Frenata di Poste italiane sulla chiusura degli uffici dei piccoli Comuni. Sono almeno un centinaio gli interventi, inizialmente previsti, che saranno rivisti. Il cambio di rotta - seppur minimo visto che il piano prevede la chiusura di 455 uffici e la “razionalizzazione” di altri 609 - è stato comunicato direttamente dall’amministratore delegato Francesco Caio, durante l’incontro sulla riorganizzazione del servizio a cui hanno partecipato l’Anci (Associazione dei Comuni), il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino e il sottosegretario allo Sviluppo economico, Antonello Giacomelli. «Si è trattato di un incontro costruttivo che ci fa ben sperare per il futuro, innanzitutto per il metodo di concertazione avviato da Poste con i singoli territori», commenta Massimo Castelli, Coordinatore nazionale Anci per i piccoli Comuni. È soprattutto nei paesi, infatti, che la chiusura degli uffici postali depriverebbe ulteriormente il territorio di un servizio essenziale per la popolazione. Secondo le ultime rilevazioni della Rete dei Comuni italiani Ancitel, i piccoli Comuni (quelli con una popolazione compresa tra i mille e 5mila abitanti) sono 3.735 e rappresentano il 46% degli attuali 8.092 Comuni italiani. Solo il 22% è classificato tra i Comuni di pianura (815), mentre il 78% è classificato tra quelli di collina o di montagna. Territori marginali che, sottolinea Castelli, «sono tra i più colpiti dalla chiusura indiscriminata degli uffici», prevista dal piano di razionalizzazione delle Poste. «Pur nella consapevolezza della necessità di riorganizzare il servizio – aggiunge il delegato Anci – non bisogna dimenticare l’elevata percentuale di popolazione, anche anziana, che vive in molte aree del nostro Paese dove è concreta la difficoltà di spostamenti e la ancora scarsa o inesistente copertura dei sistemi telematici ». Per questo motivo, «chiediamo che ci sia una gradualità e una precisa valutazione dei criteri di applicazione del piano di razionalizzazione» e, in tal senso, «abbiamo accolto con favore le rassicurazioni dell’ad di Poste Italiane, Francesco Caio». Restano comunque aperte le sedi di concertazione locale per tenere alta l’attenzione sui territori che, conclude Castelli, «continueremo a presidiare, regione per regione», ma «siamo certi che si possa arrivare a soluzioni migliori e maggiormente condivise per il prossimo futuro, anche grazie alle proposte ed alle soluzioni alternative avanzate dagli amministratori locali». Intanto, però, il servizio postale sarebbe a rischio in molti Comuni della Lombardia per tutta l’estate. L’allarme arriva dal sindacato Cisl Poste regionale. «A differenza del passato – dice Giuseppe Marinaccio, responsabile del sindacato – l’azienda per quest’anno ha attivato in Lombardia un massiccio piano di razionalizzazione degli orari estivi che vede per i mesi di luglio ed agosto la quasi totale soppressione dei turni pomeridiani in molti degli uffici aperti di pomeriggio (circa 200) e la chiusura a giorni alterni per circa 400 uffici a turno unico». Per cercare di alleggerire l’impatto sulla popolazione, Regione Lombardia è intervenuta sull’azienda ottenendo «la rinuncia a chiudere 15 sedi su 61», ricorda il sottosegretario alle Riforme istituzionali, Enti locali, Sedi territoriali e Programmazione negoziata, Daniele Nava. «È stato fatto tutto il possibile – conclude – per salvaguardare gli uffici postali e per venire incontro alle esigenze segnalate dagli amministratori locali».