mercoledì 10 giugno 2009
Un'intera città del Napoletano, Portici, sotto il ricatto della camorra che esercitava la sua legge imponendo il pizzo in maniera capillare su ogni tipo di attività commerciale. Il sistema criminale imposto dal clan Vollaro è stato portato alla luce dall'operazione dei carabinieri che nel corso della notte hanno eseguito 32 ordinanze di custodia cautelare.
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Un'intera città del Napoletano, Portici, sotto il ricatto della camorra che esercitava la sua legge imponendo il pizzo in maniera capillare su ogni tipo di attività commerciale. Il sistema criminale imposto dal clan Vollaro è stato portato alla luce dall'operazione dei carabinieri che nel corso della notte hanno eseguito 32 ordinanze di custodia cautelare emesse dalla magistratura nei confronti di capi, affiliati e fiancheggiatori del clan camorristico. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni, traffico e spaccio di stupefacenti, violazione alla legge sulle armi. Anche due plotoni dell'Esercito, circa 35 militari, hanno partecipato all'operazione cinturando l'area e gli edifici dove poi sono stati eseguiti gli arresti.Nel corso delle indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, i carabinieri hanno scoperto un sistema di estorsioni attuate 'a tappetò da anni e hanno sequestrato armi e munizioni nella disponibilità del clan smantellando le principali piazze di spaccio della città per lo smercio di cocaina e marijuana.Proprio al finanziamento del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina, erano destinati i proventi dell'estorsione. Tra gli arrestati c'è anche Antonio Vollaro, attuale capo del clan ed altri cinque figli di Luigi Vollaro, soprannominato "o califfò per la sua eccezionale prolificità (è padre di 27 figli avuti da una decina di donne), fondatore e capo storico del clan e attualmente detenuto dopo essere stato condannato a due ergastoli per altrettanti omicidi. Il sistema imposto dai Vollaro era così ramificato che il pagamento del pizzo veniva imposto a tutti, perfino ai fiorai del cimitero. Ciascun venditore di fiori, infatti, doveva pagare agli esattori del clan la somma di 250 euro al mese. La 'ratà  era invece molto più alta per i commercianti di tutte le più importanti strade della città, i quali erano costretti a versare cifre oscillanti tra i 500 e i 2000 euro mensili.Alla morsa dei Vollaro - hanno evidenziato le indagini dei carabinieri - non sfuggiva nessuno: dagli ambulanti, vessati con un pizzo di 30-40 euro alla settimana, ai proprietari di tutte le imbarcazioni ormeggiate al porto del Granatello, costretti a sborsare un sostanzioso 'extrà per la camorra. Oltre ai pagamenti mensili, il clan imponeva a tutti anche il classico 'extrà da versare in tre momenti fissi dell'anno: a Natale, a Pasqua ed a Ferragosto.Fra gli esempi più clamorosi di estorsione a commercianti attuata dal clan Vollaro, vi è quella imposta ai fratelli Rossi, titolari dello storico ristorante 'Ciro a marè - un locale con oltre 50 anni di vita - che nello scorso mese di gennaio furono costretti a chiudere l'esercizio commerciale e ad emigrare nel Nord Italia, dopo aver pagato con una serie di attentati il rifiuto a pagare il pizzo. Eppure - hanno sottolineato gli inquirenti - nonostante fosse ampio il numero dei soggetti che subiva il ricatto del clan nessuno tra commercianti, imprenditori impegnati in appalti per opere pubbliche, ambulanti, ormeggiatori del porto del Granatello o fiorai del cimitero ha mai denunciato il racket imposto dal clan Vollaro. Un fenomeno che il procuratore aggiunto e coordinatore della Dda Rosario Cantelmo, ha definito "inquietante e preoccupante". "Abbiamo accertato 50 estorsioni, ma nessuno ha inteso parlare", ha detto Cantelmo.
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