto il governo per la gravissima aggressione. A Berlusconi va la mia solidarietà e vicinanza con l'augurio che torni presto a svolgere la sua preziosa attività». Segue un applauso dei deputati.
Cicchito contro il gruppo Espresso-Repubblica. Dopo Maroni è stata la volta del capogruppo del Pdl alla Camera, Cicchitto: «La mano di chi ha aggredito Berlusconi è stata armata da una spietata campagna di odio - attacca -: ognuno si assuma la propria responsabilità». Il riferimento è a «un network composto dal gruppo editoriale
Repubblica-L'Espresso, dal mattinale delle procure
Il Fatto, da quel terrorista mediatico di nome Travaglio, da alcuni pm che vanno in tv a parlarne, da un partito, Italia dei Valori e dal suo leader Di Pietro, da qualche settore giustizialista, onorevole Bersani, del suo partito».
L'intervento di Di Pietro. Il clima si è surriscaldato quando ha parlato Di Pietro: «Non ci faremo intimidire. Noi non facciamo opposizione in odio a Berlusconi ma per amore del nostro Paese - ha detto il leader dell'Italia dei Valori -. Da quindici anni ci battiamo contro provvedimenti che offendono le coscienze. Questo crea odio, questo arma la mano istigata da problemi di una maggioranza e un governo che piegano il Parlamento a proprio uso». Di Pietro ha espresso «solidarietà totale mia e del partito alle persone condannate a morte da Cicchitto perché questo è il primo passo per la criminalizzazione che egli fa in ossequio all’invito di Napolitano ad abbassare i toni». I «condannati a morte» sono secondo Di Pietro «Travaglio, Santoro, magistrati come Spataro e Ingroia, giornalisti dell’
Espresso e anche l’Idv, noi che abbiamo la sola colpa di non voler essere zittiti». L'intero gruppo del Pdl è uscito dall'Aula all'inizio dell'intervento di Di Pietro. E questi, ironico: «Rispettiamoli, non vorrei rovinare loro le orecchie con le mie parole». L'Idv Barbato, commentando l'uscita dei deputati, ha parlato di «popolo della mafia».
La parola a Bersani. Quindi ha preso la parola Bersani: «I discorsi sul famoso clima nell'immediatezza di questi fatti sono scivolosi. Il rischio è che qualcuno si vesta da pompiere per fare l'incendiario, e che cominci un gioco di criminalizzazione tra noi, che va oltre il segno». Il segretario del Pd ha detto di non condividere le affermazioni di Cicchitto e ha chiesto al governo di dare delle risposte: «Pensiamo di andare avanti tutta la legislatura con 26 voti di fiducia all'anno? Parlo di qualcosa ce non c'entra con questi fatti, ma che riguarda un processo democratico che dobbiamo garantire. Credo che oggi dovremmo fermarci qui e chiedere al ministro dell'Interno una risposta più convincente su che cosa non vada nei sistemi di sicurezza e di tutela del presidente del Consiglio: ci sono stati altri episodi che hanno riguardato anche le residenze del premier. Vogliamo essere sicuri che sia ben tutelato».
Casini: «No a forme di censura». Per Casini, «la solidarietà è doverosa, ma diciamo no alle strumentalizzazioni o alle intimidazioni che rischiano di alimentare nuove campagne di odio». Il leader dell'Udc si oppone all'ipotesi di censura del web: «Sarebbe sbagliatissimo e ancora più sbagliata sarebbe la censura sui giornali». «Occorre isolare i violenti senza se e senza ma e - conclude -, doppiopesismi e ambiguità non sono consentiti. Occorre riprendere a lavorare con sobrietà». E sulla sicurezza del premier: «Ribadiamo la fiducia nel ministro Maroni e siamo fiduciosi che approfondirà questi aspetti».
Letta: «Un gesto isolato». Intanto anche i servizi segreti confermano che quella di Tartaglia è da considerare l'aggressione di un uomo solo. È stato «un gesto isolato e scollegato da qualunque soggetto o volontà politica» hanno confermato davanti al Copasir il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta ed il capo del DIS (Dipartimento delle informazioni per la Sicurezza), Gianni De Gennaro, nel corso di un'audizione a Palazzo San Macuto. Lo ha riferito il presidente del Copasir, Francesco Rutelli, al termine dei lavori del Comitato. Rutelli ha poi precisato che «da tutte le analisi fatte da parte dei servizi nell'ultimo periodo è emersa crescente preoccupazione sul fatto che sono ormai molti i punti di tensione nel nostro Paese, quindi le misure di vigilanza devono essere molto alte perché il rischio che da un episodio così grave possa derivare la crescita del pericolo di emulazione è un rischio che esiste».