giovedì 16 aprile 2015
Posta più cara e consegnata a giorni alterni. L'ad Caio: «Devo far tornare i conti». Deputati Pd e M5s contestano i tagli.
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«Sono il vostro portalettere!». Nel film, the Postman restituiva il senso di comunità a un’America dilaniata da guerre e egoismi; ma Kevin Costner portava lettere, mica ti caricava Postepay… Se la Storia dipende da dove la guardi, il punto di vista di Francesco Caio è talmente particolare che Poste Italiane immagina di dimezzare oggi il servizio postale perché domani tutti useremo il pc e il postino, almeno teoricamente, non ci servirà più. Digitalizzazione e logistica su un sottofondo di finanza: è l’ossatura del piano strategico e industriale di Poste Italiane, sul quale l’amministratore delegato si è confrontato ieri pomeriggio con i membri della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati.  Più che di un piano si dovrebbe parlare di una filosofia. Il manager pubblico ha spiegato che «la tecnologia divide», l’Italia evidenzia già un forte divario rispetto agli altri Paesi europei e «rischiamo di vederlo accelerare se non sarà sanato». Con il piano 2020, Poste Italiane si candidano ad essere un potente «agente di alfabetizzazione digitale del motore produttivo e della società»: sfruttando il patrimonio storico dell’istituzione, costruito sulla prossimità e sulla capillarità del servizio di recapito, si genererà attraverso la digitalizzazione del servizio postale uno «sviluppo inclusivo» e soprattutto si raggiungerà la sostenibilità economica che adesso pare una chimera. Nei fatti, i soldi saranno spesi per informatizzare il servizio e spostare il business dai settori in perdita a quelli che promettono profittabilità: anzi, è proprio questo il termine che è risuonato più spesso in commissione, dove quasi tutti i parlamentari hanno mostrato di condividere il piano Caio, o comunque di chiedere solo qualche ritocchino, come l’assorbimento del personale delle agenzie di recapito nelle nuove assunzioni, ipotesi che l’interlocutore ha respinto senza troppi complimenti. Solo Bianco (M5S) e Ribaudo (Pd) hanno osato mettere in discussione i sondaggi citati da Caio per sostenere la decisione di investire tre miliardi entro il 2020 ma ridurre il numero degli uffici postali (tra chiusura e razionalizzazione si parla di un migliaio di sportelli) e portare da uno a due giorni (minimo) i tempi di consegna della posta ordinaria. Malgrado queste decisioni, Caio ieri ha sostenuto che «gli uffici postali sono un elemento distintivo anche in prospettiva della privatizzazione». L’Ad di Poste Italiane ha spiegato: «vogliamo essere i campioni nazionali nella logistica di prossimità, resteranno centrali i servizi di pagamento – sempre più con transazioni digitali – e siamo già un porto sicuro per il risparmio delle famiglie». Il futuro di Poste Italiane, insomma, è un grande pacco: «puntiamo a una forte crescita in questo settore, dove Royal Mail, ad esempio, controlla il 50% del mercato e noi solo il 15%» ha sottolineato, spiegando che saranno ridisegnati anche gli uffici postali per essere funzionali a questo sviluppo logistico. Il classico bollettino sarà sempre più digitalizzato («va integrato con Postepay») e il risparmio amministrato e gestito sarà portato da 430 a 500 miliardi. Poiché il bilancio però non si fa con la filosofia, da qualche parte si dovranno recuperare le perdite e i tagli. La legge di Stabilità ha previsto una riduzione da 340 a 260 milioni di euro riconosciuti dallo Stato per il Servizio Universale ma, ha ricordato Caio, «introduce una flessibilità nei meccanismi di recapito che è coerente con le richieste dei cittadini, i quali vogliono la certezza del recapito più che la sua velocità». Lasciato volutamente in penombra nella presentazione ai deputati, il problema del dimezzamento del servizio di recapito – si procederà gradualmente allo sdoppiamento del servizio postale: da una consegna a giorni alterni, si passerà a un sistema in cui la posta ordinaria potrà essere consegnata fino a quattro giorni dall’invio mentre tornerà la prioritaria con sovrapprezzo per chi vuole la garanzia di recapito il giorno successivo all’invio – è comunque emerso nella discussione. Il manager l’ha motivato così: «quando c’è di mezzo denaro pubblico bisogna fare attenzione a come lo si spende», ma qualche deputato gli ha ricordato che il principio vale anche per i milioni di perdite dei servizi commerciali. Caio ha tirato dritto, pur consapevole delle divisioni – proprio ieri è slittato il progetto che prevedeva chiusure e razionalizzazioni in Lombardia – e ha continuato a cantare le lodi della 'sua' rivoluzione tecnologica, che richiederà tre miliardi di investimenti, ottomila assunzioni e tre milioni di ore di formazione professionale per convertire i (pochi) postini rimasti in terminali logistico-finanziari e accompagnare gli italiani nel nuovo mondo dei servizi digitali. E pazienza per quel 9% di pensionati che ritirano ancora oggi la pensione in contanti. Inconvincibile su tutto – l’acquisto del 10,3% di Anima da Mps è stata definita una «buona operazione» –, il manager ha vacillato solo quando sono emersi dei dubbi sulle modalità della privatizzazione – se l’è cavata con lo slogan «l’azienda resta sociale ma va verso il mercato» – e quando qualcuno ha sollevato il tema della concorrenza: «questo è il Paese a più alta concorrenza – ha ribattuto – ma una concorrenza che non vuole toccare il servizio universale neanche col manico della scopa! Noi siamo monopolisti solo delle perdite postali».
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